La rivolta di Cristoforo Colombo: quando l’Assurdo ci sfida per spingerci ad essere fieri di noi

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Oriana Rodella, Verona –

La storia insegna che il termine rivoluzione sta ad indicare un cambiamento repentino e radicale nella vita dell’uomo che comporta un duraturo e totale mutamento della realtà individuale e collettiva. Ciò si verifica in seguito ad una scoperta frutto di una maturata intuizione e presa di coscienza che pone in essere una nuova prospettiva di vita capace di dare risposte più efficaci ai naturali bisogni umani.

Diecimila anni fa nel Mesolitico l’uomo preistorico osservando il ciclo della natura si accorge che i semi di cui si nutre possono essere utilizzati per un raccolto programmato, non più casuale. La sua vita si trasforma totalmente: da cacciatore e raccoglitore di bacche e radici diventa allevatore e agricoltore, da nomade si fa sedentario e da individuale, struttura le basi di una primordiale forma di vita associata.

Un’altra importante rivoluzione coincide con la scoperta della macchina a vapore. Watt intuisce che con l’energia del calore si può generare energia cinetica attraverso il vapore. Uno schema semplice e geniale che modificherà per sempre le sorti dell’uomo: in un lampo il lavoro artigianale diventa industriale e la società patriarcale si trasforma in nucleare. Addio alle grandi unità familiari, ora ognuna provvede solo a se stessa.

Altro esempio di mutamento radicale è certamente la Rivoluzione Francese, frutto della diffusione di un movimento culturale noto come Illuminismo. Gli illuministi scoprono l’importanza della ragione, facoltà che accomuna tutti gli uomini e su cui si basa il principio di uguaglianza. Et voilat! La scossa che mette in crisi una società immobile e basata sul privilegio.

 

«Ha trovato una strada di stelle nel cielo dell’anima sua»

 

In ogni rivoluzione dunque l’illuminazione, da cui ha origine la scoperta, deriva a sua volta da un disagio, da un desiderio di liberazione nei confronti di una realtà ormai stretta e che genera impazienza. Se inizialmente, infatti, l’individuo accetta il compromesso e vi si adagia, poi però quando la coscienza s’impone, è questa che traccia la strada per un nuovo tipo di uomo: quello in rivolta. L’uomo in rivolta è colui che porta in sé il germe della contraddizione: dice di no e di sì allo stesso tempo. Nel momento stesso in cui delinea la frontiera di una realtà nella quale non si identifica a pieno, comprende non solo che al di qua di essa ci sono aspetti che vuole difendere e preservare, ma al contempo vorrebbe anche spiccare il volo, andarsene al di là, poiché sente bruciare in sé il sacro fuoco del cambiamento, di qualche cosa per cui «vale la pena di». Osare. Scavalcare quel limite.

 

«Isabella è la grande regina del Guadalquivir/ma come lui è una donna convinta che il mondo non può finir lì»

 

Colombo in rivolta è un navigatore esperto e lungimirante che decide di perseguire un’intenzione pura. Affascinato dalla figura del Gran Khan, l’imperatore della Cina descritto in maniera memorabile da Marco Polo ne Il milione, ambisce a incontrarlo per realizzarne il sogno: essere istruito nella fede di Cristo.

Colombo infatti, fervente religioso, vuole contribuire di persona all’espansione del cristianesimo in Oriente. Per fare ciò delinea una rotta alternativa e innovativa che consenta di raggiungere le Indie navigando verso Occidente. Colombo deve a questo punto superare un limite che non è solo geografico, fisico ed economico, ma è anche ideale e religioso.

Come spesso accade, infatti, grandi idee vanno a braccetto con pochi mezzi: Colombo è squattrinato, ma con un ardente desiderio di realizzare il suo geniale progetto. Da qui nasce l’urgenza di coinvolgere personaggi potenti e facoltosi, che credano concretamente nel suo sogno.

Colombo è ardito, anche quando nessuno sembra disposto a dargli fiducia: per anni bussa invano alle porte dei reali di Portogallo, Spagna, Francia e Inghilterra. Poi, finalmente, la svolta. Siamo nel 1490.

Colombo è povero, vedovo e con un figlio piccolo che lascia in custodia al padre in Portogallo, ma non si dà per vinto, segue il suo istinto e si trasferisce a Huelva, in Andalusia, approdando presso il Monastero francescano della Rábida, dove sa che ad accoglierlo troverà padre Juan Pérez, confessore personale della regina Isabella.

Grazie alla mediazione del priore otterrà finalmente l’appoggio e il finanziamento al progetto da parte della corte di Spagna e il 12 ottobre 1492 approderà sulle coste del Nuovo Mondo.

 

Monastero della Rabida

 

«Ha imparato dal vivere in mare a non darsi per vinto; andrà a sbattere in quell’orizzonte, se una terra non c’è, grida: “Fuori sul ponte compagni, dovete fidarvi di me!”»

 

L’intuizione di Colombo e la sua grande fede in quell’idea diventano un fiume che tracima: abbatte ogni argine, conquista tutti a vari livelli, dalle autorità religiose a quelle politiche, dagli esperti e studiosi di navigazione, ai comandanti e marinai, fino a raggiungere la gente comune che si industria in tutti modi a collaborare per la buona riuscita dell’impresa.

Bartolomè de Las Casas, tra i più celebri missionari domenicani d’America, riferisce a tal proposito nella sua Historia quanto sia sorprendente constatare che «quando un uomo desidera fortemente una cosa e vi si attacca saldamente con l’immaginazione, ad ogni istante ha l’impressione che tutto ciò che vede e sente parli in favore di quella cosa».

La rivoluzione di Colombo segna dunque la transizione dal «ciò che dovrebbe essere al voglio che ciò sia». E ancor più delinea il superamento dell’individuo che trascende il suo destino per votarsi a un bene comune. Colombo preferirebbe la morte pur di non negare la sua intuizione, quello stesso valore che porta con sé e che ha condiviso con tutti: «O tutto o niente!».

La rivolta di Colombo non è un moto egoista, perché nel suo slancio più profondo non preserva niente per sé, ma di sé mette in gioco tutto.

 

Palos de la frontera

 

«E naviga, naviga via/verso un mondo impensabile ancora da ogni teoria/e naviga, naviga via,/nel suo cuore la Niña, la Pinta e la Santa Maria»

 

Esplorare Siviglia e l’Andalusia, terra in cui Colombo ha vissuto per lungo tempo, significa imbattersi sistematicamente in luoghi, monumenti, epigrafi, archivi che ricordano il suo passaggio e la sua impresa.

L’italiano che si trova meravigliato davanti a queste innumerevoli testimonianze di stima si rende conto che la Spagna non solo lo ha adottato, ma lo ha anche riconosciuto come figlio e cittadino onorario. Non è un immigrato di serie B, è un eroe nazionale; non è uno straniero, è un cittadino del mondo.

Colombo è uno studente Erasmus. Colombo è un italiano che lavora all’estero. Ma più di ogni altri, Colombo è un uomo che ha un progetto da realizzare e per questo reagisce e non si rassegna. Studia, sacrifica la sua esistenza e i suoi affetti per la sua idea, abbandona le sue radici e le sue certezze per realizzare il suo sogno, in nome del quale crea ponti, incontra persone, dialoga, coinvolge, contatta. Colombo non appartiene al XV secolo. Colombo è un uomo del nostro presente.

Egli assecondando il suo genio ha compiuto una rivoluzione che ha cambiato per sempre le prospettive di tutta l’umanità.

 

 

«Continua a puntare l’ignoto con lo sguardo corsaro; /sarà forse una assurda battaglia, ma ignorare non puoi, /che l’Assurdo ci sfida per spingerci ad essere fieri di noi»

 

La verità celata nel nemo propheta in patria continua a perpetuarsi sfidando i tempi e la storia. Nessuno riesce a sottrarvisi, nemmeno un personaggio come Cristoforo Colombo che in Italia viene liquidato in poche pagine di storia. Ancora oggi il nostro Paese ignora la sua grandezza di rivoluzionario, la stessa che sorprende noi italiani quando seguiamo le sue orme all’estero.

La figura di Colombo raccoglie l’intera generazione di giovani del nostro tempo. Giovani brillanti, preparati e competenti, multilingue, multitasking, multi preparati, che sperimentano ogni giorno l’indifferenza del proprio Paese e, spinti dal bisogno di realizzare le loro intuizioni, trovano strade e rotte innovative, scavalcano le nuove frontiere di un «orizzonte di vetro», oltrepassano i confini del territorio natio abbracciati da una «raffica di nostalgia» e tentano di sfidare la grettezza del proprio tempo per essere fieri di loro stessi.

I giovani d’oggi sono dei giovani in rivolta, proprio come Colombo: allenano la loro personale intuizione come atleti olimpici, coltivano instancabilmente i propri sensi e seguono – come dice il poeta Stephen Spender – «i nomi di quelli che da vivi si batterono per la vita, che portarono nel cuore il centro del fuoco. Nati dal sole, guardarono per qualche tempo verso il sole e lasciarono nell’aria vivace il segno del loro onore». Proprio come Colombo.

 

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI:

  • A. Camus, L’uomo in rivolta, Bompiani, Milano, 2016.
  • J. de Las Casas, Historia de las Indias, Alianza Editorial, Madrid, 1994.
  • B. Severgnini, Italiani di domani. 8 porte sul futuro, Rizzoli, Milano, 2013.
  • M. J. Gelb, Pensare come Leonardo. I sette principi del genio, Il Saggiatore S.P.A., Milano, 2010.
  • T. Todorov, La conquista dell’America. Il problema dell’«altro», Einaudi, Torino, 1992.

RIFERIMENTI MUSICALI:

  • F. Guccini, Cristoforo Colombo, in Ritratti, Capitol/EMI, 2004.