Le umili radici della Serenissima: Venezia bizantina tra mito e storia

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Giuseppe Catterin, Venezia –

Lo splendore della città di Venezia affonda le sue profonde radici in un passato non sempre facile da ricostruire. A tratti, anzi, questo risulta piuttosto burrascoso, caratterizzato da dissidi interni che sfociarono in esiti che non hanno nulla da invidiare ad alcune trame presenti in Game of Thrones. D’altro canto, oggi come ieri, le vicende storiche lagunari risultano indissolubilmente interconnesse ad un solido impianto mitopoietico, che intravede nella tarda romanità la sua leggendaria origine.

Tra gli innumerevoli esempi che si possono citare, quello più radicato nella vulgata comune vede in Attila, “flagello di Dio” proveniente dalle remote steppe euroasiatiche, lo strumento necessario per innescare il processo di formazione delle Venezie preistoriche. Secondo la tradizione, fu proprio la sua dirompente azione predatoria, alla guida della composita genie di popoli passati alla storia con l’onnicomprensivo termine di “Unni”, che spinse le prime popolazioni romane a cercare riparo presso l’inospitale, quanto irraggiungibile, microcosmo lagunare.

Lidi acquitrinosi che, già nel VI secolo, come per giunta riportato dall’erudito romano Cassiodoro, divennero lo spazio naturale per l’insediamento di popolazioni che, nell’unicità di un habitat plasmato dall’incontro-scontro tra terre emerse e salso del mare, iniziavano il loro appuntamento con la Storia, sotto l’egida di una onesta povertà. I fasti della Serenissima erano sì parecchio lontani, distanti ancora molti secoli. In molti, tuttavia, in questi primi “pionieri” della Laguna vedono i “padri fondatori” della successiva città lagunare: descritti come “uccelli acquatici”, già all’epoca traevano il loro sostentamento dalla coltivazione del mare (successivo leitmotiv nella storia veneziana). Il tutto contenuto in un passo che, rimarcando l’intimo connubio che legava questi primi abitanti all’elemento acquatico, pare quasi predire le successive future marciane.

Quando nacque, dunque, Venezia? Quali furono, in altre parole, i suoi primi passi? Ma, soprattutto, da dove provenivano gli uomini che, prendendo in prestito le parole di Costantino VII “Porfirogenito” (basileus romano che regnò per buona parte del X secolo), plasmarono Venezia, trasformandola da “luogo deserto, disabitato e paludoso” in padrona dell’Adriatico?

A questi, e molti altri interrogativi, risponde Nicola Bergamo lungo le pagine de la sua Venezia Bizantina. Dal mito della fondazione al 1082, edito da Edizioni Helvetia.

 

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Lo storico veneziano, dipanandosi con singolare maestria tra le fonti a disposizione, getta una nuova e vivida luce sui secoli della Venezia altomedievale. Il merito è indubbiamente ascrivibile alla particolarmente approfondita ricerca storiografica che permea il libro, snocciolata in maniera lineare grazie anche ad una prosa capace di destare interesse tanto nel semplice appassionato, quanto nel cultore della materia.

Il volume si presenta, pertanto, come un paziente percorso a ritroso nel tempo che riesce a condurre il lettore in un vero e proprio viaggio attraverso i secoli, spaziando dai primi insediamenti venetici riscontrabili nella “Venetia et Histria” di augustea memoria al pieno e totale affrancamento fiscale del 1082, stabilito da quella fatidica crisobolla che, oltre a sancire la definitiva fortuna commerciale dei Veneziani, ci consegna una comunità oramai matura, che ha superato brillantemente e a pieni voti le difficoltà incontrate durante il suo cammino.

Questo particolare excursus storico, che talvolta deve dipanarsi lungo scarne (se non addirittura contradditorie) coordinate geografiche di fonti puntualmente analizzate, non si esime nemmeno di presentare gli innumerevoli popoli che, a vario titolo, contribuirono a plasmare parti fondamentali nelle vicende storiche della città marciana.

Dagli Ostrogoti, ai Longobardi, passando per i Romani d’Oriente e i Franchi, tutti apportarono (chi in maniera pacifica e chi meno) il loro personalissimo humus a questo “fiore”, particolare “girasole, con le radici saldamente piantate nell’Occidente latino, ma costantemente protesa a cogliere i raggi provenienti dall’Oriente greco”, come ebbe modo di definirlo icasticamente il bizantinista britannico David Nicol.

 

 

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Ed è proprio in questa particolare vocazione di “ponte” tra i due principali blocchi di civiltà che dominarono l’Europa medievale che si può riscontrare la vera anima di Venezia. Costantinopoli rappresentò sempre il punto focale su cui orientarsi. A lei i Venetici guardarono sempre (se non salvo brevissime interruzioni) con particolare trasporto. Sotto la sua egida, infine, modellarono le prime esperienze di governo, talvolta benevolmente “consacrate” dalla stessa “Regina delle città”, prodiga a premiare, il più delle volte con l’attribuzione di titoli altisonanti, le élite di una provincia teoricamente ancora suddita ma, nella forma, sempre più desiderosa di ritagliarsi un autonomo spazio di manovra.

Emblematica, in tal senso, risulta essere la figura stessa del doge, la cui lunga gestazione, sfociata nella caratteristica formula del primus inter pares, deve molto proprio agli influssi e alle influenze irradiate dallo splendore dei marmi e della porpora costantinopolitani.

 

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Per concludere, prima di cimentarsi nella lettura di questo libro, consiglio di dare una veloce occhiata alle sparute tracce di territorio vergine che ancora resistono in laguna. Se è vero che le successive vicende di Venezia vennero incise nel candore della pietra d’Istria, è qui, in questo territorio ostile, dominato da barene fangose e poveri canneti lacustri, che le sue radici riuscirono a trarre il sostentamento necessario per attecchire, crescere e sbocciare nell’opulenza che noi tutti, bene o male, conosciamo.

Ed è forse proprio questo aspetto, questi umili natali, a tratti stentati, sicuramente difficili, che dimora il fascino della storia di Venezia. Storia che Nicola Bergamo, indossando i panni del novello Giovanni Diacono, analizza puntualmente e descrive piacevolmente, contribuendo a gettare nuove chiavi di lettura tra mito e realtà.

 

Nicola Bergamo,
Venezia Bizantina. Dal mito della fondazione al 1082
Spinea, Helvetia Editrice, 2018
pp. 208