Come conquistammo lo Spazio: le radici dell’esplorazione spaziale tra letteratura, scienza e tecnologia

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Stefano Bernardinello, Firenze –

Il 27 settembre 2016 al Congresso Internazionale di Astronautica, Elon Musk, visionario proprietario di Paypal, Tesla e SpaceX, prima azienda privata a lavorare nello spazio, ha delineato un primo piano per colonizzare Marte in tempi relativamente brevi, intorno al 2030.

Questo annuncio ha segnato un nuovo passo nella breve storia dell’esplorazione umana dello Spazio. Una conquista preceduta da un lungo percorso in cui si intrecciano almeno tre tipologie di personaggi: scienziati, letterati e militari.

In principio, però, è necessario chiarire due concetti fondamentali: il primo è quello di “Spazio”, inteso come tutto ciò che è ubicato oltre l’atmosfera terrestre cioè oltre la Linea di Karman, linea immaginaria a circa 100 km dal livello del mare, dove le leggi dell’aerodinamica lasciano il posto a quelle della gravità.

L’altro è “astronautica” cioè la teoria e la pratica dell’esplorazione spaziale, la navigazione umana al di fuori dell’atmosfera terrestre. Il termine venne coniato negli anni ’20 da J.H. Rosny, presidente dell’Academie Goncourt di Parigi. Egli non era uno scienziato ma uno scrittore di fantascienza, prova dell’importanza dei letterati in questo percorso per la loro capacità di anticipare ed ispirare i progettisti e i ricercatori.

 

 

Le basi matematiche degli attuali viaggi spaziali furono teorizzate già da importanti scienziati tra Sei e Settecento come Isaac Newton, Eulero o Joseph Louis Lagrange. I progressi matematici furono accompagnati da un progressivo perfezionamento del mezzo che ci avrebbe portato nello spazio: il razzo.

La comparsa di questo oggetto, composto da una miscela di polvere da sparo inserita all’interno di un cilindro di bambù, sarebbe avvenuta nella Cina della dinastia Song nel XIII secolo; abbiamo la prova dell’utilizzo di razzi a combustione intera, simili a dei fuochi d’artificio, già durante i festeggiamenti che l’imperatrice madre Gongsheng diede per suo figlio Lizong nel 1264.

Sebbene già comparsi in Europa durante il Rinascimento, il vero salto di qualità si ebbe con il loro perfezionamento per scopi bellici: tra l’agosto e il settembre del 1807, durante le guerre napoleoniche, la città di Copenaghen fu bombardata da circa 40mila razzi Congreve, primi missili d’acciaio progettati dal colonello inglese William Congreve a partire da un modello ideato alla fine dell’XVIII secolo da Tipu Sultan, figlio del sovrano di Mysore in India.

E’ possibile che il passaggio dall’utilizzo dei razzi per scopo ludico o bellico ad un possibile loro impiego nell’esplorazione dello spazio fu incentivato dalla prima letteratura fantascientifica; questo genere letterario, nato ufficialmente nella seconda metà del XIX secolo, ipotizzò, per la prima volta, la possibilità di abbandonare il proprio pianeta d’origine.

Il tema del viaggio verso lo spazio, soprattutto la Luna, non era sconosciuto alla letteratura precedente: nel II secolo il greco Luciano di Samosata nel La Storia Vera, narrazione di un viaggio fantastico oltre le colonne d’Ercole, descrisse la prima spedizione sulla Luna.

Ma il riferimento più famoso, nella letteratura italiana, è il viaggio che Astolfo fece sul nostro satellite per recuperare il senno perduto di Orlando nell’opera cinquecentesca di Ludovico Ariosto, l’Orlando Furioso.

La nascita della vera e propria letteratura fantascientifica diede un impulso alla narrazione di possibili tentativi di raggiungere vicini corpi celesti attraverso tecnologie, in qualche modo, reali: Jules Verne nel 1865 pubblicò Dalla Terra alla Luna, racconto del viaggio effettuato verso il nostro satellite grazie ad un modulo sparato da un potentissimo cannone; H. G. Wells nel 1896 editò La guerra dei mondi nel quale i marziani sarebbero arrivati sul nostro pianeta grazie a grandi navicelle a forma di cilindro.

 

G. Méliès, Le voyage dans la lune (1902)

 

Non solo la letteratura venne influenzata dalla curiosità verso il cosmo ma anche la filosofia, dominata dalle correnti positiviste, vide rivolgersi la propria attenzione verso lo Spazio: il “cosmismo” russo, nato dalle idee di Nikolaii Federov, ipotizzò che l’uomo, grazie alla scienza, avrebbe dominato le forme della Natura e, dopo aver sconfitto la morte, avrebbe iniziato il proprio viaggio di esplorazione dello Spazio con l’obiettivo di divenire una costante dell’evoluzione cosmica.

La corrente filosofica fu fondamentale non solo sul piano delle idee ma anche per la teorizzazione dei primi risultati scientifici nell’esplorazione dello spazio: infatti appartenne ai cosmisti il padre del volo spaziale e della propulsione missilistica, Konstantin Ciolkovskij.

Egli fu uno dei più grandi scienziati russi del periodo; autodidatta, si interessò fin dai primi anni di studio alla possibilità di utilizzare la tecnologia dei razzi per poter raggiungere altri pianeti; intuizione teorica fin dal 1896, divenne con il tempo una realtà scientifica. Tale lavoro portò alla creazione del “equazione del razzo” – in realtà già teorizzata per scopi militari da William Moore nel 1813 e da Casimir Erasme Coquillart nel 1873 – con la quale lo scienziato descrisse il moto di un corpo di massa variabile nello spazio.

La formula è, ancora oggi, alla base della tecnologia utilizzata per i veicoli spaziali. La legge presenta, matematicamente, l’utilizzo di vari pezzi assemblati insieme da sganciare uno dopo l’altro per far aumentare la velocità di un razzo: l’equazione afferma, infatti, che l’incremento della velocità di un oggetto può avvenire grazie all’espulsione di parte della sua massa nel senso opposto a quello in cui si volge la direzione l’oggetto.

Nel 1903 pubblicò L’esplorazione dello spazio cosmico per mezzo di motori a reazione testo fondamentale per la valorizzazione scientifica dell’esplorazione dello spazio. Molte tematiche trattate nel libro furono troppo avveniristiche per la tecnologia del tempo ma segnarono l’inizio del percorso scientifico dell’astronautica.

 

Konstantin Ciolkovskij

 

Sebbene il libro di Ciolkovskij fosse semisconosciuto al grande pubblico, quelli furono anni fondamentali per lo sviluppo della tecnologia che avrebbe portato il primo oggetto prodotto dall’uomo nel cosmo. I primi decenni del ‘900 furono un momento di grandi passi avanti nel mondo della missilistica.

Il più importante, per l’utilizzo sistematico effettuato nei successivi mezzi spaziali, fu la teorizzazione dell’impiego di un nuovo combustibile: non più un carburante solido – polvere da sparo o derivati – ma propellente liquido, fatto che migliorava le prestazioni del volo.

Il 16 marzo 1926 l’ingegnere americano Robert Goddard lanciò, nelle campagne del Massachusetts, il primo razzo a combustione liquida. Il volo non fu particolarmente rilevante, durò 30 secondi e il mezzo si alzò di 14m, ma, come pochi anni primi la “planata” dei fratelli Wright, aprì una nuova fase della tecnologia.

Da quel momento fu un susseguirsi di lanci di razzi di questo nuovo tipo: nel 1929 l’austriaco Hermann Oberth fece volare il Kegeldüse, nel 1933 Sergei Korolev e Friedrich Zander lanciarono il primo razzo a combustibile liquida dell’Unione Sovietica. La tecnologia era ormai pronta al salto verso lo spazio ma non bastarono le menti degli scienziati e degli ingegneri per completare l’ultimo pezzo in direzione del cosmo.

 

Hermann Oberth ispeziona il Kegeldüse di sua creazione

 

Fu fondamentale, ancora una volta, la componente militare: durante il periodo di avvicinamento alla Seconda Guerra Mondiale, la potenzialità bellica di questi nuovi oggetti volanti venne compresa dalle forze armate di vari paesi.

Nel 1939 il Project Development Establishment venne fondato in Gran Bretagna per lo sviluppo di missili a scopo bellico; nello stesso anno l’Unione Sovietica perfezionò il Katyusha, il primo lanciatore multiplo di missili.

Il vero dominatore della tecnologia missilista dell’epoca fu la Germania nazista: nel 1937 venne fondato, in un’ isola del Baltico tedesco, Peenemünde, il centro di ricerca sulle armi divenuto famoso come base di lancio dei missili V-1 e V-2.

In particolare un lancio del secondo razzo, ideato da un allievo di Oberth, Wernher von Braun, segnerebbe l’ideale fine del nostro viaggio: il 20 giugno 1944 il missile MW 18014 fu il primo oggetto umano ad oltrepassare la Linea di Karman, avendo raggiunto un apside di 176 km, divenendo il primo oggetto costruito dall’uomo ad uscire dall’atmosfera.

Quel lancio, oggi, non viene considerato come l’inizio dell’era spaziale, primato detenuto dal lancio dello Sputnik 1 nel 1957, primo oggetto a raggiungere quota orbitale.

La via, però, era ormai aperta e l’uomo poté concretamente sperare di raggiungere le stelle: non fu un caso che il progettista del Saturn V, il missile delle missioni Apollo verso la Luna, fosse lo stesso Wernher von Braun.

 

 

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