Mawangdui: il sito tombale della marchesa di Dai

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Federico Brentaro, Bologna –

Mawangdui, situato nella periferia di Changsha, nella regione meridionale dello Hunan, è tra i siti archeologici cinesi più preziosi e più importanti scavati nel corso del XX secolo.

Il sito di Mawangdui – così come molti altri siti archeologici a livello mondiale – è stato rinvenuto per caso: un’antica leggenda narrava della presenza di una tomba in quella zona, ma fu solo nel 1972 che, in seguito ad alcuni lavori per la realizzazione di un rifugio sotterraneo e l’apparizione di fuochi fatui nell’area, il complesso funerario venne scoperto.

Gli scavi, condotti dal Museo provinciale dello Hunan, hanno riportato alla luce tre sepolture orientate a nord coperte da tre tumuli. Le tre tombe di Mawangdui, appartenenti al marchese di Dai e alla sua famiglia e datate tra il 186-160 a.C., sono tra i più ricchi e completi – in termini di corredo funerario – complessi tombali risalenti all’epoca degli Han Anteriori (206 a.C.-9 d.C.).

A Changsha furono sepolti Li Cang, il marchese di Dai, sua moglie Xin Zhui e il loro figlio maggiore; assieme a loro vennero intombati alcune migliaia di oggetti, che per l’appunto costituiscono l’arredo funerario, di cui millequattrocento contenuti nella tomba della marchesa. Grazie ai sigilli posti su due vasi in bronzo e su uno di giada, situati nella tomba 2, è stato possibile risalire all’identità del marchese.

 

 

Le tombe di Mawangdui

Le tre tombe di Mawangdui, riportate alla luce tra il 1972 e il 1974, si collegano alle tradizioni funerarie del regno di Chu (ca. 1030-223 a.C.).

Nelle sepolture come quelle di Mawangdui, la camera funeraria è costituita da un’unica fossa scavata nel terreno e dotata di una sola via di accesso, formata da scalini o da uno scivolo; le pareti della fossa sono scavate a gradoni, in modo da evitarne il collasso durante la fase di costruzione.

Al centro dell’ambiente sepolcrale si trovano, in numero variabile, i sarcofagi posti l’uno dentro l’altro, mentre gli oggetti e il mobilio funerario sono suddivisi in scompartimenti laterali.

Questa tipologia di sepolture ha origini antiche, tanto che i primi esempi, ritrovati nell’altopiano di löss nella regione dello Shaanxi, risalgono al Neolitico. Diffusesi nel corso della dinastia Shang (1765-1122 a.C.), le tombe a pianta centrale influenzarono l’architettura funeraria delle dinastie successive.

Delle tombe di Mawangdui, la più importante e interessante dal punto vista artistico-archeologico è la tomba 1. Realizzata poco dopo il 168 a.C., la sua fama si deve all’ottimo stato di conservazione della sua abitante Xin Zhui, moglie del marchese di Dai. La particolare tecnica di sepoltura, che permise la conservazione del cadavere della marchesa, consistette nell’immergere la salma, avvolta in bende di seta e juta, in una soluzione contente cinabro, acido acetico ed etanolo. L’autopsia condotta sul corpo di Xin Zhui ha dimostrato l’integra preservazione del cadavere che, a eccezione del cervello, conservava ancora le parti molli e la pelle bianca ed elastica; le stesse analisi hanno rivelato che la nobildonna, prima di esalare l’ultimo respiro, mangiò del melone – la morte è sopraggiunta a causa di un’indigestione dovuta proprio al consumo di questo frutto. La conservazione della salma è stata volutamente ricercata. Infatti, la camera venne sigillata con strati di carbone e argilla bianca prima di riempirla con terra battuta, creando così un ambiente privo di ossigeno.

Il corpo inerte della marchesa, contenuto in un sistema di quattro sarcofagi, era protetto da un’imponente struttura lignea, chiamata guo. Tale costruzione presentava una base formata da tre grosse travi sormontate da altre assi a formare una sorta di scatola alta due metri, lunga cinque metri e mezzo e profonda più di tre metri. Questa sorta di scatola era divisa in cinque sezioni rettangolari: una centrale, che ospitava i sarcofagi e il cadavere di Xin Zhui, e quattro poste ai lati, nelle quali era contenuto il corredo funebre, composto, come detto, da circa millequattrocento oggetti tutti minuziosamente inventariati su trecentododici listarelle di bambù.

 

 

Struttura della tomba di Xin Zhui

 

Dei quattro compartimenti esterni, quello settentrionale imitava le stanze interne di un’abitazione: alle quattro pareti erano appesi dei tessuti di seta e una stuoia di bambù copriva il terreno. Al centro di questa sezione erano ubicati un tavolino e dei recipienti contenenti cibi e bevande. La parte occidentale dello stesso compartimento conteneva mobili e articoli appartenenti alla sfera privata della camera da letto, tra i quali un paravento dipinto, una scatolina da toilette, dei contenitori per incenso e alcuni cuscini ricamati; mentre nella sezione orientale del compartimento posto a settentrione vi erano alcune figurine umane raffiguranti danzatori, musicisti e attendenti. I tre compartimenti restanti – orientale, meridionale e occidentale – custodivano altre statuette con sembianze umane, centocinquantaquattro oggetti in lacca rossa e nera, una cinquantina di vasi in terracotta contenti vivande, vino e medicinali, quaranta canestri contenenti monete in argilla e alcuni strumenti a corda e a fiato, tra i quali un organo a bocca munito di ventidue canne, e una quarantina di capi di abbigliamento.

Nella sezione centrale della struttura guo giacevano i quattro sarcofagi che proteggevano il cadavere della marchesa di Dai. A partire dagli albori dell’epoca Zhou (1121-222 a.C.), nella vasta area del fiume Yangzi, cominciò a diffondersi l’usanza di decorare i sarcofagi destinati alle tombe nobiliari e quelli destinati a Xin Zhui proseguono tale tradizione. Il primo sarcofago, quello più esterno, è privo di decorazioni e interamente ricoperto di lacca nera. Il secondo è decorato su ogni lato: la coperta di lacca è dipinta con un motivo a nuvola che rappresenta il qi – l’energia spirituale che pervade il cosmo – e vi è raffigurata la defunta mentre si presta a entrare nell’aldilà. Sul terzo sarcofago sono dipinti, su una base di lacca rossa, vari simboli di buon auspicio come cervi e dischi di giada bi. Il quarto sarcofago, il più interno che custodiva il cadavere, è decorato con motivi geometrici che riprendono la decorazione dell’abito della defunta, inoltre è rivestito da stoffe seriche, che ne avvolgevano i lati e la parte superiore, sulle quali sono applicate piume d’uccello.

La tomba 2, situata a ventitré metri di distanza dalla tomba 1, è la più antica tomba del sito. È stata identificata, grazie ai sigilli bronzei rinvenuti, come la sepoltura del marchese Li Cang (deceduto nel 186 a.C.). Il quadruplo sarcofago si presentava gravemente danneggiato e in avanzato stato di decomposizione. Il corredo funebre, rispetto a quello della moglie, è di scarso valore artistico: nella sepoltura sono stati rinvenuti un centinaio di stoviglie laccate e una ventina di vasi di terracotta.

La tomba 3 conteneva un triplice sarcofago occupato dai resti decomposti di uno dei figli della coppia, di circa trent’anni. Anche il corredo tombale del figlio, come quello della madre, era composto da più di mille oggetti, tra cui alcune mappe, testi letterari, divinatori e medici su seta e bambù. In una piccola scatola in bambù sono stati ritrovati i resti di un rotolo di seta, dei frammenti, contenenti le più antiche raffigurazioni delle posizioni dal daoyin: le quarantaquattro figure rappresentate, suddivise in quattro file, sono ritratte mentre eseguono varie pratiche di questa antica arte ginnica.

 

Mummia di Xin Zhui

 

Il drappo di Xin Zhui

L’oggetto più notevole – rinvenuto nella tomba 1 –, per lo stato di conservazione, il valoro religioso e cosmologico e la bellezza estetica, è un drappo dipinto, alto poco più di due metri, a forma di T. Il drappo fu realizzato su un particolare tipo di tessuto di seta, chiamato juan, tinto di rosso cremisi; era posto sull’ultimo sarcofago, di faccia rispetto al corpo della defunta, ma orientato nella sua stessa direzione.

Il drappo è diviso in quattro registri, separati da tre basamenti orizzontali che rappresentano una sorta di “piano terra”. Nel registro superiore, che occupa le “braccia” della T, è raffigurata una scena celestiale. Nei due angoli superiori sono dipinti, a destra, un disco solare che incornicia un corvo nero e, a sinistra, una falce di luna sulla quale poggiano un rospo e una lepre. A presiedere l’intera scena, al centro tra il sole e la luna, vi è una figura femminile con il corpo serpentiforme: molto probabilmente – e in accordo con il genere sessuale della defunta – si tratta di Nüwa, divinità creatrice del genere umano. Alcuni studiosi, invece, sostengono che la sinuosa figura sia la stessa Xin Zhui dipinta nel momento in cui una delle due sue anime ha raggiunto la meta di questo viaggio ultraterreno. Appena sotto sono raffigurati due dragoni e altre creature celestiali, mentre all’altezza del primo basamento è dipinto un cancello, a cui lati si trovano una coppia di guardiani e una coppia di leopardi, che segna il confine del mondo celeste.

Nel secondo registro compare la figura della marchesa. L’anziana donna, appoggiata a un bastone, avanza verso sinistra – la direzione che indica la partenza – seguita da tre donne; dinnanzi a loro stanno due ufficiali inginocchiati che reggono tra le mani di piatti. La scena potrebbe probabilmente rappresentare le attività quotidiane svolte dalla donna e allude al suo stato sociale feudo-aristocratico. La raffigurazione, nella parte superiore, è incorniciata dai panneggi orizzontali di un baldacchino, sotto il quale si trova un uccello visto frontalmente con le ali spiegate; lateralmente, invece, è racchiusa dalle fauci spalancate di due dragoni speculari e complementari, i cui corpi si intrecciano all’interno di un disco bi ubicato sotto la trave che sostiene la scena.

Il terzo registro rappresenta la celebrazione di un rituale o di un sacrificio: tre grandi tripodi e due vasi sono posti in primo piano, dietro ai quali vi sono sette figure maschili disposte se due file; sullo sfondo, invece, sono raffigurati altri vasi in bronzo poggiati su – quello che sembra essere – un altare.

Il basamento del penultimo nonché terzo registro è sorretto da una creatura muscolosa che, a sua volta, poggia su due grossi pesci (raffigurazione dell’acqua); queste figure, come le altre presenti nella quarta sezione del drappo, ovvero due tartarughe, un serpente e una coppia di tuyang – letteralmente capre di terra –, evocano il mondo sotterraneo.

 

Drappi conservati nel sito archeologico

 

Il drappo – in particolare i registri che raffigurano il mondo sotterraneo e il mondo celeste – tratteggia il viaggio dell’anima hun verso l’aldilà. Durante l’epoca dei Zhou Orientali (770-222 a.C.) – e per tutta l’epoca Han – si diffuse una concezione duale dell’anima. L’uomo, quando è in vita, possiede due diverse anime che vivono in maniera armoniosa all’interno del suo corpo: l’anima hun, leggera come un soffio, governa la mente e lo spirito ed è dotata di una grande mobilità; l’anima po, più pesante della prima, è legata alla fisicità del corpo e provvista di una minore capacità di movimento. Dopo la morte, le due anime si separano. Mentre l’anima hun ascende verso il mondo ultraterreno, l’anima po rimane congiunta al cadavere.

Il complesso tombale di Mawangdui, riportato alla luce da circa un quarantennio, è indubbio una delle più importanti scoperte archeologiche avvenute in Cina. La fama del sito, come si è visto, è dovuta non solo alle ottime condizioni del corpo della marchesa Xin Zhui, ma anche alla ricchezza dei corredi funebri costuditi nelle tre fosse tombali che formano il sito e all’importanza artistico-filosofica del drappo in seta, anche se, su questo oggetto vi sono ancora dei dubbi circa la sua funzione. Serviva a guidare l’anima di Xin Zhui verso l’immortalità o a legarla alla tomba? La marchesa è spettatrice del mondo dipinto sul drappo o, invece, ne è la vera protagonista?

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