L’iscrizione dello scudo di Villalpando: storia di un’identità recuperata

villalpando, escudo de villalpando, cultura classica, iscrizione, rantia gloria extolle, scuola, latino, spagna

La Puerta de San Andres, ingresso per la città di Villalpando

Manuel Muriel Rivas, Siviglia –

Il greco, il latino, la cultura classica e per estensione le scienze umanistiche non sono utili per la formazione dei nostri alunni. In effetti la nostra società attuale, postmoderna, capitalista e altamente pragmatica non richiede ai nostri diplomandi delle scuole superiori tali conoscenze, inutili sia nelle faccende quotidiane che nei loro curricula in vista di una loro imminente entrata nel mondo del lavoro. Per non parlare poi dello spreco che l’insegnamento di tali materie causa all’erario, un costo che non possiamo permetterci vista l’odierna situazione fallimentare delle nostre casse pubbliche.

L’altro giorno in aula, un alunno mi ha domandato perché doveva studiare la cultura classica, a cosa gli sarebbe servito conoscere questa “roba dei miti” e la storia della Grecia e di Roma, al che io, con il viso di chi “solo sa di non sapere”, ho fatto spallucce e, sostenuto da quel repentino furore socratico, non ho potuto fare altro che attingere a quell’iscrizione nello scudo della nobile cittadina di Villalpando, che fin dal primo giorno in cui mi diedero la supplenza, mi girava per la testa.

 

“Pepito, che c’è scritto nell’iscrizione dello scudo della tua città?”

“Delle parole strane, professore: RANTIA GLORIA EXTOLLE”.

“È latino, Pepito. E sai cosa significa?”

 

Pepito ovviamente non conosceva la traduzione dell’iscrizione che si trova nello scudo della sua città. E come poteva conoscerla! Il fatto è che l’iscrizione appartenente allo scudo presenta alcune questioni incolmabili che rendono impossibile la sua traduzione. Infatti la forma verbale all’imperativo “extolle” dovrebbe reggere il complemento nella forma accusativa “rantiam gloriam”; inoltre, la difficoltà più complicata da risolvere è la parola “rantia”, la quale, nemmeno esiste in latino (né classico, né volgare).

Lo scudo di Villalpando

Dinnanzi a questo dilemma si poteva prefigurare soltanto un’altra soluzione mutatis mutandis, e fu così che, qualche giorno prima del mio primo giorno come professore alle superiori e del mio incontro con Pepito, arrivai alla soluzione dell’enigma: “Eureka!” le parole sono disposte in modo sbagliato nello scudo, l’iscrizione dovrebbe essere “GLORIA EX TOLLERANTIA”: la gloria a partire dalla tolleranza.

Una ricerca veloce in rete mi confermò che quello era il motto della casa degli Zúñiga, o dei Manso Zúñiga per essere più preciso. Qualche giorno dopo, trovai nel salone del consiglio i ritratti di due nativi illustri di Villalpando, donna Inés di Zúñiga e di don Manuel Alonso di Zúñiga: quei ritratti sembravano validare la mia ipotesi. Quella mia prima visita al municipio, confermò in situ non soltanto il nesso tra la casa degli Zúñiga e la cittadina, ma anche che gli abitanti di Villalpando non conoscevano assolutamente il significato originale dell’iscrizione che appare nel loro scudo.

Juan Carreño de Miranda, Doña Inés de Zuñiga y Velasco. Esposa del conde-duque de Olivares. 1660. Museo Lázaro Galdiano.

A dire il vero, iniziai già a sospettarlo quando, durante una delle mie prime chiacchierate con Diego, il bibliotecario, egli mi confidò che la storia della “gloria dalla tolleranza” gli “suonava più arabo” che latino. Fu lui stesso che motu proprio mi presentò Félix, il sindaco e in seguito il prete della cittadina, don Tomás. Così, grazie allo scudo iniziai a conoscere tutte le persone del posto – che disgraziatamente qui sono la minoranza – con i dubbi e con l’interesse di chi va verso la conoscenza, verso la scoperta del nostro passato per arrivare così a capire meglio il nostro presente.

L’ultima di queste persone fu Fernando Cartón, altra rara avis, procuratore per professione e vero amante della storia, oltre che scrittore. Lui mi mostrò la Historia de la villa de Villalpando di Luis Calvo Lozano, un libro pioniere nella storiografia della regione, visto che fu scritto circa negli anni trenta del secolo scorso, anche se non fu pubblicato fino al 1981. L’una e l’altra data – di stesura e di pubblicazione – sono quelle che ad oggi consideriamo come i momenti post quem per collocare l’inizio dell’enigma visto che si presume che questo libro possa essere stato l’origine e la principale causa della confusione a posteriori dell’iscrizione originale. Questo è più che probabile perché il motto RANTIA GLORIA EXTOLLE, così com’è, erroneamente disposto quindi, è raccolto di suo pugno dall’autore, senza alcuna indicazione sulla fonte; sembra che questo scrittore, sacerdote di professione e fervente appassionato di storia, non fu sempre ortodosso nel suo modus operandi.

Villalpando è una cittadina della regione di Zamora, nel nord-ovest della Spagna, al confine con il Portogallo

Ciononostante, per essere giusti con questo pioniere, e perché errare humanum est, con le parole dello stesso Fernando “il lavoro di raccolta e di studio di Calvo Lozano, soprattutto per i mezzi di cui disponeva, fu ingente” e, in effetti, il suo lavoro oggigiorno è giustamente e unanimemente riconosciuto dai suoi concittadini.

A proposito degli abitanti di Villalpando, non potrei mai terminare questo articolo senza prima ringraziare la cortesia e l’ospitalità che essi hanno dimostrato con un servitore, un forestiero che arriva da terre lontane, dimostrando così che la tollerantia appartiene non solo de iure al loro scudo, ma anche di fatto, come segno di identità propria. Un’identità che adesso sono in grado di recuperare grazie all’iscrizione del loro scudo e che Beppe ha riscoperto quello stesso giorno in cui il suo libro di cultura classica gli confermerò che già quattromila anni fa, San Rocco (il patrono della città, ndr) era festeggiato nell’isola di Creta. Ironia della sorte, questa fu per lui un’altra nuova rivelazione: proprio come quella delfica di Socrate, unica ragione e guida di tutta la vita del filosofo, anch’essa si manifestò quella mattina Pepito con le stesse parole chiarificatrici: “Conosci te stesso”.

 

Per leggere l’articolo originale, apparso su L’Opinion de Zamora del 29 novembre 2016, clicca qui