Cartoline dalla Roma sparita: la capitale prima delle grandi trasformazioni di fine Ottocento

roma, ottocento, fotografia, piano regolatore, 1883, roma ieri e oggi

Via Tuscolana, 1868

Caterina Mongardini, Roma –

Il Piano Regolatore di Roma del 1883 (il primo che sia stato mai convertito in legge), sebbene in maniera confusa e caotica, fu documentato da una Campagna Fotografica sovvenzionata dal Comune di Roma e incentivata – e talvolta influenzata – dal Governo del Regno.
Il risultato ottenuto da questa campagna è stato, e rimane, degno di nota in un panorama nazionale che non ha mai favorito apertamente la documentazione fotografica delle trasformazioni urbanistiche che hanno mutato il volto a molte città italiane. Qui, ne tracciamo una breve storia per evidenziarne la portata e l’importanza storica.

Le Istituzioni che parteciparono alla realizzazione della Campagna Fotografica durante i lavori del Piano Regolatore di Roma del 1883 furono: il Comune che, a giudicare dalle laconiche comunicazioni agli altri enti statali, non riuscì – oppure non fu particolarmente interessato – a coordinare lavori e fotografi; la Commissione Archeologica Comunale che, sebbene facesse riferimento al Comune, in realtà si dotò di un piano d’azione autonomo sotto la guida dell’archeologo Rodolfo Lanciani; il Ministero dell’Istruzione Pubblica che diede soprattutto indicazioni su dove e come fare i rilevamenti stabiliti; infine, dal 1892, il Gabinetto Fotografico Nazionale – istituito nel 1892 – che cominciò un lavoro di raccolta di materiale fotografico documentario nel quale rientravano anche le fotografie del Piano Regolatore.

I risultati di questa scarsa organizzazione hanno portato a una mancata copertura di alcune aree, alla ricopertura di altre già fotografate e ad una catalogazione confusionaria che non ha permesso di capire quanti e quali fotografi abbiano partecipato alla campagna e quante foto abbiano scattato. Da questo, come si può capire, scaturisce un anonimato generale per tutta la documentazione fotografica; da alcuni dettagli e da pochi timbri gli archivisti si sono potuti sbilanciare indicando tre nomi di rilievo.
Il primo è Michele Danesi – fotografo e inventore del processo fototipico – che fu impegnato nei sopralluoghi al Ghetto insieme a Lanciani e Venanzi, suo collaboratore. La sua presenza può essere rintracciata in uno scritto in cui Venanzi riferisce a Lanciani i risultati dei sopralluoghi e suggerisce l’uso della fototipia:

 

“Credo che meno di 50 copie non potremmo tirarne. Ora il Sig. Danesi assicura che quando si arriva alle 20 copie è molto più economica la fototipia. […]”.

 

Nonostante questo però, non abbiamo alcuna fotografia che porti la sua firma o il timbro del suo atelier. Il secondo nome di rilievo che troviamo è quello dei fratelli D’Alessandri i quali avevano già documentato la costruzione dei muraglioni in riva al Tevere: proprio per la loro familiarità con questo tipo di fotografia documentaria commissionata dallo Stato, è più che probabile che essi siano stati chiamati anche per la copertura di alcune aree della città per il Piano Regolatore del 1883. Ultimo nome è quello di Ludovico Tuminello del quale invece abbiamo delle fotografie di sicura attribuzione grazie ai timbri a secco posti su tre fotografie del Fondo.

Il Fondo del Piano Regolatore del 1883 comprende una serie di lastre negative e tre collezioni di positivi fotografici – Serie I, Serie II e Serie III – per un totale di 231 soggetti, 458 positivi e 134 negativi che documentano strade, piazze, edifici, arredi urbani e, per la prima volta nella fotografia documentaria, il modo di vivere quotidiano della società cittadina.

 

roma, ottocento, fotografia, piano regolatore, 1883, roma ieri e oggi

Piazza Ponte Sisto, 1884

 

Tutto questo materiale dovrebbe rappresentare omogeneamente e dettagliatamente i lavori urbanistici del Piano, ma in realtà lo fa solo parzialmente a causa del poco tempo a disposizione dei fotografi e della velocità con cui gli imprenditori programmavano le demolizioni e i lavori. Uno dei metodi adottati dai fotografi per questa “corsa contro il tempo” fu l’adozione di un “itinerario” (pianificato per zone) da raggiungere facilmente con le “botticelle” – vetture di piazza abbastanza grandi da poter contenere tutta l’attrezzatura fotografica – e con un raggio d’azione non molto ampio. Questo lavoro veloce e a volte frenetico portò i fotografi a doversi adeguare alle condizioni cittadine e li spronò allo stesso tempo a cercare nuove soluzioni con le quali raggiunsero un’elaborazione originale nella ripresa dell’architettura.

In questa Roma in pieno mutamento, i fotografi trovarono un campo di sperimentazione visiva adatto all’applicazione di novità tecniche; infatti, proprio in quel periodo arditi sperimentatori e tecnici di laboratorio stavano già rivolgendo la loro attenzione alla ripresa dei movimenti in sequenza e alla loro riproduzione animata. Sarà solo nel 1892 che i fratelli Lumière presenteranno al mondo il loro “cinematografo” ma, come accadde per la fotografia, il retroterra che portò alla realizzazione della prima macchina da presa aveva alle spalle anni di sperimentazioni e prove tecniche. Questo non vuol dire che a Roma ci furono fotografi che sfruttarono le sovvenzioni statali per la documentazione per mettere a punto macchinari per la ripresa dei movimenti; ciò che però possiamo sottolineare è che, grazie alla dinamicità del paesaggio urbano in cui si trovavano a operare, furono ben lieti di rompere le regole standard di ripresa fotografica sia per ottimizzare i tempi di copertura di un’area, sia per dare sfogo alle proprie inclinazioni tecnico-artistiche.

Alcune fotografie, quindi, hanno caratteristiche del tutto originali e precorrono alcuni dei metodi di riproduzione cinematografica: in alcune fotografie troviamo, ad esempio, la tecnica della “carrellata ossia una serie di fotografie scattate ad intervalli regolari, che è un metodo molto utilizzato al giorno d’oggi per la documentazione di grandi estensioni paesaggistiche.

 

Alcune serie fotografiche posso essere caratterizzate dalla tecnica del campo/controcampo, molto utile per la copertura veloce di una piazza – o di un luogo circoscritto – perché, posto un angolo di 360°, il “campo” ne riprende una porzione pari a 180° e il “controcampo” l’altra porzione di 180° (come la ripresa della vecchia Piazza di Ponte Sisto qui in basso, 1887). La panoramica, infine,  ha la stessa funzione del “campo/controcampo” ma è utilizzata per la ripresa di uno spazio aperto, come una strada.

 

 

I Piani Regolatori di Roma dal 1870 allo scoppio della Grande Guerra furono tre – 1873, 1883, 1909 – ma solo uno fu documentato; nonostante si insinui il dubbio che le documentazioni dei Piani del 1873 e del 1909 non fossero state sovvenzionate per negligenza – che pure ci fu – e malafede – visti gli interessi speculativi – possiamo individuare due motivi che parzialmente scagionano le istituzioni. Infatti, tra il 1873 e 1883 la superficie costruita e sventrata all’interno delle mura fu talmente ridotta che, effettivamente, una campagna fotografica sarebbe stata assai povera; invece nel 1909, la documentazione fotografica fu monopolizzata soprattutto dalla costruzione dei Padiglioni delle Regioni per le Celebrazioni del 1911.Per quanto riguarda la zona a Sud, abitata dalle fasce più povere della città e talvolta da baraccati, possiamo supporre che il Governo abbia fatto pressioni sulla Giunta Comunale affinché si evitasse di documentarne la trasformazione; ciò che i fotografi si sarebbero trovati a riprendere, sarebbero stati tuguri abitati da una cittadinanza poverissima ed emarginata costretta a sgombrare dalle forze dell’ordine. Per ovviare a questi “silenzi” possiamo attingere ad altre fonti fotografiche che non sono correlate strettamente ai Piani Regolatori e che, a volte, ci sono arrivate per mezzo di collezioni private.

Per quanto riguarda gli anni tra il 1870 e il 1883 possiamo fare affidamento sulla Collezione Pietro Becchetti conservata presso l’Istituto Centrale di Catalogazione e Documentazione di cui è stato pubblicato un catalogo “L’Immagine di Roma 1848-1895: la città, l’archeologia, il medioevo nei calotipi del Fondo Tuminello”. 
Per il periodo 1888-1913 è possibile utilizzare la fotografia celebrativa che copre i festeggiamenti del Cinquantenario dell’Unità d’Italia, alcune fotografie incluse nella collezione della Campagna del Piano Regolatore del 1883 (evidentemente gli impiegati del Gabinetto Fotografico Nazionale non sapevano come classificarle) e alcune vedute del pittore Ettore Roesler Franz.
Fondatore nel 1875 della Società degli Acquarellisti, si stabilì a Roma e fu uno dei primi che riconobbe il valore della fotografia come supporto alle arti figurative: infatti per creare i suoi acquerelli Roesler Franz girava per Roma fotografando quei luoghi che andavano lentamente sparendo sotto il piccone dei Piani Regolatori. La collezione “Roma Sparita”, in possesso attualmente del Comune di Roma, che comprende 119 acquerelli (inizialmente erano 120 ma uno andò smarrito a Colonia nel 1966 durante una mostra itinerante), è una delle fonti iconografiche più preziose esistenti che ricordano una Roma che non c’è più.

*Si ringrazia Roma Ieri Oggi per la gentile concessione del materiale fotografico

LE LETTURE CONSIGLIATE: