La Grande Fame del 1315-1317

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Pietro Marchesi – Pavia

Il XIV secolo é ricordato per la Morte Nera, l’epidemia di peste che ridusse di un terzo la popolazione europea segnando uno dei punti di passaggio dal Medioevo all’Età Moderna. L’epidemia si vide, però, preparato il terreno da un altro tragico evento; la gravissima carestia che, preceduta e seguita da altre meno gravi, per due-tre anni imperversò in Europa decimando e indebolendo la popolazione. Era il segnale che qualcosa stava cambiando.

La fine di un’epoca

Dall’VIII ai primi del XIV secolo l’Europa aveva vissuto un’ininterrotta fase di crescita economica, demografica e commerciale. Le città erano rinate, si erano estese e ne erano sorte di nuove. All’interno delle loro mura, le cui cerchie periodicamente si allargavano, la popolazione si faceva sempre più numerosa, i commerci crescevano creando una nuova classe sociale, la borghesia, che tendeva ad imporsi ai vecchi ceti feudali.

Tutto questo era stato consentito da un’agricoltura che aveva permesso di sfamare una popolazione che, secondo le stime ritenute più valide, sfiorava, verso la fine del XIII secolo, gli ottanta, cento milioni di abitanti. Alcune zone europee (si pensi a Siena e ad alcune parti della Francia) presentano oggi una densità demografica minore di quella raggiunta nel XIV secolo. Parlando di sviluppo agricolo non dobbiamo dimenticare che si trattava di uno sviluppo sempre in bilico: spesso le risorse non erano sufficienti per l’intera popolazione.

Nelle annate favorevoli si stima che la resa per il grano fosse di 7:1 (per ogni seme piantato si ottenevano sette chicchi) mentre in quelle meno favorevoli la resa era di 2:1. Un chicco veniva conservato per la semina e uno veniva consumato come cibo. Si tratta di rese che non si discostano di molto da quelle  dell’agricoltura antica stimate nell’ordine di 3/4:1. Per fare un paragone, oggi si parla di rese dell’ordine di 200:1.

Gli europei di allora non lo sapevano ma tutto era dovuto – oltre che alle innovazioni in campo agricolo come l’aratro pesante, la rotazione triennale e il nuovo metodo per l’attacco degli animali – ad una favorevole congiuntura climatica, lOptimum climatico medioevale che si caratterizzava per inverni miti, primavere piovose a sufficienza ed estati calde. Un periodo climatico ideale per l’agricoltura che, avviatosi nell’età carolingia, ormai stava avvicinandosi alla fine.

La Grande Fame del 1315 – 1317 fu infatti solo la prima di una serie di crisi che colpirono l’Europa agli inizi del XIV secolo causando milioni di morti in un periodo di tempo piuttosto limitato con conseguenze sulla Chiesa, sullo Stato e sugli assetti sociali.

PICCOLA ERA GLACIALEHendrick-Avercamp

La Grande Fame

Le carestie erano fenomeni comuni e brutali nell’Europa medievale. Quando il grano veniva a mancare ed i prezzi diventavano proibitivi, la morte per inedia era una presenza dominante. Questi fenomeni, anche se non sconosciuti in precedenza, aumentarono di numero e d’intensità nel secolo XIV proprio in coincidenza con l’avvio dell’inversione climatica che avrebbe dato il via a quella che è stata denominata come Piccola Era Glaciale (XIV – XVIII secolo).

Gli anni che vanno dal 1310 al 1330 racchiudono uno dei più prolungati e peggiori periodi di maltempo di tutto il Medioevo con inverni rigidi e piovosi seguiti da estati fredde. Ad aggravare le conseguenze del peggioramento del clima furono anche lo squilibrato rapporto popolazione/risorse; la popolazione era cresciuta troppo per le possibilità tecniche dell’epoca ed ora che il cibo veniva a mancare davanti a grandi masse umane compariva lo spettro della fame.

I governi cittadini, signorili e statali si dimostrarono incapaci di adottare misure adeguate per fare fronte all’emergenza. In una situazione precaria ogni errore in materia di approvvigionamento poteva trasformarsi in tragedia.  La Francia conobbe in quel secolo ben undici carestie, compresa quella del 1315 -17; l’Inghilterra, nello stesso spazio temporale, ne contò quattro. Per l’Italia i cronisti segnalano crisi alimentari nel 1309 – 1311 e nel 1312 – 1315 con lo “spettacolo” di morti di fame lungo le strade seguiti da una gravissima carestia nel 1322.

La tragedia ebbe però inizio nella primavera del 1315, interessando l’Europa settentrionale e sporadicamente l’Italia. Parliamo di un’area estesa dalla Russia all’Irlanda e dalla Scandinavia al limite meridionale delle Alpi e dei Pirenei.

Proprio nel periodo di crescita del grano una pioggia continua e pesante cominciò infatti a cadere su tutta l’area geografica nominata, rendendo impossibile coltivare i campi che si erano ridotti in laghi. In queste condizioni il grano non poté maturare. Per salvare qualcosa i contadini ripararono nelle case il grano raccolto in urne e vasi insieme al terreno e ben presto i prezzi si fecero proibitivi.

In Lorena i prezzi del grano salirono del 320% rendendo impossibile sfamarsi per la gran parte della popolazione. In agosto il freddo si fece pungente e la fame cominciò a diffondersi. La scarsità di cibo portò a nutrirsi di radici, bacche, erbe, prodotti del sottobosco con le conseguenze sanitarie del caso. Vittime della fame furono principalmente bambini, giovani ed anziani.

Ad Ypres, nelle Fiandre, si ritiene che il 10% dei minori morì di fame o per le conseguenze della sottoalimentazione. Cronisti dell’epoca raccontano di anziani che rifiutavano le poche dosi di cibo perché i giovani potessero vivere qualche giorno in più. Nel 1316 la pioggia continuò a cadere erodendo, con la sua intensità, lo strato fertile dei terreni rendendo impossibile le coltivazioni. Il picco massimo del maltempo fu raggiunto in Europa nel 1317.

La popolazione aveva ormai esaurito le risorse ed era troppo debole per resistere a malattie come bronchite, polmonite e tubercolosi che imperversavano aumentando il numero dei morti. Finalmente nell’estate del 1317 il clima tornò alla normalità ma la ripresa fu lenta. Solo nel 1325, dieci anni dopo l’inizio della carestia e per il momento, i rifornimenti di grano tornarono normali.

Come sempre, quando si tratta dell’età pre-statistica non disponiamo dei numeri esatti ma si stima che nelle campagne, nei villaggi e nelle città morì una percentuale tra il 10% e il 25% della popolazione. Solo la Morte Nera riuscì a superare il triste primato imperversando, però, per un tempo più limitato (1347 – 1351).

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Conseguenze

La Grande Fame, così era chiamata, non ebbe solo effetti negativi dal punto di vista demografico: si ebbero infatti tutta una serie di conseguenze di ordine politico e sociale che avrebbero influito sulla futura società europea e che qui riassumiamo:

  1. Sfiducia nella Chiesa cattolica. Le preghiere e i riti parevano impotenti contro la tragedia che si era abbattuta sulle popolazioni. In una società dominata dalla religione dove tutti credevano nell’operato della Provvidenza tutto questo minò l’autorità della Chiesa e la sua pretesa di essere l’unica intermediaria tra l’uomo e Dio. Se i riti gestiti dalla Chiesa erano inutili occorreva, forse, rivolgersi personalmente all’Onnipotente. Le conseguenze di questo si sarebbero viste due secoli dopo con la Riforma.
  2. Insicurezza sociale. La società medievale era una società violenta e la carestia aggravò questa caratteristica. La lotta, ora,  aveva per oggetto il cibo e per procurarselo si era disposti a tutto. I cronisti riferiscono casi d’infanticidio, di cannibalismo, di abbandono di minori, di vagabondaggio di massa, di aumento del banditismo. I racconti di Pollicino, di Hansel e Gretel e altri hanno forse origine in quel terribile periodo.
  3. Sfiducia nei poteri politici. La sfida lanciata dalla carestia era troppo per strutture statali ancora fragili e compromesse all’interno da rivalità tra i vari gruppi di potere. Questo le rese incapaci di provvedere ad un minimo di mantenimento della popolazione, minandone il prestigio agli occhi dei cittadini. Prova ne sono le rivolte che scoppiarono da un lato all’altro dell’Europa, rivolte che portarono ad un irrigidimento dei poteri statali e avviando così il processo verso la monarchia assoluta.

 

Letture consigliate:

C. Ó Gráda, Storia delle carestie, Il Mulino, Bologna, 2011

B. Tuchman, Uno specchio lontano. Il Trecento, un secolo di avventure e di calamità, Mondadori, Milano, 1978

I. Kershaw, The Great Famine, in “Past and Present”, 59 (1973)

P. Malanima, Economia preindustriale. Mille anni di storia, Bruno Mondadori Editore, Milano, 2003

N. Stark, La vittoria dell’Occidente, Lindau, Torino, 2016