Fascismo, distopia e mass media: ‘Io sono tornato’, un film di Luca Miniero sull’Italia di oggi

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Luca Saponaro, Roma –

In un paese dove imperversa l’essere “social”, la memoria diventa solo un pretesto ed è così che prende piede una favola distopica made in Italy. Immaginatevi che un giorno, di fronte a un popolo di razzisti, di corrotti e di giovani senza speranze (così rappresentati dagli autori), resusciti un dittatore (Mussolini in questo caso).

Anche il duce si rende conto della potenza affabulatrice dei media: gli italiani non vogliono una guerra, la loro tirannia è costituita dalla televisione e dai nuovi mezzi di comunicazione (la succitata distopia era stata messa in scena in precedenza da Elio Petri: in La decima vittima, rifiutando il neorealismo, immagina un futuro dove i mass media invadono le vite degli italiani).

È questa la fotografia scattata da Luca Miniero e lo sceneggiatore Nicola Guaglianone: a finire sul grande schermo sono i volti di ragazzi, cui l’unico scopo si limita a voler apparire. Lo si apprende dalle parole sconcertanti di una giovane intervistata per strada: “Io non leggo, non guardo film, l’unica cosa che faccio è guardare lo smartphone”. La ragazza chiosa con un epifanico: “Cos’è la politica?” La frase è un viatico per Benito Mussolini, il quale, dalle proprie ceneri, intraprende una campagna mediatica per riconquistare la becera reverenza degli Italiani.

 

 

Attraverso i discorsi recitati da un Massimo Popolizio, degno del Magico se di Stanislavskij, lo sceneggiatore compie un atto di coraggio invidiabile; mentre scorrono le immagini degli ultimi Presidenti del Consiglio, Mussolini decanta i fallimenti di una classe politica, dedita alla corruzione e alla demistificazione.

Non si risparmia nessuno, a finire nel calderone è l’Italia stessa: l’intento del film è quello di infliggere vergogna nello spettatore. Sono tornato (con il beneficio del dubbio in merito alla veridicità delle interviste) si sostituisce a un’indagine sociologica, nell’attuale momento storico, dove la distrazione è l’unica arma della politica.

 

 

La storia potrebbe ripetersi? Quei corsi e ricorsi storici di Gianbattista Vico risuonano violentemente. Gli autori di Io sono tornato fuggono dalla pusillanimità e mettono in guarda l’italiano medio: qualsiasi politico, manipolando l’informazione, potrebbe distrarci dalle sue vere intenzioni e magari, partecipando ad un format televisivo, potrebbe fare leva su facili slogan per accaparrarsi voti, anziché garantire la riuscita di un buon governo.

Ciò è abilmente mostrato nella scena del perdono in diretta nazionale a Mussolini, basta una montatura ad opera d’arte per cambiare le opinioni dello stivale. Il regista Miniero evita il finale accomodante e sceglie la scomoda verità, chiosando con: “Il fascismo non passa mai di moda.

Nonostante il racconto sia palesemente agiografico (il prodotto, a causa di riferimenti noti esclusivamente al pubblico italiano, difficilmente potrà superare i confini italici) si riallaccia al tedesco Es ist wieder da (in italiano Lui è tornato), dove la formula era la stessa: anziché Mussolini, lì era Hitler a resuscitare.

 

 

Dalle note di produzione, è curioso scrutare una certa differenza nell’accoglienza del film: mentre in Germania, il popolo si è scagliato con veemenza contro l’attore che impersonava Hitler, in Italia, il finto Mussolini è stato preso d’assalto a suon di selfie e braccia tese. Che sia per goliardia o per ignoranza, ciò avvalora la tesi del lungometraggio: una parte del popolo italiano ha dimenticato le nefandezze del fascismo, ed è qui che Miniero e Guaglianone entrano di prepotenza nel film con una scena che tutto è, fuorché moralista.

Un’anziana signora è una delle poche figure italiche che ha il coraggio di non ospitare Mussolini nella sua dimora: “Io sono stata l’unica a salvarmi, quegli occhi li riconoscerei ovunque, è lui“. In sostanza, Sono tornato è un ottimo adattamento del film tedesco, il quale già attingeva dalla satira dell’omonimo libro di Timur Vermes.

Qualcosa del film originale c’è (la scena della ricerca in internet e la morte del cagnolino) ma gli autori sono stati in grado di rendere credibile un adattamento che forse poteva funzionare solo in Italia. Il marketing del film ha convinto i più, gli aforismi che fotografano la situazione attuale sono geniali come ad esempio:

 

“vi ho lasciato un popolo di analfabeti, ottant’anni dopo torno e vi ritrovo un popolo di analfabeti”.

 

La produzione è targata Vision, un marchio Sky Cinema, la forza di tale produzione la si trova anche nella scelta del cast; per far si che venga più gente possibile in sala (al di là della qualità delle interpretazioni) si pescano personaggi sia dalla tv, con Stefania Rocca (nota anche a chi frequenta il piccolo schermo), sia dal web, con Frank Matano.

Un giusto mix tra ironia e inquietudine permeano le scene e confermano la predisposizione di Luca Miniero al remake (il regista aveva adattato il successo francese Giù al nord con Benvenuti al sud). Altra nota positiva risiede nello stile di regia, l’idea di realizzare il film come una docu-fiction, possiede in questo caso, un’efficacia notevole nel contestualizzare l’umore della gente di fronte alla classe dirigente.

 

 

La stessa che Mussolini deride e che per un attimo turba lo spettatore, al quale gli si proietta un mondo governato da una falsa democrazia. Il film ha già fatto scalpore, negli ultimi giorni si sono riscontrati alcuni profili social con il manifesto dell’opera a testa in giù, ma questo è il cinema che vorremmo vedere, un connubio di riflessioni e intrattenimento che fugga dalla solita commedia italiota, rassicurante per una certa classe dirigente.