Sulle tracce dello ius primae noctis, tra mito e realtà

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Jules Arsene Gardier, Le droit du seigneur (1872)

Matteo Beccari, Roma –

Ius primae noctis. Questa locuzione latina che letteralmente indica il diritto della prima notte, rievoca in noi contemporanei, uno dei maggiori luoghi comuni riguardante il medioevo. Quella che noi oggi possiamo tranquillamente bollare come una leggenda metropolitana, non solo fu data come certa per secoli; ma ancora oggi costituisce una delle maggiori fonti di narrativa sia nei romanzi storici che nei film di ambientazione medievale. Perfino festività importanti a livello locale come la fondazione di città, sono ricollegate a mitiche ribellioni contro signori locali che tentavano di imporre questo loro diritto, fino a quando una donna o un uomo non si ribella a tutto questo e scaccia o uccide il tiranno di turno liberando la città dall’oppressione. Di esempi ne abbiamo a decine.

Tra i più importanti possiamo ricordare il famoso carnevale di Ivrea, dove si celebra la bella Mugnaia, Violetta (nome che con il medioevo non centra praticamente nulla), che avrebbe approfittato proprio dello ius primae noctis per uccidere il barone che opprimeva la città; ma ancora possiamo ricordare la fondazione di Sant’Agata di Puglia, Rocca Scalena in Abruzzo, Montalto Ligure, Cuneo, Nizza Monferrato e l’elenco sarebbe ancora molto lungo. Ciò che colpisce di questa fantasiosa idea, non è tanto che il nobilotto di turno cercasse in qualche modo di approfittare, forte della sua posizione, di qualche giovane contadina del suo feudo, ma che fosse un suo diritto, quindi una legge.

Intendiamoci, qualunque sia il periodo storico, noi incontreremo sempre uomini che approfittano della loro posizione sociale per arraffare favori sessuali, dalla Roma antica fino al proprietario della filanda ottocentesca che andava a letto con le proprie operaie. Tuttavia qui parliamo di un diritto signorile, quindi di una legge. Tutto questo ci avvantaggia enormemente nella nostra ricerca, perché la società medievale è una società che si fonda sulle leggi, ma soprattutto sul diritto, un diritto che si basa su quello romano. Ebbene noi non troviamo in nessun archivio notizie relative a questa legge; il che è una cosa abbastanza strana, visto che noi possediamo numerosi faldoni, riguardanti i doveri e le tasse che i contadini dovevano al loro signore, conosciamo bene i termini dei contratti stipulati tra contadini e nobili locali, conosciamo molto bene anche le varie rivolte intraprese dai contadini verso i loro signori, quando non ritenevano più giusto pagare per questo o quel diritto signorile.

Tuttavia niente, non troviamo traccia alcuna di questo speciale diritto. Poiché la ricerca archivistica non mostra traccia dello ius primae noctis, possiamo tentare di rintracciare questo mito attraverso la letteratura. Numerose sono nel medioevo le novelle che parlano di sesso, molte in maniera molto esplicita, poiché contrariamente a quanto si crede, il sesso non è mai stato oggetto di tabù nel medioevo, anzi se ne parlava con estrema libertà e ci si scherzava sopra. Nella Francia del Duecento, quindi circa un secolo prima del Boccaccio, erano molto di moda i fabliaux, poemetti in versi satirici, molto divertenti, che affrontavano vari temi tra cui, ovviamente, il sesso. Abbiamo ad esempio novelle che parlano del prete del villaggio che tenta vari approcci con le sue parrocchiane, oppure si parla dell’avventuriero di passaggio che viene ospitato dal contadino, al quale insidierà la figlia, e così via. Tuttavia anche qui non c’è traccia dello ius primae noctis, men che meno come espediente narrativo.

A ben guardare però un qualcosa che assomigli allo ius primae noctis inizia a prendere piede come idea, solamente intorno alla fine del Quattrocento, in due contesti diametralmente opposti come le città e le nuove scoperte geografiche. Dalla fine del Quattrocento in numerose città dell’Italia e della Francia, eruditi locali iniziano a compilare la storia delle proprie città. Ora, noi sappiamo che molte città di nuova fondazione nel medioevo, nacquero grazie a gruppi di contadini che, abbandonavano il loro villaggio per insidiarsi in nuovi luoghi, a volte di comune accordo con i nobili o i rappresentanti del potere ecclesiastico, altre perché stanchi degli obblighi che avevano nei confronti dei loro signori. Un esempio che possiamo citare è quello del notabile Rebaccini di Cuneo, il quale compilando la storia della sua città a più di trecento anni dalla sua fondazione, ricordava come erano duri e tristi i vecchi tempi prima dell’abbandono del villaggio ed elenca tutta una sfilza di gravi colpe di quei signori, come il non permettere di fare testamento, l’applicazione di svariate tasse, i dazi per l’attraversamento dei ponti, per macinare il grano, le taglie e alla fine, come se fosse il finale di un odierno romanzo

 

…sottomettendo la ragion alla libidine e sensualità, defloravano le figlie de sudditi e parimenti le spose, persuadendo a sudditi che fosse loro antica ragione e privilegio lor concesso….

 

Siamo quindi praticamente alla fine del Rinascimento e per la prima volta l’idea dello ius primae noctis entra in circolo in Europa e ritornerà sempre come ideale paragone dei “brutti vecchi tempi da noi”. Per quanto riguarda il presente, i “brutti tempi” li abbiamo nel Nuovo Mondo. L’idea che è alla base dello ius primae noctis, ovvero l’idea di una società incivile, brutale, arretrata e sprezzante verso la femminilità, inizia ad essere utilizzata per denigrare i popoli di recente scoperta. Vediamo infatti che per le scoperte geografiche il Quattrocento è il punto di svolta, abbiamo le prime scoperte oceanografiche, i portoghesi del resto sono dei pionieri in tutto questo, a fine Quattrocento parte Colombo e nei primi del Cinquecento abbiamo i conquistadores. Ogni volta che i navigatori arrivano in un posto nuovo, pubblicano delle  relazioni dove descrivano i vari posti e le tradizioni di quei popoli. Le relazioni degli spagnoli e dei portoghesi praticamente si assomigliano tutte, parlano in tono spregiativo dei nativi e dei loro riti. E’ chiaro perché si racconta questo, si presentano i nativi come selvaggi, come subumani capaci delle peggiori bassezze, mentre spagnoli e portoghesi fanno da contraltare, sono portatori oltre che di malattie e cannoni, della vera fede e quindi della civiltà, della ragione. Possiamo citare ad esempio Cortes, che nella sua relazione pubblicata da Lopez de Gomora nella Storia Generale Delle Indie Occidentali e delle Nuove Terre Scoperte, riguardo i nativi dell’isola di Cuba, li accusa di tutte le peggiori nefandezze, tra cui il diritto da parte del capo tribù locale, di giacere la prima notte di nozze con la donna che si sposa.

Vasilij Dmitrievič Polenov: Le droit du Seigneur (1874)

Per concludere, lo ius primae noctis nella forma di diritto del signore di giacere con una sua contadina la prima notte di nozze è una frottola, un espediente creato per dare un maggior lustro ad un proprio presente o per mettere alla berlina nemici o potenziali tali. Molto più concretamente esistevano nel medioevo tasse sul matrimonio, le quali si pagavano al signore e alla Chiesa; come ogni tassa anche questa difficilmente digeribile dai contadini, ma che nel complesso non creava eccessivi problemi o desideri di vedetta come siamo abituati a credere. Quello che però dobbiamo certamente accantonare è la credenza che sia mai esistita una società che prevedeva di diritto, quindi per legge, la possibilità che un uomo potesse sottrarre ad un altro uomo la propria sposa il giorno delle sue nozze, anche perché probabilmente quell’uomo, in qualunque società e di qualsiasi rango fosse, sicuramente sarebbe durato abbastanza poco.

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