Malta: il baluardo degli Alleati

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Martina Tapinassi, Firenze –

La posizione strategica di Malta pose l’isola al centro delle sorti del Mediterraneo durante il secondo conflitto mondiale. Essa infatti proteggeva il flusso di rifornimenti che da Gibilterra venivano spediti verso l’Egitto ostacolando quelli italo-tedeschi diretti in Libia. In molti si sono chiesti perché all’inizio del conflitto l’Italia non l’avesse occupata nonostante fosse del tutto sguarnita di difese capaci di resistere ad un assedio, se facciamo eccezione per alcuni vecchi biplani inglesi.

Hitler, dapprima convinto che l’occupazione dell’isola avrebbe dovuto avere la priorità su tutto, si fece ammaliare dalla prospettiva di prendere il controllo del petrolio mediorientale e abbandonò il progetto iniziale convenuto con lo stesso Mussolini. Successivamente, una volta capito il ruolo chiave che l’isola avrebbe avuto, gli inglesi la difesero con ogni mezzo a loro disposizione: alle ondate dei bombardieri italiani e tedeschi rispondevano gli aerei della RAF e della Royal Navy mentre il Porto Vecchio della Valletta veniva controllato dagli equipaggi dei sottomarini. Il 1941 fu, forse, l’anno più difficile: si stima che l’isola sia stata una delle aree più bombardate durante tutto il conflitto da parte delle forze dell’Asse.

Una carta tematica che illustra i movimenti in mare durante la Battaglia di mezzo Agosto

La “Battaglia di Mezzo Giugno” si svolse fra il 12 e il 16 giugno 1942. Fu un vero e proprio evento disastroso per gli Alleati: la componente aerea dell’Asse, affiancata dalla Regia Marina forte della presenza dell’incrociatore Raimondo Montecuccoli, riuscì a fermare più dell’85% delle unità cariche di rifornimenti dirette a Malta. Il trasporto via mare era sicuramente una scelta azzardata. D’altro canto i britannici erano forti del sistema di decriptazione Ultra, il quale violava i messaggi cifrati della macchina tedesca Enigma, e del radar inventato dagli italiani – di cui ne erano per assurdo sprovvisti in questa occasione – che permetteva di combattere anche durante le ore notturne. Dei tre convogli britannici, due da Gibilterra e dell’unico proveniente da Alessandria d’Egitto, sei navi da guerra e diciassette mercantili erano stati affondati mentre molti altri avevano riscontrato danni di varia natura che ne avevano frenato la corsa.

A guerra finita, molti storiografi anglosassoni si sono espressi criticamente nei confronti di questa parziale vittoria italiana. Altri in modo molto più equilibrato hanno sostenuto invece la teoria di James J. Sadkovich, professore della University of Southern Mississippi, il quale sosteneva che vista

 

l’impossibilità di attuare un blocco perfetto, ci si chiede se sia possibile parlare di un insuccesso italiano, a meno che non si pretenda dai nemici dei britannici la perfezione che non è richiesta ai britannici stessi, e dunque non si accreditino ai tedeschi tutte le vittorie dell’Asse”. Sotto questo aspetto prosegue Sadkovich: “la regia marina non vinse la guerra ma bloccò per 39 mesi le forze navali ed aereonautiche britanniche e fece dell’Italia l’attore principale dell’Asse negli oltre tre anni della sua belligeranza nel Mediterraneo.

 

L’attenzione tornò su Malta a fine luglio: le forze dell’Asse furono costrette a rafforzare il numero di convogli carichi di rifornimento causa le continue minacce alleate. Lo scontro non tardò ad entrare nel vivo e subito dopo l’Operazione Pedestal: l’Ammiraglio Harold Burroug pianificò un convoglio protetto proveniente dall’Atlantico, che, facendo tappa a Gibilterra i primi del mese, attraversò poi il Canale di Sicilia. Tredici piroscafi, due petroliere, quattro portaerei, due navi da battaglia, sette incrociatori, trentaquattro cacciatorpediniere e otto sommergibili, questa la formazione comandata da Burroug e scortata da una seconda componente navale proveniente da Alessandria, sotto il nome di Operazione MG3, la quale aveva il compito di disorientare le forze nemiche.

La prima pagina della Domenica del Corriere, con il racconto della Battaglia di mezzo Agosto

La contesa per Malta maturò appunto con la “Battaglia di Mezzo Agosto”, conosciuta come la più imponente azione navale intrapresa dagli Alleati. Anche se tatticamente furono le forze dell’Asse a cantar vittoria, dal punto di vista strategico il controllo britannico sull’isola mise in crisi per tutto il conflitto le operazioni di rifornimento italo-tedesche, logorandone la forza mano a mano che passava il tempo e compromettendo gli esiti delle campagne in nordafricane. Nel corso di questo scontro l’aviazione italiana sperimentò alcune armi innovative: ne sono un esempio le bombe perforanti e le Motobombe F.F.F.. Le prime, che pesavano 640 chilogrammi, furono armate sui cacciabombardieri.

Le seconde, più snelle delle altre, venivano sganciate a cinquemila metri ed erano dotate di un paracadute che si apriva automaticamente intorno ai 130 metri di altezza. Raggiunta l’acqua compievano movimenti elicoidali per circa mezz’ora prima di autodistruggersi. Questo lasso di tempo dava però il tempo agli obiettivi di effettuare le manovre necessarie per evitare di essere colpiti: risultarono quindi tanto ingegnose quanto poco efficaci. I britannici andarono incontro a perdite pesanti, sia a livello navale che aereo, precludendo così un immediato sbarco in Nord Africa, progetto che però verrà solo rimandato ai primi di novembre del 1942, conosciuto come Operazione Torch.

 

La portaerei HMS Indomitable ripresa dal ponte di volo della HMS Victorious durante lo svolgimento della battaglia di Mezzo Agosto (Fonte: pinterest.com/aircraft-carriers)

La vicenda di Malta diede un cambiamento di rotta alla guerra nel Mediterraneo e nell’Africa settentrionale e si costituirono le premesse della battaglia di El Alamein, nella quale gli Alleati, dopo 13 giorni di combattimenti, riuscirono vittoriosi, non solo grazie all’apporto americano, ma anche in virtù dell’indebolimento dell’Asse dopo gli scontri in quel piccolo lembo di terra in mezzo al mare nostrum.

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