Un borgo e la peste del 1630: indagine sul registro dei morti di Sannazzaro de’ Burgondi

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Pietro Marchesi – Pavia

 

Il tempo

“La fame è più cruda della peste […] ma la peste è più abbominevole perché ci dà appena il tempo di raccogliere il fiato.” (G.B. Segni, Saggio sulla carestia e la fame, 1593)

 

Il 1630 e il 1631 sono per l’Italia “gli anni della peste”, l’apice dell’ultimo ciclo epidemico del morbo nell’Europa Occidentale. Conosciamo dalle cronache le tragiche descrizioni delle città in preda alla malattia, ma che cosa sappiamo dei villaggi e dei borghi spesso estranei all’attenzione dei memorialisti? Queste righe vogliono gettare un poco di luce sulle vicende di un piccolo aggregato umano assalito dal morbo nell’estate del 1630.

L’ambiente

Sancto Nazario, come si legge nei documenti dell’epoca (oggi Sannazzaro de’ Burgondi – Pavia), era un borgo edificato su di un costone alluvionale affacciato sulla valle del fiume Po che – diversamente da oggi – scorreva molto più vicino all’abitato. La possibilità di controllare il transito sul fiume aveva fatto sì che gli Spagnoli vi edificassero una serie di fortificazioni dove alloggiava una stabile guarnigione, la cui presenza è rilevata dai registri parrocchiali tenuti dal parroco Jacopo Antonio Scoppa. Gli abitanti erano allora circa 1600, quasi tutti contadini anche se la documentazione – registri di battesimo – testimonia la presenza di artigiani (Maestro) e di vari nobili legati ai feudatari del luogo: i Marchesi Malaspina. Pur nella loro rigidità burocratica, le annotazioni contenute nei registri rendono possibile, insieme alla ricostruzione quantitativa delle vicende, una qualche riflessione sulla struttura sociale del borgo e sui comportamenti in tempo di epidemia.

I mesi della peste

L’arrivo della peste ha una data certa: l’11 giugno 1630. Quel giorno il Registro dei Morti annota i primi quattro decessi: un adulto (Domenico Sella) di anni ventotto; suo figlio (Domenico) di un anno e quattro mesi; un altro bambino (Cristoforo Mensi) di tre anni e una donna (Domenica Zucca) di sessantacinque anni. Tutti sepolti extra coemiterio ob contaggi suspectum.

Non sappiamo se il borgo fosse fornito di un lazzaretto dove ricoverare gli appestati con annesso cimitero. Alcune annotazioni, come quella citata, fanno pensare a una risposta positiva. Da notare che in molti luoghi vicini il sito dove si trovava il lazzaretto è ancora identificato come “campo della peste.”

Ritornando a quel giorno di giugno possiamo solo immaginare il terrore scatenato dalle quattro morti. Quello che dagli storici è stato chiamato “il nemico invisibile” era arrivato e nessuno era più al sicuro: sul borgo era calata una cappa di morte. Ognuno cercava i segni del male su sé stesso e sugli altri. Quando sarebbe giunto il momento di ciascuno?

Se si consulta il Registro dei Morti la peste pare essere arrivata improvvisamente, ma ne siamo certi? Voci di strani e numerosi decessi nelle campagne, villaggi e città vicine saranno probabilmente circolate e forse, prima di quel giorno, qualche caso sospetto si era verificato, ma la scelta fu quella di non vedere.

Sono i dati del Registro a prospettare questa ipotesi. Le annotazioni si aprono il 23 settembre 1629 e sino al 29 si hanno 11 decessi. I mesi di ottobre, novembre e dicembre registrano, rispettivamente, 11, 10 e ancora 11 decessi per un totale, dal 23 settembre, di 42 morti. Venendo al 1630, dal 1° gennaio al 10 giugno i morti registrati sono 70, dieci nella prima decade di giugno, per un totale di 80 nell’arco di soli sei mesi. I Registri dei Morti degli anni immediatamente successivi forniscono i seguenti dati: 33 decessi (1633), 23 (1634) e 67 (1625) ma bisogna sottolineare come quest’ultimo sia l’anno dell’invasione francese con il suo inevitabile seguito di lutti.

Sommando i dati disponibili per il 1629 e il 1630 si riscontrano, sino al 10 giugno di quell’anno, 122 decessi in nove mesi. È perciò possibile supporre che qualche caso di peste si fosse verificato, che il male avesse, per così dire, “serpeggiato” nel borgo, ma che la paura avesse avuto la meglio – si era preferito negare. Complessivamente il Registro riporta 51 morti dall’11 al 27 giugno 1630 (13 maschi, 31 femmine e 7 minori di anni dieci). Il loro luogo di sepoltura è indicato come coemiterio parochialis o coemiterio Rectoria.

Da questi dati si può supporre che l’epidemia gettò nel caos la comunità e anche le più semplici attività burocratiche vennero sconvolte. Da qui l’impossibilità di conoscere il numero dei decessi dal 27 giugno al 20 luglio, perché le annotazioni di quest’ultimo mese riprendono solo il 21 luglio: sino al 30 si hanno 45 morti, ma solo 21 di questi hanno indicato il lazzaretto come luogo di sepoltura.

Si pone a questo punto un problema di “differenziazione sociale”. Dal Registro risulta che molti defunti con il nome preceduto da titoli nobiliari, o comunque di rilievo, vennero sepolti in chiesa o presso il cimitero parrocchiale, ma è difficile pensare che la malattia, della quale pure è nota la “mortalità differenziale”, abbia quasi del tutto dimenticato un certo ceto sociale. Un esempio: dal 24 al 29 luglio 1630, nel pieno dell’epidemia, si contano sette morti con il cognome De Curtiis, tutti preceduti da titoli come Dominus, Donna, Eccellentissimo.

Essi furono tutti sepolti in chiesa o nel cimitero. Possibile che nessuno di questi morì di peste? Nel Registro esempi del genere sono abbastanza numerosi. Evidentemente le convenzioni sociali di un piccolo borgo risparmiavano alle persone di riguardo l’umiliazione della sepoltura in quelle che dovevano essere delle fosse comuni adibite ai morti di peste.

Dagli stessi documenti apprendiamo che la vita, nonostante tutto, continuava. Il Registro riporta cinque annotazioni di battesimi e di matrimoni celebrati nel mese di ottobre.

I mesi di agosto, settembre e dicembre mancano completamente e questo comporta una grave lacuna nella documentazione. Tuttavia, possediamo i dati di ottobre e di novembre. Il primo è il mese dove i morti di peste furono più numerosi: 60 su 65 decessi registrati. Novembre ebbe 30 morti, tutti per la medesima causa.

Inoltre, sempre dai registri si viene a conoscenza di come il borgo avesse all’interno delle mura un ricovero per viandanti e per poveri. Il 29 ottobre vi è annotata la morte di una Quidam pauper morta di peste nell’hospitio loci; lo stesso destino toccava il 2 novembre a un’altra donna. Di entrambe si ignorano il nome e l’età. Forse si trattava di vagabonde o persone ai margini della società – altri dati non erano evidentemente importanti ai fini della registrazione.

Proseguendo la lettura delle annotazioni si trovano poi due vittime di omicidi avvenuti nel borgo o presso di esso. Il 4 ottobre è registrata la sepoltura di un certo Franciscus de Paperatis, qui fuit occisus nocte precedente e, sempre nello stesso mese, si ha un Quidam hispanus cuius nomen ignoratur qui fuit occisus in campo extra loci (cioè fuori dal borgo).

Quanti furono quindi i morti di peste a Sannazzaro de’ Burgondi? Il conteggio è impreciso a causa dei vuoti nella documentazione e venendo meno i deceduti per peste non registrati come tali. Sommando i dati in nostro possesso e supponendo che nei mesi mancanti potessero aversi 30 decessi ciascuno arriviamo complessivamente a 248 morti su 1600 abitanti. Una percentuale del 15,50%. Si tratta di una quota piuttosto bassa rispetto ai dati che possediamo per le città, ma per la quale bisogna tenere conto di quanto detto circa i vuoti e le mancate registrazioni.

Spentosi il contagio, possiamo dunque immaginare che la vita nel borgo fosse ripresa secondo i canoni dell’epoca e che gli abitanti non dovettero più affrontare una prova come quella del 1630. Dopo quell’anno, infatti, il termine “peste” scompare dai registri.

 

Le letture consigliate:

A. Pastore, Peste, epidemie e strutture sanitarie, in La Storia, III, 1, p. 63, UTET, Torino, 1987, p, 63

C.M. Cipolla, Storia economica dell’Europa pre-industriale, Il Mulino, Bologna, 2002, p. 188

C.M. Cipolla, Contro un nemico invisibile, Il Mulino, Bologna, 1986

A. Corradi, Annali delle principali epidemie occorse in Italia dalle prime memorie sino all’anno 1850, rist. anast., Forni, Bologna, 1974

G. Garbi, Una ricerca sul campo: per una storia demografica di Sannazzaro de’ Burgondi, in “Annali di Storia Pavese”, n. 8 – 9, 1982 – 1983, pp. 349 – 356

C.M. Cipolla – D. Zanetti, Peste et mortalite différentielle, in “Annales de Démographie Historique”, 1972, pp. 197 – 202. Link consultato in: https://www.persee.fr/doc/adh_0066-2062_1972_num_1972_1_2119