“Nullius in verba”, o la scienza prima di tutto: storia della Royal Society, un’istituzione tra cosmopolitismo e diplomazia scientifica

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Benedetta Giuliani, Roma –

La fondazione della Royal Society

In Gran Bretagna i legami tra scienza e politica sono andati consolidandosi fin dall’età moderna. Lo storico Cristopher Hill, nella sua opera Le origini intellettuali della Rivoluzione inglese, ha evidenziato il ruolo decisivo svolto dalla cultura scientifica di matrice baconiana nella formazione di quel ceto medio che, nel 1642, prese le armi contro Carlo I Stuart.

Uno dei principali artefici della diffusione della nuova scienza fu la Royal Society, accademia fondata nel 1660 per iniziativa di un gruppo di scienziati — tra cui figuravano Robert Boyle, padre della chimica moderna, e l’architetto Cristopher Wren — che era solito riunirsi presso il Gresham College.

Il Gresham College rappresentava l’eredità che il finanziere Thomas Gresham aveva deciso di lasciare alla città di Londra: si distingueva non solo per l’orientamento apertamente anti-papista dei suoi membri, ma anche per l’importanza che questi ultimi riservavano all’insegnamento della geometria e dell’astronomia, il cui insegnamento era frequentemente trascurato negli ambienti di Oxford e Cambridge.

L’operato della Royal Society proseguì e sviluppò quello del Gresham College, contribuendo a diffondere una nuova mentalità scientifica che, come suggeriva il motto della Society, “nullius in verba, rifiutava di sottomettersi ad un’autorità che non fosse passata al vaglio della critica e della sperimentazione.

 

Lo stemma della Royal Society oggi. In basso è riportato il motto latino dell’accademia, “nullius in verba”, traducibile con “non bisogna giurare sulle parole di nessuno”.

 

Insieme a un nuovo modo di intendere e trasmettere la conoscenza scientifica, la Royal Society si fece portatrice anche di un’originale visione cosmopolitica della scienza. La vocazione per così dire internazionalistica della Society si manifestò fin dagli esordi dell’accademia.

La carta reale del 1663 con la quale si riconosceva formalmente l’esistenza dell’istituzione affermava che, attraverso il suo operato, l’accademia avrebbe permesso di “estendere non solo i confini dell’impero ma anche quelli delle arti e delle scienze”. Nel 1723 la Royal Society decise di dotarsi di un Foreign Secretary.

L’istituzione di tale carica può a buon diritto essere considerata come l’atto che sancì la nascita della cosiddetta diplomazia della scienza, ovvero di quell’insieme complesso di iniziative volte a rafforzare la collaborazione internazionale attraverso la cooperazione tra scienziati e gruppi di ricerca.

Ad oggi la diplomazia della scienza rappresenta una delle forme più note di soft power e, come ricordò l’ex Foreign Secretary Lorna Casselton, la sua comparsa deve molto all’operato della Royal Society:

 

«The Royal Society has a long history of using science to rise above military conflict and political and cultural differences. My post was instituted in 1723, nearly sixty years before the British government appointed its first Secretary of State for Foreign Affairs».

 

Royal Society, Crane Court, off Fleet Street, London: a meeting in progress, with Isaac Newton in the chair. Wood engraving by J. Quartley, after 1883

 

La Royal Society durante la Guerra fredda: le relazioni con l’Unione Sovietica e la Cina comunista

 Fin dal XVII secolo, dunque, i fellows della Royal Society si erano impegnati a stabilire contatti con scienziati di altre nazioni, gettando le basi per la nascita di una comunità scientifica internazionale. L’attuazione di una politica di scambio e contatti tra comunità scientifiche diverse divenne, però, estremamente complessa nel mondo bipolare che emerse dopo la fine della Seconda guerra mondiale.

Tuttavia la ricca documentazione messa a disposizione dalle Notes and Records della Royal Society, dimostra che l’accademia britannica riuscì a mantenere una solida rete di contatti con i Paesi del blocco orientale: di particolare interesse si rivelano i contatti che mantenne con l’Accademia Sovietica delle Scienze di Mosca e con l’Accademia Sinica di Pechino.

Per quanto riguarda i rapporti con l’Accademia Sovietica, le fonti prodotte dalla Royal Society attestano l’esistenza di relazioni particolarmente amichevoli durante il corso della guerra. Così, ad esempio, l’Accademia Sovietica replicava ai messaggi di solidarietà inviati dall’istituzione britannica nel 1941, in seguito all’invasione della Russia da parte della Germania:

 

«The Academy of Sciences of the USSR sends its warmest greetings to the Royal Society in London […] In the struggle for the happy future of humanity standing hand in hand against the common foe men of science of Great Britain and the Soviet Union will contribute with all their forces to the triumph of liberty, culture and science over Hitlerite tyranny and obscurantism»

 

Benché i riferimenti alla comunione d’intenti dei membri del fronte anti-nazista fossero destinati a scemare con la conclusione delle ostilità e il profilarsi dell’antagonismo tra Stati Uniti e Unione Sovietica, ancora negli anni Cinquanta il dialogo tra gli scienziati sovietici e i loro colleghi britannici si manteneva aperto e cordiale.

Nel 1955 una delegazione di rappresentanti dell’Accademia si recò in visita a Londra e, appena due anni più tardi, le due accademie siglarono un programma di scambio tra ricercatori e istituirono due borse di studio di durata annuale. Nel 1959 l’ambasciatore russo Yacov Malik partecipò a un incontro presso la sede della Royal Society per conferire ad alcuni scienziati britannici, tra cui il celebre fisico Paul Dirac, il titolo di foreign members dell’Accademia Sovietica delle Scienze.

Sebbene ancora nei primi anni Sessanta era possibile per gli scienziati sovietici recarsi in visita a Londra, per osservare le ricerche condotte nelle università britanniche, i rapporti tra le due accademie iniziarono ad essere influenzati dal deteriorarsi delle relazioni sovietico-americane.

In seguito alla costruzione del muro di Berlino, nel 1961, i governi occidentali adottarono politiche molto severe sulla concessione dei visti che ridussero notevolmente le possibilità per gli scienziati sovietici di viaggiare nell’Europa occidentale.

D’altra parte, i membri della Royal Society divennero sempre più consapevoli delle responsabilità derivanti dal mantenere rapporti con i rappresentanti di uno Stato in cui alcuni scienziati venivano perseguitati in quanto dissidenti politici.

 

I rappresentanti dell’Accademia Sovietica delle Scienze e della Royal Society firmano un accordo di collaborazione tra le due istituzioni nel 1965.

 

La repressione violenta della Primavera di Praga, nel 1968, segnò la crisi più acuta tra le due istituzioni. Tuttavia, come ha osservato lo storico Peter Collins, la Royal Society decise di non abbandonare del tutto il dialogo con i sovietici, affiancando alla collaborazione in ambito scientifico una continua opera di denuncia contro la repressione del dissenso nell’Unione Sovietica.

Altrettanto decisivi, nel definire la “politica estera” della Royal Society, furono i rapporti con la Cina, in particolare con una delle sue istituzioni culturali più importanti quale l’Accademia Sinica. La comunità scientifica cinese e quella britannica avevano costruito, all’inizio degli anni Trenta, un solido rapporto grazie soprattutto all’operato del biochimico Joseph Needham, direttore dell’Ufficio per la cooperazione scientifica sino-britannica dal 1942 al 1946.

La presa del potere da parte dei comunisti non intaccò le relazioni tra la Royal Society e l’Accademia Sinica di Pechino, come dimostrano i diversi viaggi di scambio tra delegazioni di scienziati organizzati fino al 1962. Fu solo con l’inizio della Rivoluzione culturale nel 1966 che i rapporti tra gli studiosi cinesi e la Gran Bretagna si incrinarono.

 

Delegazione della Royal Society insieme ai rappresentanti dell’Accademia Sinica. L’incontro avvenne nel 1978, quando le relazioni tra le due istituzioni furono ripristinate.

 

Negli anni Settanta, soprattutto dopo la morte di Mao, si aprirono delle opportunità per recuperare il confronto con i cinesi: il ripristino dei legami con tale ambiente scientifico faceva parte di una politica di riavvicinamento alla Cina perseguita su larga scala dal governo britannico.

La Royal Society con la sua lunga esperienza nell’intrecciare rapporti con l’élite scientifica di nazioni straniere, divenne un attore di primo piano per la politica orientale guidata dal Foreign and Commonwealth Office.

Uno dei risultati più importanti, ottenuto con la cooperazione della Royal Society, fu l’accordo sulla cooperazione scientifica e tecnologica siglato da Gran Bretagna e Cina nel 1978 con il quale i due Paesi si impegnavano non solo a facilitare la circolazione, entro le rispettive frontiere, dei ricercatori e degli studenti, ma anche di avviare una cooperazione diretta nei progetti di ricerca “di comune interesse”.

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