Paure medievali di oggi e di ieri

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Paolo Perantoni, Verona

Chiara Frugoni, storica medievista di fama internazionale, torna in libreria con un nuovo saggio edito da Il Mulino: Paure medievali. Epidemie, prodigi fine del tempo, che si può considerare il terzo libro di un ciclo aperto negli ultimi anni con Vivere nel Medioevo. Donne, uomini e soprattutto bambini (2017) e proseguito poi con Uomini e animali nel Medioevo. Storie fantastiche e feroci (2018).

Tra questi saggi, nel mezzo v’è stato anche uno studio sul Buon governo e Tirannide di Ambrogio Lorenzetti (Paradiso vista Inferno. Buon Governo e Tirannide nel Medioevo di Ambrogio Lorenzetti).

Non sorprenda questo cursus, Frugoni ha basato i suoi studi e le sue opere – già a partire dalla sua tesi di laurea – sul connubio inscindibile tra testi e immagini, tra fonti d’archivio e storia dell’arte.

Anche il saggio in esame non fa eccezioni: nelle 395 pagine di pregevole carta patinata sono ben 211 le immagini a colori e le rielaborazioni grafiche tratte da statue, miniature, quadri, ma soprattutto pitture parietali provenienti da palazzi e chiese medievali come quelle di Buonamico Buffalmacco, Paolo Uccello e Ambrogio Lorenzetti. 

Da questa mole di fonti iconografiche Frugoni riesce ad estrapolare una serie interessantissima di informazioni e interpretazioni di tipo iconologico, mettendo in costante confronto immagine a fonti scritte medievali di varia natura.

Il metodo iconologico riesce infatti a tradurre le immagini che adornano le chiese e i palazzi medievali che ancora oggi frequentiamo, ma che non riusciamo più a comprendere perché ci mancano i riferimenti culturali dell’epoca.

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B. Buffalmacco, Trionfo della morte, Pisa, 1343 ca.

In questo testo Frugoni si concentra in particolare su un archetipo umano importantissimo, la paura, ed è sorprendente quanto le paure che assillavano gli uomini, le donne e i bambini del Medioevo siano in realtà molto simili a quelle che ci ritroviamo ad affrontare in questo periodo della nostra storia: il diverso, le catastrofi naturali, la miseria, la fame, e ovviamente la pandemia.

Frugoni passa in rassegna tutte queste paure a partire dalla fine del mondo, passando poi dalla fame e dalla miseria, per giungere alla paura per il diverso e per le malattie, soffermandosi in particolare su lebbra e peste.

In queste pagine, scritte con uno stile molto semplice e diretto, il lettore potrà scoprire come è stato inventato il Purgatorio; decriptare il significato della Danza macabra o dell’Albero della cuccagna; conoscere perché i cristiani hanno paura di musulmani, ebrei e mongoli (o comunque di tutto ciò che è diverso) e come si sia ricorsi all’uso della violenza per combattere una paura culturale insita nell’uomo. Esemplare in questo senso fu il famoso caso di Simonino da Trento, la cui uccisione diede vita a una serie di repressioni antiebraiche ben studiate da Ariel Toaff in Pasque di sangue. Ebrei d’Europa e omicidi rituali (Il Mulino, 2008). Frugoni aggiunge che nel momento in cui vediamo un s. Simonino in una chiesa possiamo star certi che in quei luoghi è avvenuta una repressione antiebraica.

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Il martirio di s. Simonino in una stampa tedesca

In questo periodo caratterizzato dalla pandemia di Covid-19 non si può esimersi da dare menzione particolare al morbo prediletto della nostra storia passata: la peste ed in particolare quella del Trecento.

La storica pisana si concentra sulla testimonianza indiretta del notaio piacentino Gabriele de’ Mussi del 1348 (Historia de morbo sive mortalitate) che racconta dell’assedio di Caffa in Crimea in cui gli assedianti lanciarono i morti con i trabucchi dentro le mura “affinché espandessero dappertutto un intollerabile fetore”. Proprio la corruzione dell’aria era sentita empiricamente come la causa della malattia che si diffondeva velocemente anche tra i mongoli che l’avevano usata come arma batteriologica.

L’uomo medievale non conosceva di certo lo yersinia pestis ma si era accorto che un vettore potesse essere il ratto: nella miniatura tratta dal manoscritto 638, oggi alla Pierpont Morgan Library (New York), che racconta dell’episodio biblico del Castigo di Dio sui filistei, è ben visibile l’assalto dei roditori e il commento recita “la grande peste che colpì la città data dall’inestimabile moltitudine di topi”.

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Anche nella celebre descrizione del mercante fiorentino Giovanni Villani del 1347 – lui stesso morirà proprio di peste l’anno dopo – si legge che la diffusione del morbo è causata dai malati che corrompono l’aria, e descrive perfettamente la comparsa dei bubboni tre giorni prima della morte.

La chiesa rispose sempre alla peste con processioni e voti ai santi come s. Sebastiano per placare il castigo divino; purtroppo questi assembramenti non fecero altro che aumentare il contagio, come nel caso della processione voluta da Gregorio Magno nel 590 e immortalata nella miniatura del ms. 651.284 del Musée Condé di Chantilly (sotto).

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Non mancano testimonianze strazianti, come quella del senese Agnolo di Tura detto il Grasso: “sotterrai cinque miei figliuoli co’ le mie mani; e anco furo di quelli che furono così malcuperti di terra che li cani ne trainavano e mangiavano di molti corpi per la città”.

La fuga dei cittadini verso le campagne – come si legge anche nel Decameron di Boccaccio – diffuse il morbo, Marchionne di Coppo Stefani nella Cronaca fiorentina se ne accorse: c’era “chi si fuggia in villa, chi nelle castella per mutare aria; ove [il morbo] non era lo portavano, se v’era lo crescevano”.

Allora come oggi c’era chi pensava a un complotto, in particolare ad opera degli ebrei, già incolpati del medesimo reato nel 1321 (allora era la lebbra). Vicino a Grenoble si tenne un processo contro un gruppo di ebrei colpevoli di aver avvelenato le acque; il papa Clemente VI dovette intervenire per due volte contro questa teoria facendo notare che anche gli ebrei morivano di peste, ma fu tutto inutile, perché in tutta Europa l’isteria di massa si diffuse e migliaia di ebrei furono mandati sul rogo nella speranza di arrestare il contagio. 

In Germania comparvero anche i flagellanti, bande di penitenti che si flagellavano a sangue con corde chiodate inutilmente, anzi diffondendo il morbo con i loro spostamenti di villaggio in villaggio.

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Ms. 4984, Bibliothèque de Belgique, Bruxelles

Mettere a disposizione le lenti per decriptare il presente attraverso il passato è compito di ogni buon storico, e Frugoni ci riesce grazie a questa sua predilezione per l’iconologia che ammalia per il potere – anche questo archetipico – delle immagini e dei colori e che ben riesce a trasmettere le passioni e le paure dell’essere umano, nel Medioevo come oggi.

Non ci troviamo più, infatti, in quel Medioevo, ma noi esseri umani siamo sempre gli stessi, nasciamo, amiamo, cresciamo, moriamo e ci spaventiamo nel medesimo modo, cosa possiamo fare in proposito?

L’autrice avanza un’amara riflessione: “Teniamo strette al petto tutte le paure medievali. Cosa potrebbe sciogliere questi lacci? Ragionare. Ma per questo occorrerebbe scacciare l’ignoranza e conquistare l’istruzione, un oggetto del desiderio, per molti, desueto”.

 

Chiara Frugoni,

Paure medievali. Epidemie, prodigi, fine del tempo,

Il Mulino, Bologna, 2020