Prokleti Kam: tra storia, memoria e racconti popolari nei Balcani

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Michele Santoro – Bologna

In una notte di settembre della metà del Quattrocento circa, in una piccola penisola nell’attuale Montenegro, un mercante veneziano di nome Marin Drusco usciva di soppiatto da un monastero. L’uomo aveva avvelenato i monaci e fuggiva a cavallo, di ritorno verso la città di Cattaro. L’operazione avrebbe assicurato al mercante titoli e benessere nel nuovo ordine filo-veneziano che la Serenissima stava instaurando nel territorio. L’influenza di quei monaci nel territorio di Grbalj, contado tra Budva e Cattaro nella quale si ergeva il monastero, sarebbe stata infatti una spina nel fianco delle autorità veneziane a tal punto da complottarne l’omicidio.

 

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Cattaro

 

La stessa mattina poi i cannoni delle navi cattarensi convertirono il monastero in macerie giustificando l’operazione come una misura preventiva per contenere la diffusione di alcuni casi di peste che si sarebbero verificati tra le mura di questa comunità di religiosi. Le voci riguardo il contagio, guarda caso, anticiparono di qualche giorno il misfatto di Marin Drusco. Ciò nonostante, il malaugurato protagonista della faccenda non riuscì a godere dei benefici promessi, poiché rimase vittima la stessa notte di un misterioso incidente a cavallo nei pressi della località di Odoljen, più precisamente, ai piedi di una rupe che dalla sfortunata sorte del malcapitato viene ancora oggi denominata prokleti kamla rupe maledetta.

Il clero ortodosso serbo reclama tuttora la veridicità del racconto sul monastero che, secondo la vulgata, sarebbe stato fondato da san Sava in persona, all’epoca Rastko Nemanjić, nel 1215 quando vi istituì la diocesi di Zeta. Tuttavia un’analisi approfondita delle fonti dell’archivio vescovile di Cattaro non rivela prove a supporto di questa teoria. Il metropolita infatti, fondò la diocesi in un’altra chiesa, san Michele in Drepa, una località nei pressi della riviera del lago Skadar. Da un’errata compilazione delle fonti da parte di Vasilijie Petrović-Njegoš, che nella sua Istorija o Černoj Gori per primo testimonia l’evento, sarebbe poi scaturito questo racconto popolare.

 

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San Sava

 

Già Giuseppe Gelcich nel 1899 ipotizzava la teoria del fraintendimento, ma sembrerebbe che la versione mitica della storia risultasse alla storiografia slava del XX secolo ben più interessante. Ciò che sappiamo per certo è che sicuramente ci fu un interesse da parte di Cattaro nel riconquistare i territori circostanti alla città, sottratti dalla dinastia dei Balšici, giovandosi da un lato dell’aiuto veneziano e dall’altro della disgregazione del regno serbo. Tuttavia, la demolizione del monastero rimane ancora un punto oscuro. Se infatti il complotto del Drusco avesse eliminato la presenza dei monaci dal territorio, e con essi la loro influenza sulla popolazione del contado di Grbalj, perché radere al suolo l’intero monastero? Inoltre, sia nelle fonti dei Monumenta Slavorum Meridionalum che in altri studi compiuti rispettivamente da Giuseppe Gelcich e da Ivo Stjepčevic, emerge che nel 1409 il territorio di Prevlaka, nel quale si sarebbe trovato il monastero, fu promesso effettivamente alla gestione di un tale Marin Drusco dalla città di Cattaro e che per anni le continue rivolte popolari e le operazioni militari di Balša III (1387-1421) ne resero impossibile la conquista.

Cattaro, durante la dominazione della dinastia dei Balšici (1355-1420), aveva perso gran parte del territorio nel contado di Grbalj. I nobili cattarensi con il benestare del nuovo protettore veneziano attuarono una politica di riconquista dei territori persi, nei quali si trovava il monastero in questione. Esso era economicamente essenziale poiché tra i suoi possedimenti figurava una salina situata nei pressi del territorio di Krtole, denominato oggi Radovići. Questa fornì una riserva economica rilevante per i nobili locali del contado di Grbalj, i quali, ancora legati dai vincoli feudali dell’ormai tramontato dominio serbo, decisero di mobilitare le forze popolari affinché opponessero una resistenza all’espansione cattarense.

 

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Panorama di Radovici

 

A questo punto potremmo supporre che la distruzione del monastero sia avvenuta ad opera degli stessi abitanti del territorio i quali con la sua demolizione ritenevano annullati del pari tutti i diritti che i nobili di Cattaro avevano sulle terre di quel contado. Nella storiografia slava i tentativi di rivolta contro le dominazioni straniere rappresentano infatti un leitmotiv che accompagnò tutta la scrittura storica a partire dal XIX secolo. Un esempio ne sono i racconti sulle azioni di guerriglia degli Hajduci e degli Usckoci: tali eroi popolari figurano nei racconti come difensori di un popolo sottomesso che per lungo tempo era stato “costretto” dalla dominazione ottomana nell’entroterra e da quella veneziana sul litorale. Ma perché il racconto della rupe maledetta nacque proprio all’inizio del XIX secolo?

 

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Per quasi cinquecento anni l’attuale Montenegro subì le pressioni di due grandi potenze dell’epoca quali l’Impero Ottomano e la Repubblica di Venezia. Una struttura prevalentemente organizzata in clan e piccoli potentati non aveva permesso la creazione di solidi confini nazionali, come del resto non era consolidata l’immagine spirituale che il popolo aveva di sé, divisa tra Cattolicesimo, Ortodossia e Islam. L’urgenza di consolidare la propria immagine fece sì che i racconti sulle mobilitazioni popolari contro gli abusi delle autorità straniere diventassero un tema centrale della letteratura montenegrina di cui un chiaro esempio è presente nella celebre opera Gorski Vijenac del poeta e vladika (principe-vescovo) Petar II Petrović-Njegoš. A questo punto la leggenda della rupe maledetta può essere quindi collocata in una più ampia tradizione letteraria che rappresentò una volontà di auto legittimazione dei propri diritti sul territorio contro ogni potenza straniera.

 

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Petar II Petrović-Njegoš

 

Quando si parla di memoria, talvolta,  si tende a confonderne il contenuto con i fatti della storia. Tra scrivere storie e storia esiste una linea sottile che potremmo definire tesa tra due poli: la percezione degli eventi in primo luogo e ,d’altra parte, il contesto storico culturale nel quale l’autore vive e scrive. Benché i racconti popolari possano sembrare, agli occhi di uno storico, irreali o impossibili da documentare, in essi è contenuto spesso un significato che ci suggerisce la necessità della nascita di un determinato racconto in un preciso momento storico. Parafrasando il pensiero di Carlo Ginzburg, potremmo dire che l’immediatezza della memoria viene spesso contrapposta all’atteggiamento distaccato della storiografia, così da suggerire in maniera più o meno implicita la superiorità della prima sulla seconda. Ma, analizzando la dimensione culturale e sociale della memoria, le cose appaiono più complesse. L’empatia storica lavorerebbe infatti come un “ventriloquo”, una modalità di avvicinarsi al passato che finisce col far dire agli attori della storia ciò che vogliamo. Facendo ricerca in territori che hanno avuto un processo di riscrittura del proprio passato –  che può essere dovuto ad un più o meno specifico intervento della politica novecentesca sull’immagine della propria storia nazionale – ci si ritrova spesso a dover soppesare la distanza che intercorre tra i racconti popolari e le fonti documentarie.

Quale deve essere allora il peso della storia e quale quello dei racconti popolari in una narrazione storica oggettiva? I racconti popolari e le leggende risultano certo più affascinanti rispetto alla storia tout-court fatta di fonti documentarie e di date. Ma perché ciò accade? E quali possono essere le giuste domande che uno storico che si imbatte in questo tipo di esperienza di ricerca dovrebbe porsi? Ci chiediamo mai cosa si nasconda dietro la nascita di un determinato racconto e quale influenza possa avere la decifrazione di tali narrazioni nella scrittura della storia?

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1 thought on “Prokleti Kam: tra storia, memoria e racconti popolari nei Balcani

  • Articolo molto interessante,raccontato in modo delicato
    ma nello stesso tempo affascinando e intrigando il lettore .Scritto con sensibilità e rispetto per gli eventi storici di quel tempo.

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