Educazione come stimolo al de-siderio: una chiave di lettura rivoluzionaria su Monaldo Leopardi

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Oriana Rodella, Verona –

Con la fine della monarchia francese e l’inizio dell’era napoleonica vengono occupati i territori pontifici di Ferrara, Ravenna, Bologna, Ancona e Recanati. Le truppe francesi invadono tali territori portando scompiglio e trasformando questi luoghi in veri e propri campi di battaglia in cui si scontrano diverse e opposte fazioni. In seguito alla soppressione dei conventi, sempre per volontà di Napoleone, cardinali, prelati e cittadini facoltosi sono costretti a disfarsi di intere biblioteche: per evitare che i libri vadano perduti del tutto li svendono quindi a prezzi irrisori.

Così il conte Monaldo, assecondando ulteriormente quella sua naturale inclinazione che lo porta, già nella più tenera infanzia, a desiderare di allestire una biblioteca che serva come “profitto letterario e […] ornamento della famiglia”, acquista una notevole quantità di opere realizzando una collezione di grande valore letterario. Monaldo scrive che la prima raccolta della sua infanzia altro non è che il nucleo originario attorno al quale si sono aggiunti man mano tutti gli altri volumi acquistati durante fiere, scambi commerciali e iniziative astute, finalizzate a salvare la dispersione dei libri.

Ne è un esempio l’impresa da lui stesso ideata che porta all’incetta di numerosi testi provenienti dal convento dei frati domenicani di Recanati, conseguita attraverso l’apposita costruzione di una chiave realizzata dal suo fabbro e con l’aiuto di tutti i suoi “villici”, proprio come testimonia padre Floriano Grimaldi. Perché è importante ricostruire questi eventi che rappresentano la realizzazione di un sogno che pure è stato trasmesso a Monaldo dalla sua stessa famiglia di origine?

Monaldo Leopardi

Nella sua Autobiografia scrive che l’amore per la conoscenza insieme ai principi e ai valori vengono da lui ereditati senza fatica. Egli stesso si preoccupa a sua volta di infondere ai suoi figli quegli stessi desideri. Ed ecco che la biblioteca diventa il luogo favoloso destinato a curare l’educazione dei ragazzi Leopardi attraverso un dialogo consapevole e costante in cui viene abolita ogni forma di imposizione. Privilegiata è invece la buona consuetudine al lavoro comune. Monaldo infatti, pur sapiente, svolge un ruolo autorevole e mai autoritario e ponendosi gomito a gomito con i propri figli realizza una didattica in cui ogni aspetto del sapere viene svelato attraverso conquiste graduali, ma costanti e sempre supportate dalla gioia per la scoperta e il raggiungimento di obiettivi definiti insieme.

Il mondo è tutto lì: in quella biblioteca, su quei tavolini.

È lì che viene cadenzato il ritmo dell’apprendimento che va dalla lettura amorevole dei classici, all’appropriazione dei personaggi, delle idee e dei pensieri per riflettere, scrivere e rappresentare. È lì che i fratelli Leopardi giocano ad “Ettore e Achille”. È lì che nasce la cosiddetta “officina dei poeti” in cui insieme elaborano dei metodi di memorizzazione e rielaborazione delle opere attraverso la crestomazia: è questa la modalità – dal greco chrestòs, utile e manthàno, imparare – con cui i ragazzi assimilano le originalità più evidenti relative ai poeti e ai prosatori e li segnano su pezzi e strisce di carta a mo’ di promemoria, appuntando pensieri, citazioni e note per poterli memorizzare.

Questo studio sistematico e appassionato orchestrato da Monaldo non solo non isola i vari componenti della famiglia, ma li abitua pure a una pari coralità dove l’educare e l’essere educati sono strettamente connessi tra loro e addirittura interscambiabili: il docente insegna e impara a sua volta. Attraverso le lettere che si scrivono l’un l’altro si può dedurre l’efficacia di questo metodo: il dialogo tra i familiari è costante, lo studio non è un peso, ma porta a continue scoperte che rafforzano il grado di auto-gratificazione perché ognuno si rende conto di poter essere geniale.

Una lettera di Monaldo che informa la famiglia dell’acquisto di alcuni possessi in Recanati

La genialità apre in modo naturale le porte alla bellezza e ci si convince che essa non solo sia alla portata di tutti, persino di un bambino di otto anni come lo era Giacomo quando già scriveva orazioni e poemi, ma fa avvertire anche l’urgenza di comunicarla agli altri. Monaldo intuisce come l’innesto del de-siderio – dal latino, mancanza di stelle, distanza dalle stelle – permetta al genio di esplodere in tutta la sua naturalezza. A questo punto Monaldo si gioca una carta straordinaria: fa leva sulla gratificazione dei ragazzi stilando dei copioni teatrali in cui il percorso didattico effettuato insieme al padre diventa la scaletta della rappresentazione che viene esibita ad un pubblico attento, partecipe e sempre più numeroso. È così che i ragazzi fortificano la fiducia in loro stessi e si rendono conto che sono in grado di apprendere ed evolversi.

La nuova lettura di Monaldo Leopardi ci mostra come il padre di Giacomo non sia nei confronti dei figli un tiranno perché non è un vasaio, ma un pigmalione, un vero educatore che in quanto tale sa ex-ducere, tirare fuori le potenzialità esistenti in loro facendole emergere e brillare di luce propria. La revisione di questa importante figura, in netto contrasto con la presentazione che ne facevano le antologie fino a qualche anno fa, suscita non pochi interrogativi: in un rapporto educativo e di apprendimento è giusto pretendere sempre meno e abbassare gli obiettivi?

Massimo Popolizio e Elio Germano interpretano Monaldo e Giacomo Leopardi nel film ‘Il giovane favoloso’, diretto da Mario Martone (2014)

È plausibile creare un atteggiamento di sfiducia e di paura? Chi educa, chi ha il delicato compito di portar fuori qualcosa da qualcuno, dovrebbe essere sempre consapevole che la persona che ha di fronte potrebbe, con il suo aiuto autorevole e non autoritario, essere un genio. Essere geniale spesso comporta vivere in un mondo a sé in cui si soffre la mancanza di contatto con la molteplicità del reale. È proprio in questo contesto però che si manifesta il più alto grado del pensiero creativo che sa durare nei secoli, che è stimolo costante di confronto e riflessione per l’uomo e, sconfiggendo lo spazio e il tempo, continua a parlare all’umanità intera, accende il de-siderio ed evita il dis-astro.

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