Esser donne nella Roma antica: la rappresentazione femminile nelle monete imperiali

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Juan Gimenéz Martin, Tocador de una matrona romana (fine XIX secolo)

Martina Tapinassi, Firenze –

Donne e monete

Le monete romane non furono solamente un’innovazione economica ma anche un potente veicolo di propaganda. Per gli studiosi queste sono anche una preziosissima fonte per poter ricostruire la ritrattistica degli imperatori e delle donne che gli furono accanto. Il ruolo della donna e la sua evoluzione nel corso delle varie dinastie, risulta evidente quando la loro raffigurazione passa dall’essere relegata al R/ (retro) ad imporsi al D/ (dritto) delle monete. Anche nelle diverse acconciature viene riflessa la loro crescente ingerenza nel potere imperiale e nel panorama politico.

 

Le Auguste nelle varie emissioni

I ritratti delle Auguste fotografano la moda del tempo. Di fatto, durante l’impero, la moda delle acconciature veniva dettata proprio dalle donne della famiglia imperiale e grazie alle monete veniva diffusa per tutto l’impero. Gli aristocratici provinciali seguivano attraverso esse la moda di Roma.

Di seguito cercherò di fare un breve excursus su alcune rappresentazioni che, nella mia analisi, mi sono sembrate degne di nota per questo lavoro di ricostruzione iconografica sulle acconciature femminili.

 

I Giulio-Claudi

Tiberio in alcuni dupondi celebra al R/ busti femminili di Iustitia, Salus e Pietas, con l’indicazione di questi termini a grandi lettere e senza abbreviazioni, sotto ai busti femminili. Lo storico numismatico britannico Harold Mattingly, nel suo Coins of the Roman Empire in the British Museum, sostiene che si tratti di una rappresentazione in incognito della madre dell’imperatore, Livia Drusilla. La donna è raffigurata con un’acconciatura molto semplice: un piccolo chignon. È infatti possibile che Tiberio volesse onorare la donna senza specificarne l’identità, ritenendo il tempo prematuro per applicare lo ius imaginis delle donne della famiglia imperiale al conio, che invece già era agito in altre forme artistiche.

Gaio Caligola è stato il primo imperatore a celebrare apertamente le donne della sua famiglia sulle monete, senza ricorrere ad allusioni o sottintesi. Le donne fino a questo momento erano state esclusivamente riprodotte come personificazioni delle virtù. Le zecche di Roma e Lugdunum (colonia romana in Gallia) emisero aurei e denari che presentavano al R/ il busto di Agrippina madre e al D/ la testa nuda di Gaio Caligola. Ma la moneta più significativa nell’iconografia monetale femminile è sicuramente un sesterzio raffigurante le tre sorelle dell’imperatore: Agrippina minore, Drusilla e Giulia. Le tre sorelle erano raffigurate rispettivamente come Concordia, Securitas e Abundantia, virtù necessarie allo Stato. Esse erano del tutto estranee all’esercizio del potere imperiale e questa non può essere considerata una celebrazione con specifica intenzione dinastica, ma di certo vuol essere un messaggio di impegno dell’intera famiglia imperiale verso l’interesse pubblico, tema che sarà ripreso di frequente in tempi successivi. Al D/ si trova la testa stavolta laureata di Gaio e al R/ le tre sorelle con l’indicazione dei loro nomi (AGRIPPINA DRVSILLA IVLIA).

Un altro esempio di personificazione di virtù si ha durante il principato di Claudio, quando la madre Antonia emise denari e aurei con la figura di Constantia, rappresentata con torcia e cornucopia. Alcuni studiosi pensano che questa figura femminile fosse Antonia stessa, adorna di questa virtù.

Nerone, negli anni 54-55, emette a Roma i suoi primi aurei e denari. Questi portano al D/ il ritratto di Agrippina accanto al figlio. Risaltava di colpo come lei fosse l’effettiva reggitrice del potere imperiale. La situazione risultava ambigua: era contro il costume romano che una donna fosse al potere, seppure giustificata dal fatto che Nerone fosse stato eletto imperatore solo per meriti dinastici e fosse ancora impreparato a ricoprire questo ruolo per colpa della giovane età. Nella composizione oggetto del discorso, non solo la scritta privilegia Agrippina in ordine di citazione, ma il nome della madre è in nominativo e quello di Nerone in dativo, dando conferma che il potere di fatto fosse nelle mani della donna. L’immagine di Agrippina testimonia l’abbandono della scriminatura centrale dei capelli, tipica dei tempi precedenti. Nell’epoca neroniana veniva portata una frangia riccia corta a coprire parte della fronte, mentre il resto della chioma veniva raccolta in due trecce fermate con un nodo o addirittura cucite fra loro con ago e filo.

 

I Flavii

Galba, durante il suo governo, emette numerose monete incentrate sulla personificazione di divinità e virtù. Anche se non rappresentano specificatamente le donne della famiglia imperiale, queste monete sono importanti per ricostruire la ritrattistica del tempo. Difatti, per la realizzazione di queste immagini, venivano comunque prese a modello fanciulle in carne e ossa. Ne è un esempio un denario che reca D/ un busto femminile definito dalla scritta LIBERTAS e al R/ due pugnali a simbolo di tirannicidio e libertà, evidentemente celebrativo dell’assassinio di Cesare. Emette anche alcuni aurei raffiguranti la Fortuna, impersonata da una donna con un piede sul globo terracqueo nell’atto di sacrificare un’ara accesa e un remo. I suoi successori, Otone e Vitellio, raffigurano altrettante virtù come Pax, Securitas, Victoria e Fides.

Vespasiano è invece il primo a personificare l’Aeternitas, raffigurata velata con il Sole, la Luna, gli Astri Perenni e un’ara accesa. Dedica un sesterzio anche alla Dea Roma che siede sui 7 colli accanto alla lupa che allatta i gemelli e la personificazione di Tevere, sdraiato sulle rocce accanto alle canne palustri.

Domiziano ripropone l’immagine di una Augustea: su alcuni sesterzi ritroviamo il ritratto della moglie Domizia. Viene raffigurata al R/ seduta su di un trono, velata e drappeggiata nell’atto di protendere la mano verso un fanciullo (il figlio che aveva perso). Questi reperti sono di notevole rendimento fisiognomico, specificatamente per l’acconciatura, che Gian Guido Belloni ci descrive così: “i capelli a ciocche avvolte a spirali raccolti in crocchia sulla nuca e sulla fronte in una massa di riccioli accuratamente elaborati”.

 

Gli Antonini

All’epoca di Traiano una figura insolita compare sul R/ di alcuni aurei: è la personificazione della Germania. Stavolta la donna non appare sconfitta o prigioniera ed è raffigurata a petto nudo, con i lunghi capelli intrecciati e seduta su alcuni scudi oblunghi.

Plotina, moglie di Traiano, viene ricordata su alcune monete di Adriano, quasi a voler ostentare il principio dinastico. Essa verrà infatti definita mater. Al R/ è il suo busto drappeggiato e i capelli sono acconciati a massa sulla fronte e raccolti in una coda che scende dalla nuca lungo il collo. Sempre attribuibile al tempo di Adriano è un aureo emesso in onore di Matidia, nipote di Traiano, che al D/ ripropone la figura di Plotina. La moglie stessa di Adriano, Sabina, non compare subito nella monetazione: è possibile che fossero stati emessi aurei in tiratura così limitata da non pervenircene neanche un esemplare. Successivamente alla titolatura di Augusta, vengono diffusi aurei che la ritraggono elegantissima con la chioma impreziosita da un diadema. Con lei si raggiunge il più alto livello estetico di acconciature.

Antonino Pio fece emettere nel 138-139 aurei e denari con al D/ il busto della moglie Faustina, drappeggiata e con i capelli raccolti in un complicatissimo intreccio tenuto insieme da nastri e perle. Negli anni successivi ci furono molte emissioni a lei dedicate, soprattutto dopo la sua morte. L’imperatore, in onore della sposa deceduta, fondò un’istituzione a soccorso delle orfane indigenti (Puellae Faustinianae) di cui troviamo un aureo celebrativo ricco di dettagli.

Commodo dedica alla moglie Crispina un aureo e un denario, del tutto uguali nella forgia. Al D/ il busto della donna, coi capelli intrecciati e raccolti sopra la nuca, al R/ una grande ara inghirlandata e accesa.

 

I Severi

La gran parte delle monete di Settimo Severo dedicate alla moglie Giulia Domna, non furono coniate solo come atto dovuto ma come riconoscimento genuino dei meriti di una donna eccezionale che molto aveva fatto per l’Impero e per la nuova dinastia dei Severi, senza peraltro pensare a sostituirsi all’imperatore. La costante presenza della donna accanto al marito durante le spedizioni militari valse all’Augusta la concessione del titolo di mater castrorum. È sempre raffigurata con pettinature pesanti, arricchite da parrucche che coprono tutta la testa o con un grande chignon “a tartaruga” dietro la nuca.

Elagabalo dedicò alla nonna, Giulia Maesa, e alla madre, Giulia Soemia, parecchie emissioni soprattutto di denari. In particolare voglio ricordare un denario con al D/ il busto di Giulia Maesa, il cui profilo è realisticamente spigoloso, e al R/ la personificazione della Pietas velata.

In Orbiana e Giulia Mamea, rispettivamente moglie e mamma di Alessandro Severo, c’è finalmente un ritorno alla semplicità e alla naturalezza: viene riproposta anche l’acconciatura a “spicchi di melone”, diffusissima in età repubblicana.

Filippo II celebra nel conio i genitori: Filippo I è raffigurato laureato e corazzato e Otacilia diademata e drappeggiata.

Man mano che si procede verso la fine dell’impero le emissioni diventano sempre più numerose, fenomeno che provocò una profonda inflazione e con gli ultimi imperatori la tematica numismatica è ridotta al minimo.

 

Conclusioni

I temi trattati nelle emissioni raffiguranti la componente femminile della dinastia Giulio-Claudia, sono relegati ancora al R/ e ancora piuttosto limitati alla commemorazione funebre o dinastica. I Flavi e gli Antonini ampliano il campo di rappresentazione, includendo divinità e personificazioni di virtù, estensione obbligata nella visione del ruolo di imperatore di un regno universale. Si può affermare che attraverso le monete dedicate alle Auguste ci è possibile ripercorrere una storia in chiave femminile delle vicende dell’Impero Romano.

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