Storia di una città che si fece repubblica: Mahabad e il sogno d’indipendenza del popolo curdo

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Martino Longo, Roma –

Una piazza, quattro lampade ed un eroe nazionale. In questi tre elementi si racchiude la rocambolesca parentesi storica di una piccola città del nord dell’Iran fatta per undici mesi Repubblica, che ha segnato indelebilmente la storia del popolo curdo. Geograficamente, Mahabad sorge a sud del lago Urima, non lontano dal confine che separa Iran ed Iraq. La città è tutt’ora abitata in maggioranza dai curdi, discendenti degli antichi Medi, una popolazione di origine persiana che ha sempre abitato l’altopiano iranico. Una terra in cui per secoli sono transitate conoscenze, scoperte, culture, merci e saperi, crocevia tra Occidente ed Oriente. È proprio in questo territorio che il popolo curdo ha fissato la propria identità; ed è proprio qui nelle sue montagne che il Kurdistan ha la sua anima.

Per secoli infatti i curdi sono stati assoggettati dagli imperi vicini – persiano e ottomano – ma nonostante ciò mai hanno rinnegato le proprie radici. Infatti quello Curdo è il dramma di un popolo, che con fierezza ha sempre difeso la propria identità millenaria e che tenta oggi di perseguire con ogni mezzo il riconoscimento dei suoi diritti, un’indipendenza politica temuta dai popoli vicini e perciò ostacolata, una richiesta che non trova risonanza, che sembra muta nonostante le grida d’un popolo che conta 20 milioni di anime. La questione Curda ben rappresenta nel suo dramma la fragilità di un Medio Oriente ormai fuori controllo che da tempo ha perso la sua stabilità. Infatti con la fine dell’impero Ottomano è venuto meno l’equilibrio instaurato da secoli di convivenza fra le varie etnie, che lo componevano. Convivenza peraltro già in crisi da tempo a causa delle infiltrazioni europee nei territori e nei mercati ottomani già nel XIX secolo, quando l’impero era considerato il grande malato, e tutte le grandi potenze pronte ad accaparrasi le su vesti.

Ma fu con la firma dei trattati di pace di Losanna che si sancì la cronica instabilità di tutta la regione. Infatti non rispettando gli accordi stipulati nel trattato di Sèvres e tradendo il wilsoniano principio di autodeterminazione dei popoli, così minuziosamente applicato in Europa, si preferirono seguire, le profetiche e prolifere vie indicate dalle società francesi ed inglesi che si spartirono i territori da sfruttare, tenendo conto esclusivamente dei propri guadagni. Così il popolo curdo si ritrovò diviso in quattro entità statali differenti – Turchia, Siria, Iraq ed Iran – ma continuando a lottare e rivendicare la propria identità etnica, che più volte è stata rinnegata e che tutt’oggi vuole essere cancellata come in Turchia ed in Iran. Nel corso degli anni però l’unico caso di uno stato Curdo indipendente è rappresentato dalla breve esperienza della Repubblica di Mahabad.

Un discorso pubblico di Mustafa Barzani durante gli anni della Repubblica di Mahabad

Mahabad fu infatti il centro in cui nacque e si sviluppò il movimento nazionalista curdo. Nella città fu fondato il 16 agosto 1943 il Komala i Zhian i Kurdistan (“Comitato della vita del Kurdistan”), un movimento fortemente nazionalista e conservatore, a cui potevano aderire solo coloro che avevano entrambi i genitori curdi, eccezion fatta per chi aveva madre assira. Al Komala (JK) aderirono tutti i membri dell’intelligencija e della piccola borghesia di Mahabad, protagonisti dell’esperienza Repubblicana. Solo in seguito furono accettati i capi tribù, altra importante guida del popolo curdo, data la sua natura tribale. Questi guardarono sempre con diffidenza alla questione nazionalistica, che avrebbe potuto rappresentare per loro una perdita di potere. Perciò decisero di entrare a far parte del JK, per controllare dall’interno il movimento. Infatti la struttura militare, era totalmente in mano ai capi tribù, i soli a poter garantire l’arruolamento degli uomini, che era legati a loro mediante rapporti di tipo feudale.

Il Komala era un’organizzazione clandestina, con una struttura basata su piccole cellule segrete che rispondevano ad un comitato centrale situato a Mahabad. Il JK ebbe una grande diffusione non solo sul territorio iraniano, ma anche in Siria, Iraq, Libano e Turchia questo a sottolineare la forte carica nazionalista che il JK propugnava. Ciò diede al movimento una natura transnazionale, che permise di connettere per la prima volta tutte le realtà curde, superando perciò sia le divisioni di natura territoriale sia quelle date dalla diversa ideologia dei movimenti. Infatti l’organizzazione dei deportati curdi in Libano e il partito curdo-iracheno Hiva furono a stretto contatto con il JK, che mirava proprio tra i suoi primi obiettivi a superare le divisioni interne al popolo . Come si evince da uno dei primi articoli del giornale di partito, Nishtiman (in curdo “Madreterra”):

 

Il JK considera l’ostilità. La disunione e la lotta per i limitati tornaconti personali tra i curdi, dei grandi ostacoli al progresso. Perciò il JK attira l’attenzione sull’unità fra i curdi e sulla lotta per la liberazione dei curdi e del Kurdistan.

 

Il JK aveva grandi ideali di progresso e civilizzazione per il popolo curdo, ma la sua natura sovversiva e la sua condizione di clandestinità non gli permettevano di presentarsi limpidamente alle conferenze che, dopo la seconda guerra mondiale, avrebbero ridefinito gli ordini mondiali. Era dunque chiaro che il Komala andasse riformato e questo apparve ancora più nitido quando Qazi Muhammad fu eletto a membro del JK. Qazi era, una figura di rilievo a Mahabad e la sua entrata nel movimento significava rivuluzionarlo, poiché era chiaro che il leader curdo avrebbe presto polarizzato attorno alla sua figura tutte le forze del Komala. Qazi infatti era membro della famiglia più influente della città, giudice e leader religioso, aveva assunto ruolo di guida politica da quando nel febbraio 1945 erano state scacciate dalla città le ultime forze del governo centrale iraniano. Diventando così quasi naturalmente la personalità di spicco nel JK tanto che la sovietica VOKS – associazione sovietica addetta allo scambio culturale tra l‘URSS e gli altri paesi – lo riconobbe come principale interlocutore nella sua vista a Mahabad, di fatto  legittimandolo come leader assoluto del Komala.

Qazi così promosse un avvicinamento all‘URSS, ottenendo oltre agli scambi culturali, promesse di futuri aiuti militari. Questo cambiava radicalmente l’identità del Komala, che sembrava ormai superato dalla necessità del movimento curdo di apparire radicalmente nuovo. Infatti alle porte della fine della II Guerra mondiale e delle conferenze che avrebbero ridisegnato il Medio Oriente, il JK doveva abbandonare la sua natura clandestina e sovversiva, per potere essere una voce forte e chiara sotto la quale i curdi potevano far valere le proprie richieste . In virtù di ciò nell’ottobre del 1945 fu proclamata la nascita di un nuovo soggetto politico: il Partito Democratico del Kurdistan (PDK), sotto la leadership di Qazi Muhammad. La nuova forza politica, che aveva forti legami con i sovietici, contemplava nel suo programma libertà e autogoverno nell’ambito dello Stato iraniano, uso della lingua curda nelle scuole e negli atti amministrativi, sviluppo dell’agricoltura e del commercio, miglioramento delle condizioni economiche mediante lo sfruttamento delle risorse naturali del territorio.

Piazza Cuwar Cira il giorno della proclamazione dell’indipendenza

La creazione del PDK per il movimento curdo dunque fu il primo passo verso la proclamazione dell’autonomia, che avvenne il 22 gennaio 1946. Qazi Muhammad, sotto  l’egida sovietica e l’appoggio militare del leader curdo-iracheno Molla Barzani, proclamò a Mahabad, nella piazza principale Cuwar Cira – Piazza Quattro Lampade   la nascita della Repubblica, il cui piccolo territorio comprendeva: Mahabad con 16.000 abitanti, Bokan, Naqadeh e Oshnavieh. I curdi non miravano a distaccarsi dall’impero iraniano , come dimostra anche la bandiera a bande orizzontali che richiamava quella iraniana: verde, bianca e rossa;  Mentre le altre figure presenti in essa simboleggiavano le richieste curde: il sole nascente,  il riconoscimento dell’autonomia  –  il grano rimarcava la libertà della terra, mentre la penna la centralità dell’istruzione.

Muhammad venne eletto presidente. Fu creato un parlamento con tredici membri ed un esercito guidato da quattro generali, uno dei quali era Barzani, uno dei leader più importante del Kurdistan Iracheno, che era a capo del contingente più numeroso, disciplinato ed agguerrito, formato appunto da curdi iracheni. Il governo fu il primo nella storia curda a porsi il problema di uno sviluppo democratico. Qazi infatti mirava a fare di Mahabad il centro della cultura e del nazionalismo curdo: fu qui fondato, ad esempio, il primo teatro curdo, le donne iniziarono a svolgere un ruolo attivo nella vita sociale, il curdo divenne la lingua ufficiale della Repubblica  e fu dato grande slancio al programma educativo. Tutto ciò rappresentava un modello quanto mai liberale in tutto il Medio Oriente, avendo inoltre coinvolto la maggioranza della popolazione. La Repubblica però era estremamente debole e legata all’occupazione dell’Armata Rossa nel nord dell’Iran che le garantiva sicurezza e protezione. Quando dunque i sovietici raggiunsero l’accordo per l’evacuazione dell’Iran, ottenendo una consistente  concessione petrolifera, la fragile entità curda capitolò.

Quando l’ Armata Rossa lasciò l’Iran nel maggio 1946, Qazi si recò a Teheran per trattare la resa, ma non concluse nessun accordo. Così l’esercito iraniano avanzò verso la riconquista della regione curda, schierando circa ventimila uomini, mentre l’esercito curdo disponeva di tredicimila uomini, tutti irregolari. Lo scontro era impari, ma i Peshmerga onorando il proprio nome – “colui che è di fronte alla morte” – resistettero fino a dicembre, quando le truppe iraniane entrarono a Mahabad. Il presidente Qazi Muhammad fu arrestato e dopo un breve processo, impiccato all’alba in quella stessa piazza, in cui, undici mesi prima, aveva proclamato la nascita della prima Repubblica curda. Da allora divenne usanza dare il nome Cira alle neonate in suo onore.

Mustafa Barzani

Da sottolineare è la celerità della fine dell’esperienza della repubblica. Il motivo va ricercato certamente nel mancato appoggio sovietico e nella scarsa coesione fra le diverse tribù non inclini a cedere potere ad un governo centrale. Influì inoltre la grande contraddizione che vedeva il potere militare in mano alle tribù, gelose della loro influenza sul popolo e la guida del movimento nazionalista proveniente dalla popolazione urbana. La repubblica curda, fondata su elementi progressisti, perciò fu sempre vista con diffidenza ed ostacolata dai capi tribù. La repubblica di Mahabad ebbe vita breve, ma assunse una grande valenza storica. I curdi per la prima volta avevano ottenuto un’autonomia formale, alimentando i sogni per un futuro “grande Kurdistan”  libero, per questo rimangono ad oggi indelebili i simboli e gli eroi di quell’avventura.

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