L’antifascismo serve ancora

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Dennis Turrin – Bologna

L’antifascismo non serve più a niente di Carlo Greppi, pubblicato nell’aprile 2020, è il primo volume della collana Fact Checking: la Storia alla prova dei fatti, edita da Laterza.

A dispetto del titolo, che sembra fare riferimento all’attualità, il testo di Greppi chiarisce fin dalle prime pagine l’intenzione di non parlare mai – ad eccezione di alcuni accenni nel capitolo introduttivo e nelle conclusioni – di quanto è accaduto nei quasi otto decenni che ci separano dalla fine della Seconda Guerra Mondiale e della lotta di Liberazione, seppure risulti facile anche al lettore meno esperto identificare nelle pagine di Greppi una serie di riferimenti, più o meno diretti, al mondo di oggi, come quando, raccontando l’esperienza dell’esilio vissuta da molti Padri Costituenti che li portò a inserire all’art. 10 della Carta fondamentale dell’Italia repubblicana il diritto d’asilo per lo straniero cui sia impedito nel suo Paese l’esercizio delle libertà democratiche, si percepisce chiaramente l’eco delle tante discussioni legate alla crisi migratoria attualmente in corso.

Quello di Greppi è dunque un libro che parla al presente pur non parlando del presente, che ripercorrendo le tappe principali della storia dell’antifascismo cerca di trarre lezioni utili per chi, oggi, si trova a riflettere sulla possibilità di un ritorno del fascismo e, di conseguenza, sull’attualità dell’antifascismo come complesso di valori etici e morali prima ancora che politici strictu sensu.

È un libro intenso, ricco di spunti, ma al contempo agile, di facile lettura anche per chi non possieda un background specialistico nel campo della storia contemporanea (o della storia in generale), ma soprattutto è un libro militante, nel senso più puro del termine, in cui l’obiettività, doverosa per chiunque scriva di fatti passati, non si traveste di presunta imparzialità, la quale, specie riguardo eventi così recenti, semplicemente non può – e non deve – esistere.

Il volume è strutturato secondo una progressione cronologica che non si limita agli anni della Resistenza armata, ma si snoda attraverso tutta la storia della dittatura fascista e, quindi, dell’opposizione antifascista nelle sue varie forme, prestando particolare attenzione alle biografie di alcuni personaggi fondamentali di quella lunga storia. Il punto di partenza è rappresentato da due diversi fatti di sangue che vedono loro malgrado protagonisti due individui molto lontani, ma uniti da una fine tragica e violenta per mano fascista: Giacomo Matteotti, segretario del Partito Socialista Unitario e deputato, fra i più strenui oppositori del nascente regime fino alla sua uccisione avvenuta il 10 giugno 1924; e Anteo Zamboni, quindicenne -presunto- attentatore anarchico che sparò a Mussolini e venne immediatamente linciato dai fascisti locali e dalle forze dell’ordine nel pieno centro di Bologna il 31 ottobre 1926. Entrambi gli eventi furono seguiti da svolte repressive del regime che segnarono l’inizio vero e proprio della dittatura, in particolare si ricordi il discorso in Parlamento del 3 gennaio 1925 con cui Mussolini si assunse la responsabilità morale del delitto Matteotti.

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L’analisi di Greppi prosegue attraverso gli anni dell’esilio, del confino e delle morti di tanti intellettuali antifascisti, da Piero Gobetti a Carlo e Nello Rosselli fino ad Antonio Gramsci; gli anni della guerra civile spagnola, primo esperimento sia per quanto riguarda l’unità antifascista – perlomeno per un breve periodo – sia per l’Asse Roma-Berlino, fino ad arrivare alla “morte della Patria” -espressione tipicamente utilizzata in ambito neofascista per indicare l’armistizio dell’8 settembre di cui l’autore si appropria in un’opera di risignificazione semantica per indicare la fine dell’idea di patria come intesa dal fascismo- e alla scelta della Resistenza armata, per poi concludersi con il raggiungimento dell’unità antifascista e, infine, della resa nazifascista, in alcune città avvenuta ancora prima dell’arrivo degli Alleati.

Due capitoli, o meglio “passaggi”, come li definisce Greppi, meritano una particolare menzione: il quarto, dedicato alla scelta delle armi, e il sesto e ultimo, che analizza il tema dell’unità antifascista. Nel primo di questi due, lo storico torinese prende in esame un tema che negli ultimi decenni risulta totalmente rimosso dalla memoria pubblica della Resistenza, vale a dire quello relativo all’uso della violenza, alla scelta di prendere le armi. Una violenza diversa da quella fascista, ovviamente, “un’altra violenza, capace di annientare, in un secondo momento, la sua ragion di esistere – capace di spegnersi una volta che si sarebbe rivelata non più necessaria”, ma pur sempre una forma di violenza che come tale deve essere raccontata. Una scelta, quella della lotta armata, che si sarebbe rivelata decisiva nella vittoria finale, ma che viene sempre più oscurata in favore di esperienze di resistenza non armata, ripescata solo per stigmatizzarne gli eccessi e mai per raccontare la difficoltà di quella scelta e al contempo la sua imprescindibilità.

Altrettanto imprescindibile fu il raggiungimento di una reale unità fra le forze politiche e militari che componevano il vasto campo antifascista e che Greppi racconta a partire dalle figure del generale Raffaele Cadorna, del comunista Luigi Longo e di Ferruccio Parri, del Partito d’Azione, i tre vertici del Corpo Volontari della Libertà, un vero e proprio unicum nella storia delle resistenze europee. Personaggi estremamente diversi per storia, cultura e ideali, uniti, nelle parole dello stesso Cadorna, da due elementi in particolare, l’amore e il pericolo, ma uniti soprattutto da un’idea di futuro antitetica a quella fascista.

Greppi chiarisce apertamente come l’obiettivo di fondo della sua opera sia recuperare le ragioni per cui, oggi, l’antifascismo è ancora fondamentale; non come mero appiglio retorico, ma “per dotarci di antidoti contro «la sirena della risposta autoritaria»”, perché, se è vero che il fascismo storico, come ogni fenomeno storico, è finito e non potrà tornare, ciò non implica che le pulsioni che lo animarono, quelle che Umberto Eco declinò nel suo Il fascismo eterno, non possano manifestarsi nuovamente in forme nuove.

Per questo, per ricordare che il fascismo è stato un regime criminale e sanguinario, per essere pronti a opporci ad esso quando e dove si manifesti nelle nostre città e nelle nostre strade, ci dice Greppi, l’antifascismo serve ancora.

Carlo Greppi

L’antifascismo non serve più a niente

Laterza, Roma, 2020