Dalla parte del vinto: Pompeo e la sconfitta di Farsalo

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Apollonio di Giovanni, La battaglia di Farsalo, XV secolo

Lorenzo Domenis, Verona –

La sconfitta di Farsalo, testo a cura di Sergio Valzania e pubblicato quest’anno dalla casa editrice Salerno, offre un interessante cambio di prospettiva riguardo la fine della repubblica romana, offrendo spunti di riflessioni stimolanti per gli appassionati di storia romana riguardo la figura del “grande perdente”, Pompeo. Qui trovate la nostra recensione.

La lunghissima storia di Roma vide diversi periodi turbolenti, contraddistinti dalla presenza di grandi personalità impegnate in conflitti politici e militari destinati a cambiare il corso della storia occidentale. Le Guerre Civili, che decretarono la fine della repubblica e l’avvento dell’impero, rappresentano momenti cruciali nella storia dell’Urbe e dei grandi personaggi coinvolti: Silla, Mario, Pompeo, Cicerone, Cesare, Catone, Marco Antonio, Ottaviano e altri ancora.
Fiumi di inchiostro sono stati scritti riguardo la guerra civile che contrappose i senatori a Giulio Cesare, conquistatore delle Gallie nonché uno dei più grandi condottieri romani. Il testo di Sergio Valzania, tuttavia, ci offre un interessante cambio di prospettiva, che consente al lettore di seguire l’ascesa, e la caduta, di Pompeo Magno. Non a caso il libro si intitola la “sconfitta di Farsalo” e non semplicemente “la battaglia di Farsalo”, proprio per sottolineare come il protagonista del volume sia il grande perdente della battaglia svoltasi in Tessaglia.

 

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Valzania, con uno stile rapido ma dettagliato, espone le principali tappe dell’ascesa di Pompeo illustrando, contemporaneamente, i principali eventi e cambiamenti del I secolo a.C. L’autore, infatti, individua alcune criticità (la riforma mariana in primis ma non solo) che portarono alla crisi della repubblica permettendo l’ascesa di figure come Mario e Silla, prima, Pompeo e Cesare poi.  Essendo Pompeo protagonista di La sconfitta di Farsalo, nel libro trovano ampio spazio le sue imprese militari, come il successo ottenuto in Spagna contro il temibile romano ribelle Sertorio, la sconfitta di Spartaco, la celebre e fondamentale campagna contro la pirateria nel Mar Mediterraneo fino alla conquista dell’Asia che permise a Roma di mettere piede in Siria e Palestina.

Di spedizione in spedizione, Valzania traccia un quadro molto interessante della personalità di Pompeo. Egli, nelle regioni su cui ebbe il controllo, ossia Spagna e Asia, non impose il pugno di ferro, non usò la violenza per sedare eventuali rivolte, bensì optò per conquistare il cuore e le menti delle popolazioni sottomesse. Pompeo si dimostrò tollerante e incline a includere gli autoctoni nel governo delle nuove provincie, ottenendo una fedeltà molto resistente, basti pensare a come la Spagna sarà l’ultima roccaforte pompeiana nella guerra civile contro Cesare. L’atteggiamento conciliatorio di Pompeo, sottolinea l’autore, sembra anticipare quello di Augusto. Contemporaneamente, l’autore mette in luce anche i difetti di Pompeo che, a più riprese, appare incapace di inserirsi con successo negli schemi di potere di Roma. Più organizzatore che calcolatore, Pompeo non ebbe la scaltrezza di Cesare né l’esperienza di Crasso (suoi compagni di triumvirato) e ciò rappresentò sempre un vulnus per la sua carriera politica dove ottenne, in ogni caso, grandi onori.

 

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Pompeo

 

Questo è, a mio avviso, uno dei principali meriti di La sconfitta di Farsalo: cercare di comprendere perché Pompeo perse senza arenarsi sul perché Cesare vinse. Tale cambio di prospettiva risulta stimolante per gli appassionati di storia antica dato che offre preziosi spunti di riflessione. Si sa, fossilizzarsi sugli stessi punti di vista è nocivo poiché abitua la mente a procedere sempre sui medesimi binari.
La visione che si ha della guerra civile tra Cesare e Pompeo è mutuata dalle fonti storiche che ci sono giunte, tra cui spicca il De bello civili dello stesso Giulio Cesare, che narra i principali eventi del conflitto dal punto di vista, ovviamente, del futuro dittatore perpetuo. Nell’opera, Pompeo emerge come un generale ormai stanco, succube del parere dei senatori per cui combatte.

Valzania non si addentra negli errori che portarono alla sconfitta di Pompeo a Farsalo, dedicando poche righe alla battaglia e allo svolgimento del conflitto in Grecia e Tessaglia. Del resto, il volume non si pone come un trattato di storia militare: non aspettatevi, quindi, digressioni sulle strategie e sulle legioni romane. L’autore è interessato all’uomo Pompeo piuttosto che al generale, pur dovendosi a volte rassegnare all’inesplicabilità di alcune decisioni dello stesso perché decise di scendere in battaglia a Farsalo pur essendo in una posizione di vantaggio rispetto a Cesare? Perché fuggì in Egitto, invece che in Asia minore, dove lo avrebbero accolto a braccia aperte? Valzania offre alcune ipotesi logiche e condivisibili sui cui non si avrà mai la certezza.

 

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Anonimo, La morte di Pompeo, XVIII secolo

 

In conclusione, La sconfitta di Farsalo è un volume di lunghezza contenuta (siamo circa sulle 180 pagine), idoneo sia per coloro che intendono leggerlo come semplici appassionati sia per gli studiosi più incalliti di storia. Lo stile risulta snello e agevole pur mantenendo un alto grado di dettaglio, eccezion fatta, come già detto, per quanto riguarda le tematiche militari in senso stretto.
La sconfitta di Farsalo merita, quindi, una lettura? Indubbiamente sì. Se vi approccerete a questo testo rimarrete piacevolmente colpiti da come Valzania tratteggia la figura di Pompeo, riuscendo a restituirgli la gloria spesso messa in secondo piano dallo strapotere del vincitore Giulio Cesare.
Pompeo emerge come un uomo che non riuscì a inserirsi in un gioco più grande di lui, vuoi per carattere vuoi per mentalità. Ciò, tuttavia, come sottolinea l’autore, non deve pregiudicare la nostra visione su di lui. Del resto, se i romani gli tributarono l’appellativo di Magnus ci sarà pure un motivo!

 

Sergio Valzania,
La sconfitta di Farsalo. Pompeo e Cesare: la fine della repubblica
Roma, Salerno Editore, 2018
pp. 179