Le scritture delle donne in Europa: documenti, pensieri e voci femminili per una storia alternativa

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Jan Vermeer, Donna che scrive una lettera alla presenza della domestica, 1671

Sara Cavatton, Verona –

 

“Molte di queste scrittrici al loro tempo erano conosciute, poi sono state sommerse da un oblio che non è privo di colpe: è bastato non citarle, non tradurle, non recensirle, evitare di inserirle in biografie, repertori, antologie, et voilà, la nebbia le ha inghiottite”.

 

Proprio poco tempo fa, in occasione della prima prova degli esami di maturità, a migliaia di studentesse e studenti italiani sono stati proposti soltanto autori e personaggi maschili: non c’è stata un’unica autrice, non una figura femminile su cui riflettere. Negli anni passati è andata leggermente meglio con una timida comparsa di prosa o poesia al femminile, in ogni caso una presenza minima e marginale. Ma nella storia europea, globale della letteratura e del pensiero risultano davvero assenti le donne? Affatto. Ancora una volta lo dimostra con perizia e determinazione il lavoro più recente di Tiziana Plebani, Le scritture delle donne in Europa. Pratiche quotidiane e ambizioni letterarie (secoli XIII-XX) (Carocci, 2019).

 

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Si tratta di un ulteriore e indispensabile studio che si aggiunge a un filone storiografico di successo negli ultimi decenni, maggiormente attento alla storia dal basso e focalizzato sui gender studies. È un saggio che fa scoprire una storia della letteratura e della scrittura-lettura di fatto parallela a quella ufficiale imperniata su canoni maschili. Dal Medioevo al Rinascimento, passando per l’età dei lumi e approdando infine alle testimonianze del primo Novecento: un percorso ricco e articolato che si snoda tra esigenze quotidiane e ambizioni letterarie, raccontando in modo chiaro e affascinante origini, sviluppi e caratteristiche delle scritture femminili.

Storica del libro, dei sentimenti e della lettura-scrittura di genere, Tiziana Plebani racchiude in questo volume anni di ricerche e approfondimenti sull’universo di vita delle donne nei secoli passati. Facendo rivivere una storia a lungo dimenticata, nascosta, l’autrice sdogana definitivamente la convinzione che le figure femminili non scrivessero, qualunque fosse la loro appartenenza sociale o il grado d’istruzione, con o senza finalità letterarie. Piuttosto che interrogarsi prevalentemente sulla qualità e sullo stile delle loro scritture, il libro si focalizza particolarmente sulle scriventi comuni di lettere e testamenti, libri di conti e di ricette, diari e pensieri. Il tentativo (più che riuscito) è di dare risposta a simili domande: perché le donne scrivevano? Come erano giunte alla scrittura? Quali generi preferivano? Che cosa volevano raccontare per conservarne memoria?

 

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Jan Vermeer, Donna che scrive una lettera, 1665

 

Il filo rosso della ricerca è costituito dalla modernità della voce e del pensiero di Virginia Woolf; si sviluppa poi creando un terreno di incontro tra scritture letterarie e testimonianze comuni a partire dalla teoria dei vasi comunicanti: il desiderio di apprendere e di scrivere unì nei secoli donne che presero la penna in mano per necessità (gestione dei beni familiari, corrispondenza privata, volontà testamentarie – es. il quattrocentesco Libro di debitori, creditori e ricordi di Alessandra Macinghi Strozzi) ad altre che ambirono a un riconoscimento pubblico del proprio talento – celebri già nel loro secolo furono Christine de Pizan, Isotta Nogarola, Veronica Gambara, Vittoria Colonna e Gaspara Stampa. Plebani narra quindi una storia che ha preso volutamente una direzione diversa rispetto alla tradizionale interpretazione storiografica che vedeva l’universo femminile quale rappresentanza maggioritaria del gruppo degli analfabeti e dei semicolti: è una storia più animata e ricca di protagoniste, è fatta di aperture e chiusure, “valuta più la volontà di scrivere che la qualità della grafia”.

Nonostante fossero i maschi delle classi medio-alte a beneficiare di un’educazione completa, l’Umanesimo e l’invenzione della stampa diedero un nuovo contributo alla realtà dell’istruzione e dell’alfabetizzazione di genere (solo nel Cinquecento italiano vennero stampati testi di 214 donne), rappresentando uno dei vari punti di svolta all’interno di questa storia di scritture nei secoli – gli altri, non meno importanti, furono l’uso della lingua madre e dei volgari, la diffusione di una maggiore quantità di generi letterari, la nascita dei giornali e del mercato dell’informazione, la scolarizzazione di massa del secondo Ottocento.

Quante più riuscirono infatti ad accedere all’istruzione, altrettanto numerose furono coloro che puntarono all’utilizzo della scrittura al di fuori delle pratiche quotidiane. Madri e mogli, regine e aristocratiche, monache e popolane, giornaliste e romanziere che fossero, le donne scrissero infatti di tutto: lettere (si veda la vicenda epistolare di Elena Orsini badessa di Castro), poesie (es: la produzione di Compiuta Donzella a metà del XIII secolo), opere spirituali (le Rivelazioni di Brigida nel Trecento); romanzi (quelli di Fanny Burney), pamphlet e petizioni (quella celebre delle inglesi del 1642, un opuscolo satirico sulla possibilità delle donne di figurare in Parlamento), report di viaggi (quelli settecenteschi di Lady Mary Wortley Montagu) e appunti di cucina (es. il libro di ricette di Deborah Bragge Branch del 1725). Furono queste scritture multiformi e spontanee, libere espressioni grafiche, più o meno pubbliche e letterarie, nate da esigenze tra le più diverse. Di secolo in secolo le donne scelsero quindi il mezzo di comunicazione più incisivo e di maggior successo, intervenendo con audacia e convinzione in ogni momento di rinnovamento sociopolitico.

 

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Jan Vermeer, Donna che legge una lettera davanti alla finestra, 1657

 

Anche i luoghi rivestono chiaramente una determinata importanza in questa storia, in quanto spazi di socialità e di dibattiti, di aggregazione e di scambio: corti signorili, conventi, piazze, mercati, salotti, accademie, circoli letterari, caffè… Tra quelle pareti, in quelle più o meno sontuose stanze, si fa viva la presenza della prima laureata Elena Lucrezia Cornaro Piscopia, della monaca “forzata” Arcangela Tarabotti, della giornalista e scrittrice veneziana Elisabetta Caminer. Il confronto con le tante e varie fonti, unitamente al dettagliato apparato bibliografico ci restituiscono quindi voci e testimonianze. Ma è alle scriventi comuni che l’autrice dona una visibilità immediata attraverso la riproduzione delle loro grafie provenienti dagli archivi di ogni angolo d’Europa.

Certo, c’è ancora molta strada da percorrere, cominciando proprio dalla condivisione di questo bel libro di scritture femminili. Partendo dalle sue indagini e dalle riflessioni di tante donne a noi più o meno vicine, Plebani ci invita, infatti, a integrare, approfondire, studiare per conoscere altri tasselli, ulteriori elementi di una realtà altrettanto considerevole quanto affascinante.

 

“È giunta l’ora di non tenere chiusa in un cassetto questa storia così ricca, di non lasciarla ai margini, negli interstizi perché appartiene pienamente al cammino della scrittura, del grande mezzo di comunicazione, di espressione, di creatività degli individui di qualsiasi sesso siano”.

 

Tiziana Plebani,
Le scritture delle donne in Europa. Pratiche quotidiane e ambizioni letterarie (secoli XIII-XX)
Roma, Carocci, 2019
pp. 367

 

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