“Palermo fiammeggiante”: un matrimonio regale nella Sicilia medievale. Il sodalizio tra Guglielmo II e Giovanna d’Inghilterra del 1177

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Pierluigi Papa, Bari –

Nel febbraio 1177, Palermo, l’allora capitale del regno di Sicilia, era festante per un avvenimento importante: il matrimonio tra Guglielmo II e Giovanna d’Inghilterra.

Per il rituale d’accoglienza della futura regina, la città siciliana era stata trasformata in una scenografia a cielo aperto, traboccante di diversi elementi che, nell’immaginario medievale, erano carichi di forti valenze simbologiche.  Come ricordava il medievista francese Jacques Le Goff, nel suo La civiltà dell’Occidente medievale,

 

“ogni oggetto materiale era considerato come la figurazione di qualcosa che gli corrispondeva su un piano più elevato e che diventava così il suo simbolo”.

 

La frase “calza a pennello” su questo rituale d’accoglienza, dove ogni elemento utilizzato, dall’addobbo al gesto dell’applauso, passando per le vesti adoperate, il banchetto organizzato, la cerimonia d’incoronazione e lo sfoggio della flotta siciliana, aveva un suo e preciso significato simbolico.

 

Il contesto storico

Il 26 febbraio 1154, Ruggero II, fondatore del regno di Sicilia, moriva a Palermo a quasi cinquantanove anni d’età. Gli succedeva il figlio, Guglielmo I, detto il Malo.

Dall’unione tra Guglielmo I e Margherita di Navarra, figlia di García IV Ramirez e Margherita de l’Aigle, nel dicembre 1153 nacque il Guglielmo, il protagonista di questo articolo. Sebbene terzogenito, Guglielmo salì al trono nel maggio 1166, a soli dodici anni e sotto la reggenza della madre Margherita per via della morte del padre, avvenuta a Palermo il 7 maggio 1166, e di quella dei suoi due fratelli maggiori: Ruggero, deceduto, nel 1161 e Roberto, defunto intorno al 1165.

Guglielmo II, detto il Buono, doveva trovare presto una moglie, con la speranza della nascita di un figlio maschio così da garantire al Regno di Sicilia un erede e, al contempo, dare continuità alla dinastia degli Altavilla. Avviò le trattative con l’imperatore di Bisanzio, Manuele I Comneno, per sposare la principessa Maria Comnena. Gli accordi, tuttavia, non furono portati a termine.

Il piano di “riserva” del sovrano siciliano prevedeva il matrimonio con Sofia Hohenstaufen, figlia di Federico Barbarossa, imperatore del Sacro Romano Impero. Anche in questo caso, le nozze non si celebrarono a causa dell’imposizione del papa Alessandro III nel 1173.

Con le due trattative, non portate a termine, Guglielmo II cercò di sposare la principessa d’Inghilterra: Giovanna, nata nell’ottobre del 1165 dall’unione di re Enrico II Plantageneto e della regina Eleonora d’Aquitania.

 

L’albero genealogico dei discendenti di Enrico II Plantageneto

 

Le trattative diplomatiche

Nel 1177 Guglielmo II, su consiglio del papa Alessandro III, inviò un’ambasceria, composta dal vescovo di Troia, Elia, dal vescovo di Capaccio, Arnulfo e il regio giustiziere, Florio di Camerota, presso la corte inglese. Lungo il percorso, ai tre uomini si aggiunsero l’arcivescovo di Rouen, Rotrau e un legato pontificio.

Quando giunsero in Inghilterra, la principessa Giovanna, di soli dodici anni, veniva descritta dalle fonti con il termine decor, vale a dire dotata di bellezza non comune.

Il sovrano inglese, dopo essersi consultato con i grandi del regno, alla fine accettò la proposta di matrimonio del sovrano siciliano. Successivamente, fece ritornare in Sicilia il vescovo Elia, accompagnato dal vescovo Ioannes Nortwicensis, dall’arcidiacono Parisus Rofensis, Baldewinus Buelot e Ricardus de Camvilla, con l’intento di perfezionare l’alleanza tra le due casate, trattenendo il vescovo di Capaccio e il regio giustiziere, fino alla partenza della principessa.

A preparativi ultimati, il re, prima di affidare la giovane ai nunzi siciliani, salutò la propria figlia, abbigliata e corredata del necessario e dei beni nuziali, portati come dote nonché simbolo di potere e di grandezza.

Il tutto è stato raccontato nella fonte anonima: Ex gestis Henrici II et Ricardi I.

 

Guglielmo II il Buono dona il tempio alla Vergine

 

La principessa Giovanna verso Palermo

La principessa Giovanna salpò dalle coste inglesi sul finire dell’estate 1176 per giungere in Normandia, dove venne accolta dal fratello Enrico. Successivamente, venne scortata verso Poitiers, dove ad attenderla c’era il fratello Riccardo, noto come Cuor di Leone e futuro re d’Inghilterra. Questi la accompagnò verso l’Aquitania sino ai pressi di Nîmes, di preciso a Saint-Gilles, dove vi erano ancorate venticinque galee siciliane, pronte a salpare in direzione di Messina.

Sappiamo, tuttavia, che due di queste galee affondarono nel corso del viaggio d’andata, tra Messina e Saint-Gilles, piene di doni regali come sontuosi panni di seta, monili e oggetti d’oro, d’argento, pietre preziose, codici dalla rilegatura preziosa, realizzati in oro, smalti cloisonné.

L’intento era di fare impressione al re d’Inghilterra, veicolando l’immagine del Regnum siciliano come esotico e fantastico. Guglielmo II, d’altra parte, decise di inviare questo numero consistente di galee, per sfoggiare la sua potenza marittima ma anche per prelevare, scortare e onorare il rango della futura consorte.

La stagione invernale non era però il periodo idoneo per poter compiere un viaggio marittimo, che fu certamente tutto fuorché comodo: non a caso, la flotta dovette sostare a Napoli, festeggiando lì le festività natalizie, prima di riprendere il cammino verso Palermo.

 

Giovanna d’Inghilterra con il fratello Riccardo Cuor di Leone e Filippo di Francia.

 

L’accoglienza della città

L’arrivo della principessa Giovanna, oltre che dalla fonte precedentemente citata, viene raccontato anche dall’arcivescovo di Salerno, Romualdo Salernitano o Romualdo Guarna, nel Chronicon, un’opera che parte dalla creazione del mondo fino al 1178.

Giovanna giunse di notte, seduta su di un cavallo, scortata dal suo seguito e con appresso la sua dote di beni mobili. Ebbe sicuramente modo di ammirare una Palermo piena di luce, per via dell’accoglienza spettacolare che il re le aveva organizzato.

L’intento di Guglielmo II era, infatti, duplice: impressionare la futura consorte assieme al suo seguito e, allo stesso tempo, catturare l’attenzione dei palermitani, così da renderli partecipi ad un evento così importante. La sua ambizione era volta al riconoscimento e all’adozione della principessa inglese nel suo nuovo regno.

Questo spettacolo della “Palermo fiammeggiante” aveva, inoltre, un forte valore simbolico: il fuoco era considerato come un simbolo nuziale di amore eterno e di fecondità, messaggio di speranza che dall’unione della futura coppia reale potesse nascere il tanto desiderato erede al trono.

Le strade palermitane erano, inoltre, abbellite con delle sontuose stoffe seriche e auro seriche, adornate da corone, archi e altri elementi decorativi composti a frutta, foglie e fiori intrecciati da rami d’ulivo, simbolo di pace, e di lauro. Figuravano anche ghirlande nuziali, composte da mirto e fiori d’arancio, simboli di amore coniugale.

La principessa Giovanna, sotto il velo nuziale fissato da un ricco diadema, portava i capelli lisci, che le ricadevano sulle spalle. La veste, adorata da perle, simboleggiava di purezza, con chiara allusione alla sua verginità. La futura regina consorte portava, inoltre, ricchi monili d’oro.

 

Guglielmo II dedica la cattedrale di Monreale alla Vergine

 

Il ruolo delle vesti era molto importante. Erano esibite per mostrare la ricchezza e l’appartenenza sociale, veicolati attraverso lo sfarzo, il lusso e il fasto dei partecipanti. Un ruolo importante lo giocarono anche i colori, in particolare il rosso, il bianco, l’oro, nonché l’utilizzo di sete policrome, di pellicce e di preziosi ornamenti, tessuti con fili d’oro e argento, arricchiti da perle e pietre preziose. Non venne nemmeno lesinata la cura e la ricerca dei finimenti e delle gualdrappe dei cavalli.

Il tragitto venne allietato dal suono di trombe, trombette, nacchere, cembali e ciaramelle, intervallato dal fragoroso rumore degli applausi del popolo palermitano, simbolo di organizzazione del consenso e rivelatore del controllo da parte del potere che esercitava sulla frase.

Quando giunse al palazzo reale, la futura regina partecipò al banchetto, occasione per rivelare il prestigio degli Altavilla, manifestatosi non solo attraverso l’uso di vasellame di pregio e dalla grande varietà di pietanze e bevande di diversa provenienza, ma anche dall’utilizzo di tonache di sete policrome da parte dei servi.

Il 13 febbraio 1177, il matrimonio e, soprattutto, la cerimonia d’incoronazione di Giovanna costituirono il conferimento sacrale di una nuova cittadinanza e il punto di partenza per l’esercizio della sovranità. Da quel momento diventò regina.

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