Distribuire terrore “discretamente”: la Stasi e la paranoia di Stato nella Germania comunista

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Jacopo Bernardini, Torino –

Tra le molteplici “democrazie popolari” sorte al termine del secondo conflitto mondiale, la Repubblica Democratica Tedesca (Deutsche Demokratische Republik, DDR) – sorta il 7 ottobre 1949 – ed il suo Ministero per la Sicurezza di Stato (Ministerium für Staatssicherheit), meglio noto come Stasi, diedero vita a qualcosa che oggi potrebbe benissimo entrare a far parte della trama di un intricato libro di spionaggio.

Il 9 febbraio 1950, dopo un’approvazione “per acclamazione” della Camera del Popolo della DDR, il Direttorato per la salvaguardia dell’economia popolare (fino a quel momento dipendente dal ministero dell’Interno) divenne un autonomo ministero per la Sicurezza dello Stato.

Nonostante la notizia fosse stata pubblicata sul “Neues Deutschlands”, organo di stampa ufficiale del Partito di Unità Socialista di Germania (Sozialistische Einheitspartei Deutschlands, SED), essa passò quasi in sordina, risultando innocua ed insignificante per il lettore medio: nulla di più lontano dalla realtà.

La Stasi nacque con l’obbiettivo dichiarato di stanare i “sabotatori” imperialisti che cercavano, in ogni modo, di minare la crescita economia della DDR e le sue conquiste nel campo del socialismo. Il simbolo della Stasi, ovvero “Scudo e spada del partito”, collocava il servizio segreto della DDR direttamente alla Čeka sovietica, nata nel 1917 con lo scopo di difendere la rivoluzione. Il Ministero per la Sicurezza di Stato nacque dalle ceneri dei commissariati di polizia K5, specializzati in reati politici, in cui si formarono diversi futuri quadri della sicurezza nazionale, tra cui Erich Mielke.

 

 

 

Prima di trovare lavoro nella Divisione affari interni della forza di polizia gestita dai sovietici il giovane Mielke, a Mosca, frequentò la Scuola internazionale Lenin, importante trampolino di lancio per i futuri leader comunisti. Dopo essersi recato come volontario in Spagna durante la guerra civile, Berlino lo riaccolse a braccia aperte al termine del secondo conflitto mondiale.

Il 6 maggio 1949, i K5, con il beneplacito di Stalin, passarono sotto la direzione diretta di Erich Mielke, staccandosi definitivamente dalla Volkspolizei. Le conseguenze di questa nuova autonomia furono presto evidenti: ad un raddoppiamento degli effettivi della polizia segreta (da cinquemila a diecimila unità nel periodo 1952-53) fece seguito un brusco innalzarsi del numero dei detenuti (da trentasettemila a sessantasettemila nello stesso periodo) ed un inasprimento dei metodi repressivi.

Dopo la morte di Stalin nel marzo del 1953, alcune decisioni fortemente impopolari del Consiglio dei ministri della DDR provocarono agitazione tra la popolazione: diverse categorie entrarono in sciopero, chiedendo libere elezioni e le dimissioni del governo. Il 17 giugno la situazione precipitò quando ad accompagnare scioperi e cortei si verificarono diversi tentativi di aggressione ai danni dei funzionari della Stasi.

 

Gli archivi della Stasi oggi.

 

Per quanto i sovietici si prodigarono immediatamente per soffocare la rivolta nel sangue, gli avvenimenti di giugno lasciarono non pochi strascichi. La Stasi, con la nuova regia di Ernst Wollweber, tornò ancora più insidiosa di prima, cercando di ampliare capillarmente il controllo sulla popolazione attraverso nuovi metodi, come l’arruolamento coatto all’interno delle stesse famiglie tedesche.

La costruzione del Muro di Berlino nell’agosto del 1961 può essere considerato l’emblema del desiderio di controllo della SED e della Stasi sulla popolazione tedesca.

Sorprendentemente, Wollweber decise di virare verso una parziale destalinizzazione del sistema, facendosi portavoce della necessità di correggere gli squilibri politici che caratterizzavano la DDR: una scelta che lo fece rapidamente cadere in disgrazia. Complici le sue precarie condizioni di salute, le sue dimissioni nel novembre del 1957 spianarono finalmente la strada ad Erich Mielke.

 

Erich Mielke

 

Il servizio d’intelligence subì un enorme processo di ristrutturazione: Mielke si curò personalmente di non tralasciare alcun dettaglio allo scopo di garantire l’obbedienza del popolo di fronte al governo ed ottenere un controllo pressoché totale.

Il più impellente dei problemi che dovette affrontare Mielke fu la formazione del personale: negli anni precedenti, per formare un apparato così ampio e strutturato partendo da zero, fu necessario un grande dispendio di energie e denaro, che portò a trascurare la “qualità” dei funzionari della Stasi: le assunzioni crebbero così esponenzialmente, senza obbedire a nessun criterio ideologico, fisico e psichico di selezione.

Dopo il 1957 gli ufficiali della Stasi ebbero premura di assicurarsi solo le reclute migliori, attingendo soprattutto tra i più giovani, ma soprattutto istituendo periodi di prova prima dell’assunzione definitiva per verificare con chiarezza l’idoneità dei candidati.

Una gigantesca espansione dell’apparato della Stasi si ebbe quando Erich Honecker divenne segretario del SED nel 1971. Come Mielke, Honecker passò per la Scuola Lenin di Mosca, lavorando poi clandestinamente per i comunisti sotto il regime hitleriano.

Arrestato dalla Gestapo nel 1937, riuscì ad evadere poco prima del termine del conflitto mondiale, giusto in tempo per cominciare una scalata alle gerarchie del Partito: nel 1971, grazie al supporto di Mielke e all’appoggio sovietico, riuscì a diventarne segretario.

In seguito all’Ostpolitik e all’ammissione della DDR nell’ONU nel 1973, alla Stasi spettò il delicato compito di intensificare il controllo interno di fronte ad un parallelo incremento dei contatti tra Est e Ovest.

 

Ulrich Muhe ha interpretato il capitano Gerd Wiesler “HGW XX/7” nel film ‘Le vite degli altri’ (2006), vincitore del premio Oscar come miglior film straniero, che racconta la storia della DDR e della Stasi

 

Nonostante Honecker avesse il compito di dimostrarsi più aperto e disponibile al dialogo con quei paesi che avevano riconosciuto la DDR a livello internazionale e con i quali aveva raggiunto importanti trattative, sul fronte interno la Stasi era chiamata a contribuire al mantenimento di un equilibrio che avrebbe consentito al regime di non allontanarsi troppo dal controllo del Paese.

Di fronte a questa situazione potenzialmente pericolosa per la stabilità della DDR, la strategia repressiva della Stasi venne resa più flessibile, distribuendo terrore “discretamente”, agendo sempre più silenziosamente e mai alla luce del sole.

Vennero così notevolmente ampliati i controlli spionistici attraverso l’utilizzo di cimici, registratori, telecamere e controlli nascosti, infiltrazioni, informatori non ufficiali (IM, Informelle Mitarbeiter), con lo scopo di penetrare sempre più a fondo nella vita privata della popolazione.

Lo storico tedesco Klaus-Dietmar Henke affermò che il numero dei fascicoli generati dalla Stasi era equivalente all’incirca a tutti i prodotti nella storia della Germania a partire dal Medioevo.

L’apparato ideato da Mielke era grande una volta e mezzo l’esercito regolare della DDR: novantasette mila dipendenti, a cui si devono aggiungere centosettantamila informatori reclutati tra la popolazione: persone comuni che, per soldi o per il desiderio di una maggiore sicurezza personale, decisero di collaborare col servizio di spionaggio raccogliendo informazioni private sugli altri cittadini.

 

 

Tra dipendenti e informatori, le stime parlano di un agente/informatore della Stasi ogni sessantatré persone. Una menzione particolare spetta ai cosiddetti Oibe, funzionari della Stasi sotto copertura con il compito di spiare e controllare i propri colleghi e collaboratori: un sistema di spionaggio all’interno dello stesso sistema di spionaggio.

Come fa notare Anna Funder nel suo romanzo-saggio C’era una volta la DDR, nonostante la sua ossessione per i dettagli, la Stasi fallì clamorosamente nel compito di prevedere la fine del comunismo.

La DDR passò così rapidamente dal partito unico e dall’economia centralizzata e pianificata a un regime parlamentare multipartitico e di libero mercato che il quartier generale della Stasi a Normannenstrasse, a Lichtenberg, divenne un museo già il 7 novembre 1990: ogni cittadino poté così verificare personalmente, visionando il proprio fascicolo, quanto a fondo la Stasi era riuscita a penetrare all’interno della sua vita privata.

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