La Chiesa e gli eretici: la crociata contro i Catari nel XIII secolo

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Matteo Beccari, Roma –

Nell’ambito dei movimenti ereticali si possono distinguere due filoni principali: quello pauperistico-evangelico, rappresentato ad esempio da Umiliati e valdesi, e quello a cui le fonti attribuiscono posizioni dualistiche,  identificabile con i catari. Ma chi erano i catari? Partiamo dall’inizio.

Nel 1143, l’abate premostratense Ervino di Steinfeld scrisse a Bernardo di Chiaravalle una lettera per invitarlo a Colonia, in Renania, dove il popolo, pervaso “da uno zelo eccessivo”, aveva bruciato sul rogo alcuni eretici. Ervino denunciava infatti la presenza in città di due gruppi di eretici: il primo che non aveva una vera e propria organizzazione, criticava semplicemente il clero, che riteneva corrotto perché troppo attaccato ai beni materiali. Il secondo gruppo invece affermava di rifarsi direttamente al cristianesimo delle origini; non contenti, affermavano inoltre che la loro dottrina era nata in Grecia ( e qui non dobbiamo pensare all’odierno Stato, bensì a un territorio che si estendeva verso gli odierni stati slavi).

Guglielmo Giraldi, Inferno canto X: Farinata e Cavalcante (1480-82)

Il termine “cataro” deriva dalla parola greca “katharos” ovvero puro, perfetto. Questo termine fu già usato in passato dalla chiesa, nel IV secolo, per indicare alcune eresie come il montanismo. Lo ritroviamo così nel 1200 grazie ad Alano di Lilla, che nel suo De Fide catholica, propose un collegamento del termine “cataro” con la parola “kater”, gatto, animale spesso usato per rappresentare Lucifero. Con il passare del tempo le fonti iniziarono a definire i catari con delle connotazioni geografiche, come ad esempio albigesi, dal nome della città di Albi che si trova nella Provenza e che era considerata come la roccaforte del pensiero cataro. Oppure bulgarus, in francese bougres, che significava si bulgaro ma nel francese del tempo era sinonimo anche di tipaccio/tipo losco.

Perché per la chiesa cattolica i catari erano degli eretici? Secondo quanto ricordano le fonti, i catari ponevano la questione dell’origine del male e, pur rifacendosi al cristianesimo, affermavano l’esistenza di un Dio malvagio, creatore del mondo terreno. La dottrina catara quindi, affermava un dualismo totale, in quanto Satana, creatore malvagio della materia e quindi del mondo, avrebbe ingannato il Dio Luminoso, presentandosi a lui come angelo onesto e, contemporaneamente, irretendo gli altri angeli con le seduzioni del mondo terreno, in particolare la bellezza femminile e il fascino del potere. In questo modo Satana sarebbe riuscito a imprigionare gli altri angeli nella materia e li avrebbe condannati alla dannazione eterna; se un angelo, Cristo, non avesse accettato di condividere la condizione materiale degli uomini, indicando così l’unica via di salvezza possibile.

Per i catari infatti, l’uomo non è altro che un frammento di spirito imprigionato nella materia. Per questo i catari rifiutavano l’incarnazione di Cristo, la sua nascita mortale e rinnegavano il ruolo di mediazione fra uomo e Dio affidato alla Vergine. Inoltre rifiutavano il matrimonio, il giuramento e la guerra. L’escatologia catara così severa nei confronti della vita terrena, era decisamente ottimista rispetto a quella ultraterrena, infatti la continua trasmigrazione delle anime avrebbe permesso a tutti di raggiungere la gloria del Cielo, senza che ci fossero né un Giudizio universale né un Inferno, questo perché l’aldilà era solo perfezione. In più da un punto di vista sociale, i catari, non ammettevano nessuna forma di proprietà né individuale né collettiva: le loro chiese non possedevano patrimoni fondiari o diritti signorili e non riscuotevano le decime.

C’è inoltre da sottolineare come, l’eresia catara, non sia circospetta alle sole zone della Provenza e della Linguadoca, ma si diffuse soprattutto nelle regioni più dinamiche sul piano economico, sociale e culturale, come ad esempio la Borgogna, le Fiandre, l’Italia centro-settentrionale e la Spagna orientale. Alla fine del XII secolo però, il fenomeno cataro aveva raggiunto una dimensione europea, tanto che in alcune regioni mandò in crisi la presenza esclusiva della Chiesa cattolica. Inizialmente i papi inviarono dei legati, che però non portarono i risultati sperati. Inoltre abbiamo il fallimento della terza crociata nel 1189, che aggiunse un generale senso di malcontento per il dispendio di energie contro nemici lontani, invece di concentrarsi su problemi più vicini. Si erano delineati così i presupposti per provvedimenti drastici, come la legittimazione della “guerra santa” contro i nemici della fede, anche se dentro la comunità cristiana.

La cacciata dei catari da Carcassonne, in una miniatura del tempo

Da questo momento in poi, la Chiesa si servì della croce come per abbattere non soltanto gli infedeli, ma anche tutti i nemici e gli avversari politici del papato. Già nel 1179,  con il terzo Concilio lateranense, si stabilì l’estensione dei benefici previsti per i crociati che partivano per la Terra Santa, a tutti coloro che avessero combattuto contro gli albigesi. Fu un vero e proprio colpo di scena, poiché si snaturava l’idea stessa che stava alla base della crociata, ovvero quello di salvaguardare la pace interna all’Occidente, incanalando tutte quelle tensioni politiche e inquietudini presenti tra la nobiltà, verso Oriente.

Così nel 1209 papa Innocenzo III bandì la crociata contro gli albigesi. Questa fu una crociata condotta in un paese cristiano, che durò vent’anni. Ovviamente la crociata nacque per riaffermare pienamente la teocrazia papale, ma il luogo in cui si svolse non ha assolutamente un che di secondario. Come ricorda lo storico Jean-Louis Biget, la contea di Tolosa nel XIII secolo fu al centro dell’interesse di tutte le potenze confinanti: il duca d’Aquitania, il re d’Inghilterra, il conte di Barcellona, il re d’Aragona e il re di Francia. La dissidenza interna quindi, si presentava come ottimo pretesto per intervenire in armi. Le truppe cattoliche, soprattutto quelle guidate dal barone dell’Ille-de-France, Simone di Montfort, compirono ogni genere di brutalità.

Un momento della lotta alle eresie: il rogo

Il cronista cistercense Cesario di Heisterbach riporta che durante il massacro di Béziers, alcuni catari  trovarono rifugio insieme a dei cattolici in una chiesa.  Fu allora che il legato pontificio Arnaud Amaury non potendo distinguere gli eretici diede il famoso ordine: “uccideteli tutti, Dio riconoscerà i suoi”. Una delle pochissime fonti a favore dei catari è rappresentata dalla Chanson de la Croisade alibigeoise, scritta in lingua d’oil, redatta a Tolosa nel 1275 e modellata sullo schema della chanson de geste, che rispecchiava i sentimenti degli abitanti della Francia meridionale. Quest’ultima fonte descrive in questi termini il massacro di Marmande del 1219:

 

Le armate cattoliche corsero nella città, agitando spade affilate, e fu allora che cominciarono il massacro e lo spaventoso macello. Uomini e donne, baroni, dame, bambini in fasce vennero tutti spogliati e depredati e passati a fil di spada. Il terreno era coperto di sangue, cervella, frammenti di carne, tronchi senza arti, braccia e gambe mozzate, corpi squartati o sfondati, fegati e cuori tagliati a pezzi o spiaccicati. Era come se fossero piovuti dal cielo. Il sangue scorreva dappertutto per le strade, nei campi, sulla riva del fiume.

 

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