Canne, mille anni dopo: la battaglia che cambiò la storia della Puglia bizantina

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Arturo Mariano Iannace, Roma –

Gli antefatti

 

La località di Canne, nell’attuale regione Puglia, evoca fin da subito il ricordo della spaventosa sconfitta inflitta ai Romani da Annibale nel 216 a.C. Ma questa piccola, altrimenti sconosciuta, località pugliese, a metà strada tra le città della costa (Bari, Trani) e Canosa di Puglia (l’antica Canusium) è stata in realtà teatro di ben più di una battaglia, lungo tutto l’arco del Medioevo. Tra di esse, spicca, per le conseguenze che ebbe nella storia della Puglia e non solo, quella combattuta tra le truppe bizantine comandante dal catepano Basilio Boioannes ed i ribelli (tra cui diversi cavalieri normanni) al seguito di Melo di Bari, nell’ottobre dell’anno 1018.

Di questa battaglia ci sono pervenuti, sfortunatamente, solo resoconti molto scarni (raramente superano qualche riga), perlopiù provenienti da fonti ostili ai romani d’Oriente. Pure, sia i suoi antefatti che la sua conclusione sono noti, insieme a pochi altri elementi: una ricostruzione, seppure per sommi capi, dello scontro non è quindi impossibile.

La rivolta di Melo costituisce uno degli eventi più significativi nella storia del catepanato bizantino d’Italia nell’XI secolo, le cui conseguenze si protrarranno, in un modo o in un altro, fino al fatidico 1071, anno della caduta di Bari nelle mani di Roberto il Guiscardo: essa aprì infatti le porte del Meridione ai conquistatori normanni (con la conseguente fine del plurisecolare dominio bizantino nella Penisola), mettendo in luce oltretutto i contrasti esistenti tra il governo bizantino e le élite locali, contrasti che si riveleranno fatali per la sopravvivenza del dominio bizantino. Purtroppo, la figura di Melo ci è quasi sconosciuta: di lui sappiamo solo che era nativo di Bari, e che doveva trattarsi di un membro eminente dell’aristocrazia locale. Non ha aiutato, per una migliore conoscenza del personaggio, il processo di mitizzazione cui è andato incontro, soprattutto ad opera di una certa storiografia di spirito risorgimentale, che in lui vedeva un campione ante litteram dell’indipendenza italiana dal supposto giogo straniero.

Il catepanato bizantino in Italia meridionale attorno all’anno 1000

Ciò che sappiamo, è che la sua rivolta ebbe inizio nell’anno 1009, sotto il catepano Giovanni Kurkuas (o Curcuas), per motivazioni non meglio note (le fonti parlano genericamente dell’oppressione del governo bizantino, si può supporre soprattutto a livello fiscale), e che assunse ben presto proporzioni sufficientemente gravi da impensierire il governo di Costantinopoli: nonostante un primo scontro sfortunato, infatti, i ribelli s’impossessarono di Bari (capitale del catepanato), e spettò al nuovo governatore, Basilio Mesardonites, riprenderne il possesso, costringendo Melo alla fuga, ed inviando la sua famiglia (tra cui il figlio Argiro, che rivestirà in futuro un ruolo importante, anche se ambiguo, nella storia della regione) a Costantinopoli come ostaggi.

A questo punto la storia si mischia con la leggenda: il fuggiasco Melo, infatti, more virum Graeco vestitum (sono le parole del poeta Guglielmo di Puglia), incontrò, nei pressi del Gargano, dei cavalieri normanni i quali, di ritorno dalla Terra Santa, si erano fermati al vicino santuario di San Michele. Ascoltata la sua storia, e spinti dalla compassione, i prodi cavalieri si sarebbero quindi uniti a lui nel rinnovare la lotta contro gli infidi “Greci”. Un’altra tradizione (trasmessaci da Amato di Montecassino e da Leone Ostiense) vuole invece che i primi normanni si fossero fermati piuttosto a Salerno e che, vista la città assediata dai Saraceni, abbiano da soli sconfitto l’orda nemica, suscitando l’ammirazione ed il rispetto del duca, prima che Melo, in cerca di aiuto nei territori longobardi, decidesse di arruolarli.

Quale che sia la verità, da questo momento in poi inizia un processo che si rivelerà, sul lungo termine, irreversibile, e di straordinaria importanza per la storia del Meridione: la calata, a ondate successive, di avventurieri normanni, al servizio ora dell’uno ora dell’altro principe longobardo (o dello stesso governo bizantino) fino alla conquista definitiva di quelle terre.

Radunate nuove forze, incluso un nucleo di cavalleria normanna, Melo poté riprendere la lotta contro i romani d’Oriente con rinnovato vigore: attorno all’anno 1017 rientrò così in Puglia, infliggendo una serie di sconfitte consecutive alle forze inviategli contro. Melo sembra inarrestabile: Leone Paciano, luogotenente del catepano Tornikios, viene ucciso in battaglia presso Civitate (probabilmente la stessa Civitate che vedrà i normanni vincitori su papa Leone IX alcuni decenni più tardi) dopo aver subito un’altra sconfitta in località Arenula (sempre in Puglia); un terzo scontro, sempre sfavorevole ai bizantini, si ebbe a Vaccarizza (da identificare probabilmente con la località Masseria Vaccareccia nei pressi dell’attuale Troia), e Melo poté così avanzare fino alla costa, raggiungendo la città di Trani dove, probabilmente per effetto delle sue vittorie, alcuni membri dell’élite locale, guidati da due personaggi di nome Romualdo e Ioannicio, si erano ribellati all’autorità bizantina.

Basilio II il Bulgaroctono

La situazione, per Costantinopoli, apparve chiaramente disperata, ma il governo imperiale non esitò a raccogliere il guanto della sfida. D’altronde, sedeva allora sul trono di Costantinopoli un imperatore dall’indole tutt’altro che accomodante, quale Basilio II (976 – 1025), non a caso chiamato il Bulgaroctono (“uccisore dei Bulgari”), il quale da poco era riuscito a pacificare definitivamente il fronte danubiano con l’annientamento del primo impero bulgaro dello zar Samuele (997 – 1014). Con le forze imperiali liberate dal peso della guerra contro i bulgari, l’imperatore poté deviare risorse per affrontare la minaccia in Italia. Queste risorse annoveravano un contingente alla guida del patrizio Abalanti e, soprattutto, di un nuovo catepano, il protospatario Basilio Boioannes. Questo personaggio, dalle indubbie qualità (come vedremo) e che tanta importanza rivestirà nella storia della Puglia, non ci è meno oscuro di Melo: non sappiamo nulla della sua vita e carriera precedentemente all’arrivo a Bari, né successivamente al suo ritorno a Costantinopoli. Alexander Kazhdan, nella sua dettagliata monografia sull’aristocrazia bizantina, lo inserisce (prevedibilmente) nel novero dell’aristocrazia militare, e ipotizza, grazie al nome, delle origini slave. È quindi plausibile immaginare che si trattasse di un comandante militare proveniente dalle province occidentali (balcaniche) dell’Impero che, grazie alle qualità mostrate sul campo, ottenne i favori dell’imperatore (Basilio II era particolarmente sensibile alle doti militari dei suoi collaboratori), guadagnandosi una posizione nei ranghi dell’aristocrazia, insieme al delicato ruolo di catepano in una situazione tutt’altro che facile.

Roberto il Guiscardo viene proclamato duca di Puglia, Calabria e Sicilia da papa Niccolò II (1059)

Al comando di un contingente imperiale, e con cospicue risorse finanziarie, magna cum thesauri pecunia (come ci dice Romualdo Salernitano), Boioannes arrivò a Bari nel 1018. Melo, dal canto suo, fallito il tentativo di entrare in Trani, tentò la ritirata strategica (forse nell’attesa che l’inverno incipiente gli fornisse una tregua necessaria a recuperare le forze dopo tutti gli scontri sostenuti contro i bizantini, rallentando al contempo la prevedibile controffensiva del nuovo catepano); Boioannes, tuttavia, non perse tempo, e decise di sfruttare una situazione che, evidentemente, gli sembrava favorevole, se decise (come tutto lascia supporre) di lanciarsi all’inseguimento del nemico.

Tutto era predisposto affinché uno scontro risolutivo tra il ribelle barese e l’abile generale bizantino decidesse del fato del catepanato d’Italia. [continua…]

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