Il Romanico: architettura di un’espressione culturale in movimento

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Valentina Quitadamo, Torino –

L’architettura romanica si manifestò, nell’occidente cristiano europeo, a partire dalla fine del X sino al XII secolo. In questo contesto andremo ad analizzare e scoprire quali siano state le motivazioni che spinsero la società medievale a ricercare un nuovo modo di costruire e intendere l’architettura,  approfondendone le caratteristiche peculiari.

Il termine Romanico fu coniato in Francia, all’inizio del XIX secoloin riferimento all’affinità con l’architettura romana, dalla quale vennero ripresi: il senso della monumentalità, della spaziosità e gli elementi costruttivi (l’arco a tutto sesto, il pilastro, la colonna e la volta).

Si è soliti identificare nella capacità di costruzione di un edificio con il sistema di copertura a volta il significato del movimento architettonico, ma la forma finale della fabbrica edilizia si delineò con una serie di passaggi intermedi: dalla volta a botte con luci ridotte (navate minori, deambulatorio e cappelle) alla volta a crociera su grandi vani fino alla realizzazione di archi trasversali alle navate di appoggio del tetto, con volte a botte o  a crociera su grandi navi della fabbrica costruita interamente in muratura.

Nella realtà le fasi costruttive non furono scandite in modo netto, ma studi e sperimentazioni portarono ad un graduale utilizzo degli elementi edilizi, inoltre, durante tutto il medioevo, la volta veniva già utilizzata per la copertura di fabbriche con dimensione ridotta: Santa Maria in Valle a Cividale del Friuli, 740; San Zeno a Bardolino di Verona, 873-871; Battisteri in Italia; copie del Santo Sepolcro; edifici eretti come cappelle palatine e vani voltati interni al westwerk delle grandi chiese carolingie o inclusi nei massicci occidentali ottoniani ne sono esempi.

Nell’ultimo ventennio del X secolo in Borgogna e in Catalogna si formarono cantieri aperti per lo studio del nuovo sistema statico-strutturale e si arrivò alla progettazione della copertura a volta.

Le motivazioni che spinsero la conformazione della chiesa romanica nell’occidente europeo furono di natura funzionale e formale.

La crescita della numerosità del clero e lo svolgimento dei riti in modo maestoso (dapprima concentrati all’interno della chiesa, ora spostati intorno all’altare maggiore) portarono alla necessità di ampliamento della zona del presbiterio (sito sul fondo della navata centrale, concluso dall’abside). Il coro (sinonimo di presbiterio, in origine spazio riservato ai cantori, dinanzi all’altare maggiore) cambiò forma e vi si inserì il deambulatorio (passaggio anulare o poligonale lungo l’abside, all’inizio utilizzato per le processioni).

 

Esempio di una chiesa con elementi romanici in pianta

 

Il primo esempio fu Clermont-Ferrand (946) fino ad arrivare ad un’opera compiuta in San Martino di Tours (994-1014). Il coro assunse forma quadrangolare o rettangolare, chiuso al fondo da un’abside semicilindrica traforata su colonne o pilastri. Sulla galleria (deambulatorio), si aprirono cappelle radiali semicircolari sporgenti.

Questa soluzione risolse parte dei problemi di fruizione dello spazio interno, dando origine a nuovi effetti di profondità e di luci ricavati nella parte finale introducendo il concetto di continuità visiva (ossia di allineamento e di percorso delle navate laterali e deambulatorio).

 

San Martino di Tours

 

La sostituzione delle coperture lignee con la struttura in mattoni o pietra voltata diminuì il rischio di incendi e migliorò gli effetti acustici del canto corale.

L’impostazione progettuale della chiesa romanica portò a due problemi compositivi: il primo riguardò l’innesto del transetto sul corpo longitudinale della chiesa; il secondo fu il rapporto tra la forma architettonica del vano interno della chiesa e la conformazione data alle fronti esterne.

A una scansione geometrica dell’impianto di base della chiesa, ne corrispose una in alzato.

Alle navate laterali venne assegnato il compito di assicurare la stabilità di quella centrale mediante azione di contrasto al fine di mantenere un equilibrio della fabbrica. Il sistema statico-strutturale della volta si tradusse con delle spinte laterali che avrebbero portato alla rotazione verso l’esterno (ribaltamento) le strutture murarie adiacenti.

L’azione delle navate laterali fu mirata all’assorbimento e all’annullamento delle spinte. Questa si attuò attraverso l’introduzione di muri, pilastri, contrafforti ed elementi voltati. La stabilità venne garantita dalla presenza di forti spessori e dalla continuità di muri a sostegno delle coperture, in quanto non sempre si riusciva a garantire una corrispondenza statica perfetta.

Le navate laterali, in alcuni casi, raggiunsero la stessa altezza di quella centrale, comportando l’inserimento di due piani verticali aggiunti per la stabilità strutturale dell’edificio: il matroneo (al secondo livello, si affacciava come un loggiato sulla navata centrale) e il cleristorio (al terzo livello, una galleria con triplice apertura ad arco, il triforio).

 

Piani verticali chiesa romanica

 

La presenza del matroneo originò, in alcuni casi, un raddoppio della nave cieca (Sant’Ambrogio a Milano) oppure consentì la realizzazione delle aperture di luci dirette nella zona più alta del vano (San Michele a Pavia). Questi accorgimenti poterono essere utilizzati anche nella zona del transetto e del coro.

 

Sant’Ambrogio a Milano – San Michele a Pavia

 

La definizione della forma della fabbrica romanica rispecchiò anche la volontà dell’uomo medievale di raffigurare, in un’immagine architettonica, la manifesta e tangibile presenza del divino nel quotidiano. Questa visione dell’architettura si tradusse anche in un ricambio della committenza: non più limitata ai sovrani, alle corti o alle ricche comunità monastiche, ma estesa alle comunità locali, al clero di sedi vescovili e capitolari.

La religiosità della vita si andò a riflettere nella fisionomia assunta dalla raffigurazione dello spazio nell’interno delle chiese. Lo spazio libero era scandito da una varia densità di ombre e penombre con il superamento a abbandono della maniera bizantina di espressione dell’indefinito spaziale attraverso l’uso di superfici cromatiche senza peso e spessore.

Nell’XI-XII secolo, non ci fu un rapporto diretto tra l’architettura e le arti a essa collegate con i principali avvenimenti del tempo (crisi d’ordine sociale nella feudalità, migrazioni, crollo dei valvassori e partecipazioni alle crociate). Queste rappresentarono l’autentica espressione della civiltà medievale. Il mondo si presentava universale e concluso, nello sforzo di conciliazione del potere spirituale e temporale.

Nella seconda metà del XII secolo, maturarono gli elementi stilistici di dettaglio, derivanti dall’esperienza tardoantica e ravennate, quali: lesene su pareti esterne, arcate cieche, arcate esterne concentriche su finestre, archetti distribuiti sull’esterno della chiesa.

 

Elementi stilistici

 

In Italia e nell’occidente cristiano il gusto e il linguaggio figurativo furono differenti da luogo a luogo.

L’Italia funse da filtro per la selezione delle diverse e numerose influenze locali e territoriali. Intorno al X secolo, mentre dall’Aquitania alla Borgogna, i maestri francesi realizzavano compiutamente la costruzione dei primi chiesastici coperti per intero a volta, gli architetti lombardi restavano ancora fedeli all’impianto basilicale coperto a tetto.

Nel prossimo articolo, andremo ad approfondire lo sviluppo e le caratteristiche dell’architettura romanica in Italia, con esempi e periodizzazioni.

LE LETTURE CONSIGLIATE:

  • H. Kubach, Architettura romanica, Milano, Electa, 2001.
  • R. Bonelli, Dal secolo VIII al XIII in R. Bonelli, C. Bozzoni, V. Franchetti Pardo, Storia dell’architettura medievale. L’occidente europeo, Roma-Bari, 1997.
  • N. Pevsner, J. Fleming, H. Honour, Dizionario di architettura, Torino, Einaudi Tascabili, 1992.
  • R. Oursel, L’ architettura romanica, Milano, Jaka Book, 1986.