Olga Blumenthal, Adriano Belli e il fascismo: l’università e le leggi razziali al centro della mostra “Ca’ Foscari allo specchio – A 80 anni dalle leggi razziali”

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Enrico Ruffino, Venezia –

È inevitabile. Quando ci si imbatte in un progetto di public history ci si trova sempre nella strana condizione di spiegare semplicemente quello che, in realtà, è davvero complesso.

Quando abbiamo iniziato ad organizzare la mostra Ca’Foscari allo specchio – a 80 anni dalle leggi razziali ci siamo trovati, infatti, nella posizione di sciogliere una complessa matassa per essere chiari e semplici nel messaggio che volevamo veicolare: più che celebrare la propria storia, agli atenei serve riflettere su di essa.

Da qui il concetto di “specchio”. Sovente specchiarsi implica un vero e proprio trauma; ci si guarda in faccia, si notano i propri difetti, si fanno i conti con se stessi e con le proprie imperfezioni. Ma osservarsi è un esercizio psicologico difficilissimo e, allo stesso, tempo necessario.

 

 

Lo insegna la psicologia: affrontare i traumi, e non rimuoverli, significa rendere la propria vita migliore; liberarla dai traumi non nascondendoli, non lasciandoli in acquiescenza nella speranza che l’effetto del sedativo non svanisca, significa dare una boccata d’ossigeno alla propria vita che può, da quel momento in poi, essere libera dai propri fardelli.

Si dice, a questo proposito, che senza espiazione del peccato non c’è redenzione. Ma l’espiazione non è un esercizio così semplice come si può pensare. La matassa che abbiamo sommariamente cercato di sbrogliare nella storia di Ca’Foscari, nella parte relativa all’applicazione delle leggi razziali, ci ha fatto capire, infatti, quanto sia incommensurabilmente difficile districarsi nella ricostruzione del “fatto”, nell’analizzare – insomma – tutte quei microelementi che hanno contributo, e contribuiscono tuttora, a far si che l’avvenimento si faccia, diventi reale e vivo, si compia nella sua tragedia.

Uno di questi microelementi è forse la storia che precedette l’allontanamento di Olga Blumethal da Ca’ Foscari e il ruolo che assunse il docente a cui lei, in quanto assistente, faceva capo: Adriano Belli. Una microstoria d’ateneo che, sebbene possa sembrare lineare, addirittura caratterizzata da una cordiale e reciproca stima, alla fine, proprio nell’imminenza della macrostoria della tragedia delle leggi razziali, sembra opacizzarsi nei meandri della burocrazia fascista. Tra le carte, le leggi, i ruoli e il complesso rapporto degli intellettuali con il Regime, si dirama anche qualche zona grigia cui adesso accenneremo formulando alcune ipotesi.

 

Olga Blumenthal

 

Adriano Belli e il fascismo: una relazione non corrisposta

Prima di tutto, i personaggi. Per chi ha avuto modo di leggere il catalogo della mostra, Olga Blumenthal è ormai personalità “nota”. Stimata lettrice di tedesco presso la cattedra di lingua e letteratura germanica dal 1919, l’intera sua carriera, compresa quella da studentessa, si svolse presso l’Istituto veneziano.

Allontanata ancor prima dell’applicazione delle leggi razziali da Ca’Foscari per questioni burocratiche, sarà prelevata nel ’44, incarcerata e infine deportata nel lager di Ravensbruck.

Poco conosciuto, invece, è il “suo” docente, Adriano Belli, ordinario di germanistica dal 1909 presso l’allora Istituto veneziano di economia e commercio. Belli, genovese, è un intellettuale davvero poco studiato al di fuori degli specialisti della disciplina, come poco indagata è la sua vita: a tal proposito il primo problema che si pone è quello del suo rapporto con il fascismo.

L’intellettuale genovese – come risulta da una lettera, conservata presso l’archivio storico di Ca’Foscari all’interno del fascicolo del docente, inviato dal capo del PNF veneziano all’allora Rettore Agostino Lanzillo e dalla risposta che quest’ultimo gli dà – avrebbe, nel ’25, firmato il Manifesto degli intellettuali antifascisti di Benedetto Croce.

Il manifesto del ’25, com’è noto, si poneva in contrapposizione al Manifesto degli intellettuali fascisti stilato da Giovanni Gentile e fu firmato anche da un altro illustre cafoscarino nonché protagonista della mostra, ovvero Gino Luzzatto, sulla cui condotta  antifascista – precedente e successiva alla sua permanenza a Ca’Foscari – nessuno potrebbe obiettare.

 

Gino Luzzatto

 

Diversamente dal Luzzatto, però, Adriano Belli negli anni a seguire professerà un credo marcatamente fascista. Scrivendo ai suoi colleghi e al personale amministrativo, infatti, non mancherà di sottolineare la sua “fede” attraverso formule di congedo tipiche dei rituali del regime: “Saluti fascisti”, “Vincere! E vinceremo!”, “Vinceremo!”, oltre a ribadire il pieno assenso nei confronti del modo di vivere dell’Homo Novo.

Se però Belli, negli anni del fascismo, ostentava la sua approvazione nei confronti del Regime, lo stesso non si può dire della considerazione che il Regime aveva nei suoi confronti. Nella lettera che Lodovico Foscari, allora alla guida del PNF veneziano, invia ad Agostino Lanzillo, infatti, emerge addirittura che il docente “non era elemento gradito”:

 

“Per quanto possa essere di vostra competenza o abbia comunque relazione con l’ambito e le funzioni di codesto istituto, Vi faccio presente che il Prof. Adriano Belli, firmatario del famigerato “manifesto Croce”, non tesserato perché la sua domanda di iscrizione è stata respinta dal Direttorio nazionale, è elemento assolutamente sgradito al Partito”

 

Belli non solo si era vista rifiutata l’iscrizione al partito fascista ma riteneva tale provvedimento profondamente “ingiusto”. Pochi mesi prima (il 5 novembre ’37), infatti, Lanzillo aveva ricevuto una missiva del docente e si era premurato di sottolineare a matita rossa la parte riguardante la questione dell’iscrizione al PNF:

 

“Io non comprendo perché mi si voglia escludere dal Partito. Io giuro sul capo dei miei figli – i quali, per legge di natura, mi rappresentano quanto di più caro io possegga – giuro sul loro capo che io non ho colpa alcuna che mi faccia indegno di essere accolto nel Partito. Essa peraltro non mi impedisce di seguitare a vivere fascisticamente sempre.”

 

Da parte sua, Lanzillo, come emerge dalla risposta a Foscari, s’interesserà personalmente della faccenda scomodando Mussolini in persona:

 

“Il Belli mi espose il profondo accoramento per il rifiuto della tessera che riteneva immeritato. Dopo qualche tempo mi chiese di far pervenire al Duce un suo esposto con il quale chiedeva di essere iscritto al Partito. Ho avvisato della cosa Pascolato ed ho consegnato personalmente la lettera del Prof. Belli, al Duce, in occasione di una mia udienza,”

 

Da questi documenti sembrerebbe emergere, infatti, un forte interesse da parte del docente ad accreditarsi agli occhi di un Regime che lui, probabilmente, apprezzava e in cui credeva fortemente, tanto da far scomodare il Rettore – che era “amico” di Mussolini – per far sì che potesse essere ammesso all’interno del PNF. Oppure, più semplicemente, Belli credeva che l’ostilità del PNF nei suoi confronti potesse danneggiarlo personalmente e professionalmente?

 

 

Le sfumature della vicenda “Blumenthal”

L’interesse ad accreditarsi come uomo fascista – dai documenti visionati – sembra, dunque, esserci. E non è improbabile che il suo atteggiamento nei confronti della particolare situazione della sua lettrice muti proprio per questa ragione.

Dagli anni ’20 fino all’aprile del ’37 l’intellettuale genovese è, infatti, un grande estimatore di Olga Blumenthal: dalla documentazione presente presso l’archivio Ca’Foscari emergono, a tal proposito, spassionati elogi nei confronti della sua assistente. La lettrice rimane, fino al ’37, la sua più stretta collaboratrice.

Nel gennaio dello stesso anno, però, Lanzillo, seguendo una direttiva ministeriale, è costretto a diramare una circolare con cui sosteneva che “in questo regio istituto vi sono alcuni lettori di lingue straniere che hanno compiuto il decennio del loro insegnamento, ma non hanno conseguito la libera docenza” e concludeva che “poiché ai sensi dell’art 134 del T.U. il mancato conseguimento della libera docenza comporta la decadenza dalla carica di assistente, ritengo che costituisca abuso, la permanenza in servizio di detti lettori”.

Era il caso di Olga Blumethal, che, avendo oltrepassato il limite di età e non avendo conseguito la libera docenza, rappresentava il primo obiettivo della circolare.

 

 

Nell’aprile, quando la questione diventava ancora più cogente, Belli sarebbe intervenuto in prima persona per difendere l’assistente ricordando che “tale disposizione non sia stata applicata anche al Prof. Policardi”; in tale lettera sostenne, inoltre, di essere “inquieto perché, essendo io, oltre che docente, anche uomo penso alle condizioni della lettrice”.

A luglio, invece, il dietrofront. Riconoscendo a Lanzillo di “applicare semplicemente la legge” avrebbe ricordato che non si sarebbe fatto promotore di nessuna raccomandazione né di nessun provvedimento che avrebbe forzato la legge (mentre nella missiva di aprile ricordava che sulla Blumenthal, dati i meriti della lettrice, si era già chiuso un occhio).

A farsi paladini della lettrice, però, sarebbero stati Gino Luzzatto ed Ernesto Longobardi, che come ricorda con un po’ di astio Belli in una missiva inviata al Rettore a luglio, avevano pressato affinché alla donna fosse affidato l’incarico di “lettrice volontaria” anziché “ordinaria”.

Olga Blumenthal, probabilmente ignara di questi scambi epistolari, fu, infatti, nominata lettrice volontaria nel settembre (salvo poi essere nuovamente allontanata nel ’38) e per questa ragione ringraziò, con delle missive, sia Belli che Lanzillo.

Resta però da capire l’atteggiamento del docente di germanistica. Cos’era cambiato da aprile a luglio? Del tutto ipoteticamente, e guardando le date, ci si potrebbe domandare quanto segue. Visto l’atteggiamento del PNF nei suoi confronti e captate le voci ricorrenti su una svolta antisemita del Regime, Belli avrebbe cercato di accreditarsi al Regime usando la sua assistente ebrea? Oppure più semplicemente: avrebbe tentato di accreditarsi facendosi scrupoloso difensore della legge?

FONTI E LETTURE SUL CASO BELLI-BLUMENTHAL: