The April Theses e la Rivoluzione: la fotografia documentaria di Davide Monteleone come public history

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Caterina Mongardini, Venezia –

L’anno del ferro e del fuoco: così Ezio Mauro chiama il suo ultimo libro sulla Rivoluzione Russa e l’arco di tempo che va dall’assassinio di Rasputin – al tramonto del 1916 – all’eccidio dei Romanov nel luglio 1918.

Una cronaca che nulla aggiunge e nulla toglie alla narrazione di uno dei più grandi rivolgimenti della Storia e che ci lascia con l’impressione di aver letto l’ennesimo resoconto sulla caduta di Nicola II e il ritorno di Lenin in una Russia lontana e sperduta alle periferie d’Europa.

Ne L’anno del ferro e del fuoco, l’idea dell’autore – che è stato corrispondente a Mosca per LaRepubblica per molti anni – di aprire virtualmente e materialmente l’archivio che durante la sua esperienza moscovita aveva accumulato, è accattivante e si accosta ad un’altra iniziativa firmata da Ezio Mauro stesso e da RepubblicaTv, ovvero ripercorrere, in un vero e proprio viaggio, i luoghi della Rivoluzione producendo dei mini-documentari in cui la conoscenza della città e l’esperienza del giornalista giocano a suo favore restituendo una narrazione accattivante e di facile fruizione: smart, potremmo dire.

Se nel secondo caso, però, l’espediente del viaggio funziona, perché rimanda all’idea dell’inviato che lavora sul campo per dare notizia degli eventi in tempo reale – accompagnando lo spettatore in giro per San Pietroburgo – nel primo caso, ossia nel libro, la figura dell’inviato viene meno riducendo la narrazione ad un semplice racconto dei fatti senza alcun itinerario particolarmente innovativo.

Ciò che è lecito aspettarsi è che tale vuoto venga colmato dall’Ezio Mauro giornalista che, entrando in archivio, ci mostri e spolveri i documenti di cui parla nell’introduzione e con i quali ha progettato tale lavoro: l’aspettativa è che a cento anni dai fatti ne esca un lavoro almeno originale.

 

 

Purtroppo, però, la San Pietroburgo di Ezio Mauro è troppo lontana, gli eventi trasudano allo stesso tempo impossibilità ed ineluttabilità, i personaggi sembrano legati ad una scacchiera di coincidenze ed infine, le eredità della Rivoluzione – secondo l’autore – risultano infrante. Ma quali eredità?

Ripensandoci – forse – se c’è qualcosa che questo nuovo libro aggiunge, è un tocco di esasperazione in più, rinchiudendo spesso la Rivoluzione in paragoni inefficaci – la Rivoluzione come “parentesi”, un discorso da noi affrontato già con lo storico Silvio Pons; probabilmente, di contro, toglie ai protagonisti di ieri e di oggi ogni possibilità di scelta, come se il destino fosse stato già scritto, in un finale da giorno del giudizio: “Cent’anni dopo su quella terra nera l’eredità è infranta, e la mummia si è fatta uomo”.

A cent’anni dal 1917, l’idea del viaggio, sia nei luoghi e nei tempi della Rivoluzione sia negli archivi che ne custodiscono la memoria, poteva essere un buon espediente per aprire una nuova prospettiva storica e divulgativa su un evento tanto complicato quanto controverso: un progetto di public history che, procedendo dal documento alla narrazione, avrebbe potuto avere risvolti interessanti e che, in parte – è giusto riconoscerlo – Ezio Mauro e RepubblicaTv hanno cercato di sviluppare con risultati apprezzabili.

 

 

 

Un lavoro interessante da questo punto di vista, con mezzi diversi è vero, ma con un approccio simile – l’accostamento del viaggio nei luoghi e nei tempi ai documenti d’archivio – è stato intrapreso dal giovane fotografo Davide Monteleone nella sua raccolta fotografica The April Theses (2017) edita da Postcart attraverso la quale ripercorre il viaggio intrapreso proprio da Lenin poco più di cento anni fa, nel marzo 1917, per tornare in Russia dopo l’esilio svizzero.

Un “lavoro sul campo” che vuole raccontare il viaggio del famoso rivoluzionario il quale, partendo da Zurigo, si inoltra tra le pieghe di un’Europa squassata dalla Grande Guerra e che raggiunge il pathos di un vero racconto epico nel mito del “treno piombato” finanziato dai tedeschi.

 

 

Il mitico treno arriva il 3 (16) aprile 1917 alla stazione Finlandia di Pietrogrado. In questo viaggio, avvenuto dopo la Rivoluzione di Febbraio, Lenin ebbe il tempo di portare a maturazione e scrivere le idee che esporrà al suo rientro nelle famose Tesi d’Aprile, lette il 4 (17) aprile “molto lentamente due volte: prima alla riunione dei bolscevichi e poi a quella dei bolscevichi e dei menscevichi” ed in seguito pubblicate sul n°26 della Pravda il 7 (20) aprile.

Il pregio di questo lavoro sta nella giustapposizione tra fotografie di paesaggi – che hanno ospitato anni or sono, sia pure per un attimo, la figura di Lenin – autoritratti e fotografie di documenti d’archivio e degli interni degli archivi stessi.

Due viaggi paralleli quindi che procedono nell’ambiente e nella storia, che negli autoritratti del fotografo nei panni di Lenin si incontrano per dare corpo ad un lavoro che sfida gli storici a riflettere sui nuovi possibili metodi di divulgazione, collaborazione e ricerca.

 

 

Infatti la fotografia documentaria è, forse, uno degli approcci più innovativi alle tematiche storiche: essa – come spiega l’autore nel breve documentario Anima Russa – non vuole essere uno strumento con cui ritrarre la bellezza spesso fine a se stessa, ma il metodo con il quale raccontare una storia; come un documento sconosciuto infilato in un faldone, non sempre il soggetto è a portata di mano e non sempre è facile da individuare; quando finalmente è stata scattata la fotografia, il documento è stato trovato. Ed è qui che il fotografo si avvicina allo storico.

Davide Monteleone, in questo viaggio, si è accostato al mestiere di storico come pochi altri sanno e vogliono fare e l’ha saputo ritrarre inserendolo in un filo narrativo logico e coerente: si è servito, infatti, di alcuni testi per uno studio generico di questo viaggio (come To Finland Station di Edmund Wilson) per poi entrare – fotocamera alla mano – negli archivi russi (soprattutto il Russian State Archive of Soviet Political History); inoltre, la raccolta è corredata dal testo in lingua inglese delle Tesi d’Aprile e si chiude con la cronologia degli eventi più significativi dal 1914 al 1924.

L’autore, negli accorgimenti bibliografici che si riscontrano nelle didascalie alle fotografie dei documenti, si affida alla metodologia descrivendo il documento nella sua forma, nel suo contenuto e indicandone la provenienza. Un procedimento scientifico, dunque, che rintraccia nelle riproduzioni dei documenti le note al testo: un testo fatto di immagini.

 

 

La potenza iconica della fotografia incontra in questo lavoro “l’atto”, il gesto, la rievocazione: consapevoli che le attività della rievocazione storica si spingono ben oltre la gestualità fine a se stessa, ricorrendo anch’esse ad un’opera di ricerca approfondita e meticolosa, è indubbio che la potenza espressiva degli autoritratti di Davide Monteleone nei panni di Lenin restituisce alla cronologia e ai luoghi la dimensione narrativa che, altrimenti, sarebbe stata orfana di un protagonista.

Un protagonista colto – come nelle foto d’epoca che affiancano i moderni autoscatti – sempre proteso in avanti, mai statico, concentrato sull’orizzonte davanti a sé: fosse esso la frontiera che separa la Finlandia dalla Russia oppure l’avvento di una Rivoluzione socialista.

The April Theses è – ad avviso di chi scrive – un ottimo lavoro di quella che oggi viene chiamata public history: la ricostruzione di un evento storico, in cui i luoghi del viaggio in sè si alternano con i luoghi del viaggio negli archivi. Certo Davide Monteleone è arrivato a San Pietroburgo, non a Pietrogrado, ma cosa importa? San Pietroburgo è la città dei doppi – come la letteratura russa ci insegna – e nel marzo 2017 ha accolto un nuovo doppio, armato questa volta di una fotocamera e non di un pamphlet.

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