Lincoln nel Bardo, di George Saunders: elogio allo spazio bianco

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Oriana Rodella, Verona –

 

Sembrava che la sola forma congeniale a George Saunders fosse quella breve del racconto e in qualche modo il suo approdo al romanzo lo conferma

ilmanifesto.it 3 settembre 2017

Saunders scrive un capolavoro, secondo me il miglior romanzo americano del nuovo secolo

Ilsole24ore.com 15 marzo 2017

This is a book that confounds our expectations of what a novel should look and sound like

WashingtonPost.com 6 febbraio 2017

No, il “Washington Post” sbaglia. Non è un’opera epocale. È un altro libro che dimostra l’insufficienza della generazione dei romanzieri americani post Roth & Co. Peccato

Ilcorriere.it 12 ottobre 2017

Questa sequela di micro-citazioni, anche dieci per pagina, fa temere il peggio, cioè la noia mortale. Eppure

Minimaetmoralia.it 8 settembre 2017

Ci troviamo davanti a un romanzo straordinario, qualcosa che non c’era e che adesso c’è, qualcosa con cui fare i conti da qui in avanti.

Doppiozero.com 3 novembre 2017

 

Caro George,

se t’avessi conosciuto dopo la mia lettura di Lincoln e l’incarico a recensore del tuo libro, ti avrei messo in guardia George, che io non sono capace di scrivere recensioni. Lo sai meglio di me George quanto sia penoso spiegare a qualcuno perché una storia ci abbia toccati.

Non è per l’angoscia di trovarsi a braghe calate di fronte a uomini e donne frigidi, no George, non è questo che mi terrorizza e non è nemmeno questione di ipersensibilità, neppure di quell’entusiasmante fiducia tipica del momento in cui ci si confessa. No. Il mio dilemma, caro George, sta a monte: immagina che tua moglie, stufa di vedere le tue carte sparpagliate dappertutto, desideri fartele riordinare in una vecchia scatola che ti regalò per il primo Natale, davvero minuscola per contenere tutti quei fogli e ora maleodorante di muffa e di stantio.

Tu ne saresti inorridito, ma poiché l’ami tanto cercheresti di accontentarla: inizieresti allora a raccogliere i pezzi e nel tentativo di farceli stare tutti li accartocceresti malamente tuffandoti sul coperchio con tutto il sedere! Lo stesso George mi capita con le recensioni: mi pare di far ordine controvoglia, di perdere i pezzi, di maltrattarli, di soffocar le parole in vecchie scatole puzzolenti, tutte uguali, fuori moda, con qualche slogan ingiallito appiccicato sopra.

“Cose uguali a una stessa cosa sono uguali tra loro” diceva Euclide: dov’è finito il mistero delle parole, George?

 

 

Se ti avessi incontrato dopo Lincoln mi sarei congratulata con te, caro George, per il tuo primo qualcosa. La gente resta sempre affascinata dalle cose nuove, dalle nuove scoperte, dalle nuove esplorazioni, soprattutto se queste novità sono rischiose. Il rischio stimola sempre l’immaginazione e l’entusiasmo. Ebbene George, dopo Lincoln, io ti avrei rammentato che il tuo lavoro è rischioso. Quando si è primi a far qualcosa e questo qualcosa è rischioso, va da sé che si diventi un esempio per tutti. Ma che cos’è che rischi George?

Le corde vocali all’inizio non servivano per parlare: la loro funzione era quella di regolare il passaggio dell’aria ai polmoni, solo dopo sono arrivati i suoni, le parole e la lingua. E così per le mani: in principio servivano per appoggiarci a terra assieme ai piedi. Solo dopo son venute buone per afferrare, modellare o scrivere.

Se t’avessi incontrato d.L. mio caro George, ti avrei ricordato questo: che hai coraggio perché per primo hai fatto qualcosa, rischiando e divenendo un esempio. Che sei un vero in-segnante, perché lasci il segno, che la tua scrittura fatta di spazi bianchi, di silenzi, di voci, di rumori molesti, di suoni armoniosi, di parole astratte e rare, di immagini carnali e oscene, di colori brillanti e tetri ha ridato speranza al reale.

Che sei un eroe, un superuomo. Questo soprattutto ti avrei detto, d.L. Che non serve mica rischiar la vita per essere degli esempi, per aver coraggio, per essere eroi. Che in quegli spazi bianchi in mezzo al collage di voci diverse brilla tutta la tua spericolata genialità: quella dell’eroe che lotta per ridare valore alla molteplicità.

Ti avrei chiesto infine, d. L., se sei pronto a indossare la maschera, a diventare il nemico. Sì George, perché quando si ha coraggio, quando si è i primi, quando si è degli eroi, si è diversi. E quando si ha coraggio, si è i primi, si è eroi e si è diversi, si viene azzittiti, demoliti, censurati, nascosti, allontanati.

C’è un periodo dell’età puberale definito “critico” dai linguisti in cui il cervello ha la massima plasticità corticale: se stimolati potremmo imparare qualunque cosa. L’impulso è dunque necessario per determinare quali sinapsi si atrofizzeranno e quali no. È un fatto organico: se certi sensi non vengono messi in funzione il corpo li spegne.

Ecco il rischio che ti assumi George: la dignità all’essere umano. Facendoci disappropriare del mondo, rieducandoci ad adattare il corpo, le mani e le corde vocali alle emozioni, ai sentimenti e al cervello. Risvegliandoci dall’abitudine che anestetizza le menti, spegne i sensi, paralizza il pensiero, che ci fa tornare dei selvaggi e ci rimette a quattro zampe a boccheggiare con le corde vocali.

 

Dipinto ad opera di Eleonora Milani

 

Il libro racconta lo strazio di Abraham Lincoln per la morte del figlio undicenne Willie, immagina il bambino in quella sorta di purgatorio che i tibetani definiscono Bardo

Repubblica.it 29 aprile 2017

Dove si trovano quelle anime ancora troppo attaccate alla vita di prima ed incapaci di lasciarla andare

Criticaletteraria.org 2 ottobre 2017

Per questo, poche ore dopo averlo sepolto, torna al cimitero, per stare ancora un po’ con lui

Lalettricerampante.blogspot.it 21 settembre 2017

Experiencing one’s individual bereavements as part of a greater community.

Theguardian.com 5 marzo 2017

 

Caro George,

quando ti ho conosciuto era un sabato di settembre avanti Lincoln. Tu raccontavi al pubblico che cosa fosse per te uno scrittore: uno che non urla a pieni polmoni, bensì uno che taglia, omette, non dice. Che procede come uno scalatore: dapprima per emulazione punta alla vetta dell’autore preferito, finché l’imitazione lo porta al disgusto; è allora che scende per avvistare altre montagne su ognuna delle quali stanno piantate delle bandierine recanti nomi diversi. Poi a un tratto finalmente scorge anche la propria: una bella montagna di cacca! Con il suo nome scritto sbagliato! Ma quella perlomeno è proprio la sua!

Quel giorno a.L. caro George, io mi ero avvicinata a te allungandoti la mano timorosa e impaziente. E mentre torturavo il cervello per cercare le parole giuste, tu caro George, come mi avessi letto la mente, mi anticipasti dicendomi che gli scrittori si intendono dalle vibrazioni e mi porgesti la mano a tua volta, accogliente e scanzonata. Io allargai il sorriso fino alle orecchie e tacqui, lasciando lo spazio tra noi vibrante di bianco.

G. Saunders
Lincoln nel Bardo
Milano, Feltrinelli, 2017
pp. 315

 

1 thought on “Lincoln nel Bardo, di George Saunders: elogio allo spazio bianco

  • Oh sì , questa sì che è una recensione … che vuoi dire su Lincoln nel Bardo a chi non l’ha letto? leggetelo. punto. poi ne parliamo.

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