“Duri, distruttivi, feroci e molto altro ancora”: i Vichinghi in Italia nel IX secolo

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Mattia Caprioli, Genova –

Durante il fenomeno delle cosiddette “seconde invasioni“, che si verificarono tra IX e XI secolo, le incursioni dei Vichinghi non ebbero in Italia un impatto profondo come in Francia o in Inghilterra, tanto da non lasciare quasi traccia nelle fonti medievali, al contrario delle ben più famose spedizioni degli Ungari e, soprattutto, dei Saraceni.

Tuttavia, per quanto si tratti di episodi poco conosciuti e documentati, quando non sono avvolti da un’aura di leggenda, nemmeno la Penisola fu del tutto estranea alle mire di saccheggio dei feroci predoni del nord.

Il contesto in cui avvennero i raid dei Vichinghi in Italia fu quello della grande spedizione nel Mediterraneo tra 859 e 861 guidata da Hasting e Björn Fianco di Ferro.

 

La spedizione mediterranea di Hasting e Björn Fianco di Ferro

Separatisi da un gruppo presente sulla Senna già dall’855, nella primavera dell’859 i Vichinghi di Hasting e Björn fecero vela con le loro 62 navi verso lo stretto di Gibilterra, attraverso il quale entrarono, dopo aver saccheggiato la costa iberica occidentale, nel Mar Mediterraneo.

Le navi su cui erano imbarcati i Vichinghi della spedizione erano forse delle agili snekke, dal bassissimo pescaggio e adatte a risalire i fiumi, versioni più piccole e leggere dei ben più noti drakkar, imbarcazioni anch’esse eccellenti per la navigazione fluviale ma che potevano raggiungere i trenta metri di lunghezza.

Una moderna replica di una snekkja a Morąg, in Polonia. Simili imbarcazioni erano il mezzo ideale per i rapidi spostamenti fluviali, essenziali nell’attività di saccheggio dei Vichinghi

I razziatori nordici saccheggiarono Algeciras, di cui incendiarono la moschea, e Nekur in Marocco, quindi deviarono verso la costa francese del Mediterraneo, passando per le Baleari. Dopo aver raggiunto la regione del Roussilion e aver depredato il monastero di Arles-sur-Tech, stabilirono infine il loro campo base invernale nella Camargue, presso il delta del fiume Rodano.

Nella primavera dell’860 i razziatori si dedicarono al saccheggio degli insediamenti della valle del Rodano: Arles, Nîmes e Valence sono solo alcune delle località preda dei guerrieri di Hasting e  Björn Fianco di Ferro. Furono alla fine fermati soltanto dall’intervento del conte di Vienne, Gerardo di Roussilion.

Dopo aver subito non poche perdite da parte dei Franchi, ancora nell’860 i Vichinghi ripresero il mare e fecero infine rotta verso le coste tirreniche dell’Italia, dove proseguirono l’attività di preda per un periodo non ben determinato.

Nell’861, Hasting e Björn presero la via del ritorno, passando di nuovo per Gibilterra e razziando anche Pamplona. Nell’862, infine, erano tornati in Bretagna.

L’itinerario approssimativo della prima parte della spedizione di Hasting e Björn Fianco di Ferro, tra 859 e 860

 

Le incursioni dei Vichinghi in Italia

Piuttosto sicuri, per quanto descritti in modo scarno e non esaustivo, sono gli eventi e gli accenni presenti in alcune fonti scritte, in particolare i coevi Annales Bertiniani e la Translatio s. Filiberti di Ermentario.

Relativamente all’anno 860, negli Annales viene scritto che “i Danesi (Dani) che erano stati nella regione del Rodano, arrivano in Italia e catturano, saccheggiano e devastano Pisa e altre città”.

Altrettanto sintetico ma meno specifico è Ermentario nell’863, che nella Translatio scrive che i Vichinghi “[…] vanno oltre la Spagna, [e] il fiume Rodano, spopolano l’Italia”. Un accenno talmente vago che lascia supporre che Ermentario abbia ricavato la notizia da una trasmissione orale comune.

Queste due fonti possono essere integrate dalla più tarda Vita Donati, un’anonima agiografia di XI secolo dell’irlandese Donato, vescovo di Fiesole durante il IX secolo, nella quale viene riportato il saccheggio della città da parte dei predoni nordici che, tra le altre cose, comportò la distruzione dei documenti relativi ai privilegi della chiesa di Fiesole.

Per quanto i riferimenti cronologici all’interno dello stesso testo siano incerti e probabilmente non corretti, attraverso un raffronto incrociato tra il viaggio di Donato presso il re Luigi II e la presenza del sovrano a Capua nell’873, è possibile assegnare con un ragionevole margine di dubbio assegnare il saccheggio di Fiesole alla spedizione di Hasting e Björn Fianco di Ferro.

Possiamo quindi dedurre che, tra estate e autunno dell’860, i Vichinghi abbiano compiuto razzie e saccheggi per alcuni mesi, partendo da Pisa e risalendo il corso dell’Arno fino a Fiesole, per poi riprendere il mare, presumibilmente dopo aver passato l’inverno a cavallo tra 860 e 861 nel loro campo base, la cui posizione, purtroppo, le fonti non ci dicono.

Guerrieri nordici in un manoscritto miniato degli inizi di X secolo

 

La leggenda del saccheggio di Luni

L’episodio più conosciuto del passaggio vichingo in Italia, il saccheggio dell’antica città di Luni, è in realtà il meno sicuro, nonché più favolistico, tra quelli a noi pervenuti.

Gli eventi di Luni, narrati dal canonico Dudone nella sua storia dei duchi di Normandia, redatta tra 1015 e 1026, sono ben noti. Dopo aver lasciato la Francia, Hasting decide di saccheggiare nientemeno che Roma. Durante la navigazione lungo le coste tirreniche, scorge una città che reputa essere la Città Eterna, da tanto era magnifica, ignorando che si trattasse di Luni. Non riuscendo ad espugnare la città, Hasting decide di adottare uno stratagemma. Dopo essersi finto morto, i suoi uomini ottengono il permesso dagli abitanti della città perché il loro capo possa essere sepolto all’interno delle mura cittadine. Alcuni guerrieri vichinghi trasportano così Hasting nella città in una bara e, rivelato l’inganno, mettono a ferro e fuoco l’insediamento.

Il racconto del saccheggio vichingo di Luni è molto probabilmente un episodio inventato, costruito da Dudon sulla base di altri eventi.

Non solo, infatti, la Luni del IX secolo doveva essere ben lontana dai fasti dell’antica “città di marmo” romana, ma era anche già stata saccheggiata da “Mauri et Saraceni” nell’849, come riportato nei già citati Annales Bertiniani, coevi agli eventi. Inoltre, lo stratagemma della finta morte con lo scopo di farsi trasportare nell’insediamento assediato è un topos letterario che si ritrova regolarmente nella tradizione letteraria nordica e normanna, usato ad esempio da Harald Hardrada nell’Heimskringla di Snorri Sturluson e da Roberto il Guiscardo, come narrato da Guglielmo di Puglia.

Con il solo scopo di celebrare Hasting, Dudon costruisce quindi l’evento del saccheggio di Luni assegnandolo ai Vichinghi, in realtà opera dei Saraceni, e vi ricama sopra luoghi comuni ripresi dalla leggenda.

Moneta con drakkar da Birka, in Svezia

 

Presenze nordiche nell’Italia di XI secolo: Variaghi e Normanni

Le incursioni vichinghe di IX secolo in Italia non lasciano praticamente alcun segno, tanto da essere trascurate e addirittura dimenticate, esclusa paradossalmente l’unica vicenda quasi certamente inventata, il saccheggio di Luni.

La presenza di guerrieri provenienti dal Nord in Italia, per quanto non primariamente animati da volontà di saccheggio e devastazione, non si esaurisce comunque con il raid di Hasting e Björn Fianco di Ferro.

Nell’XI secolo troviamo infatti nel Meridione d’Italia due gruppi di guerrieri provenienti dal Nord, ormai ben diversi dai loro “avi” razziatori e più di una volta contrapposti sul campo di battaglia: i Variaghi, combattenti mercenari al servizio degli imperatori romani d’Oriente, e i Normanni provenienti dalla Normandia.

Saranno questi ultimi a lasciare l’impronta di gran lunga più importante per la Storia d’Italia: giunti inizialmente a piccoli gruppi e assoldati di volta in volta come mercenari dai vari potentati locali, finiranno per fondare, tra alterne vicende di cambi di dinastie e lunghe divisioni territoriali, un regno che durerà secoli: il Regno di Sicilia.

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