Nuove letture su Piazza Fontana: il “processo impossibile” ricostruito da Benedetta Tobagi

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Veronica Bortolussi, Venezia –

Nel cinquantesimo anniversario della strage di piazza Fontana del 12 dicembre 1969, il saggio Piazza Fontana. Il processo impossibile di Benedetta Tobagi (Einaudi, Torino, 2019) – dottorata in storia presso l’Università di Bristol e già autrice di Come mi batte forte il tuo cuore (Einaudi, Torino, 2009) e di Una stella incoronata di buio. Storia di una strage impunita (Einaudi, Torino, 2013), dedicato alla strage di piazza della Loggia a Brescia (28 maggio 1974) – colma un tassello fondamentale della storia del primo, grande attentato dell’Italia repubblicana.

Il denso lavoro di Tobagi ricostruisce, minuziosamente, ricorrendo alla sterminata mole documentaria accumulata negli anni, il primo, storico processo della strage, snodatosi tra il 1969 e il 1987 – tanto da poter essere definito «il più lungo della storia repubblicana» – e comprendente cinque diversi giudizi (un primo grado, due appelli e due – rispettive – pronunce in Cassazione, dovute a un rinvio). Nelle parole del sostituto procuratore di Milano, Emilio Alessandrini, quello di piazza Fontana fu «il primo grosso processo politico», definizione ripresa precedentemente da “A – rivista anarchica che, nel 1971, in un articolo ne parlò nei seguenti termini:

 

“Si è trattato di un processo fortemente politico in ogni sua componente, per il taglio che gli imputati hanno voluto dare al dibattimento, per l’attacco che gli avvocati più attivi hanno condotto contro tutta la montatura e per la partecipazione del pubblico che, nell’aula di tribunale, ha identificato lo scontro diretto tra chi detiene il potere e chi lo combatte. Soprattutto perché politica, e solo politica, è stata la sentenza”.

 

È proprio la storia di questo processo a essere il tassello mai ricostruito con così tanta attenzione e cura prima di Tobagi, solitamente relegato a mero contorno della vicenda processuale nella sua interezza. Eppure, va riconosciuto che il suo apporto alla ricostruzione della vicenda stragista fu fondamentale, perché le conclusioni dell’ultimo processo, nella sentenza della Corte di Cassazione del 3 maggio 2005, confermeranno le intuizioni del primo grado di giudizio, progressivamente smontate dai successivi fino alla completa assoluzione degli imputati.

 

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Il lavoro certosino dell’autrice si esplica nella necessità di ricostruire, una volta per tutte, una storia processuale intricata e spesso utilizzata in maniera interessata da chi voglia sfruttarla a proprio vantaggio, per dimostrare la colpevolezza o l’innocenza dell’una o dell’altra parte, dimostrandone una volta di più proprio la connotazione fondamentalmente «politica», che tende a lasciarne in secondo piano gli esiti giudiziari.

Degna di nota, in questo importante saggio, è proprio l’analisi fatta dall’autrice da questo punto di vista, quello prettamente politico. Secondo l’autrice, infatti, riprendendo le riflessioni degli storici Devin Pendas, Jens Meierhenrich e Leon Friedman, esistono tre tipi di processi, se si tiene conto dei loro scopi ed effetti: un «processo politico decisivo, il cui intento è dirimere un contenzioso che ha significato politico», un «processo politico didattico, che mira principalmente a diffondere un messaggio (sia dall’alto, cioè da parte dello Stato, sia dal basso, a opera delle parti, in particolare gli imputati)», e, infine, un «processo politico distruttivo, cioè diretto all’eliminazione di un avversario politico». Per la storica, inoltre, va aggiunto un quarto tipo, ovvero il

 

“processo politico creativo […] un giudizio che, ponendo alla società dilemmi fondamentali, contribuisce a chiarificarli, così che i processi diventino “cristalli per la società”.

 

Ebbene, la conclusione di Tobagi è che

 

“quello di piazza Fontana è stato un processo politico, e tanto complesso da rientrare […] in tutte e quattro le categorie”.

 

 

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Benedetta Tobagi

 

Il volume di Tobagi si giova, nell’intricata vicenda processuale, di una chiarezza espositiva notevole, che lo rende un degno erede del saggio di Giorgio Boatti, 12 dicembre 1969: il giorno dell’innocenza perduta (Einaudi, Torino, 2009), considerato il testo di riferimento per chiunque voglia approfondire la storia della strage di Milano. Attraverso lunghi, densi capitoli infatti, l’autrice si fa largo tra le accuse rivolte agli anarchici prima e ai neofascisti dopo, tra l’operato delle Forze dell’ordine e quello della magistratura, dipanando silenzi e omissioni, chiarendo motivazioni e giudizi. Il giudizio di Tobagi è tranchant:

 

“Riavvolgendo il filo attraverso le anse del labirinto giudiziario di piazza Fontana, ci insegue la consapevolezza amara che la funzione del Minotauro, in questa storia è stata svolta da ufficiali, funzionari e rappresentanti dello Stato. La cancrena coinvolse molte più articolazioni di quante non voglia la vulgata rassicurante dei servizi segreti «deviati». Pezzi di Stato mossi non solo da un vigoroso anticomunismo e dalla fedeltà all’Alleanza atlantica, ma coinvolti in partite di potere, talvolta organizzati per collaborare in reticoli occulti, criminali e criminogeni”.

 

Sarà una storia destinata a ripetersi.

Benedetta Tobagi
Piazza Fontana. Il processo impossibile
Einaudi, Torino, 2019
pp. 425