Waldseemüller: la prima comparsa dell’America?

waldseemueller-map-america

Nicolò Atzori – Cagliari

Nel 1901 lo storico e cartografo gesuita Joseph Fischer rinvenne nella biblioteca del castello di Wolfegg (Germania) una delle mille copie della mappa di Waldseemüller – in cui compariva il termine America – accompagnata da una carta marina del 1516 del medesimo autore. La mappa venne edita nel 1507 nell’antico Ducato di Lotaringia, territorio allora soggetto alla corona imperiale di Massimiliano I d’Asburgo e oggi grossomodo riconducibile alla Lorena, regione francese al confine con la Germania.

Qui, nella cittadina di Saint-Dié-des-Vosges, alcuni eruditi dell’antico monastero di San Deodato diedero vita all’associazione letteraria e scientifica Gymnasium Vosagense, facente capo al canonico Gauthier Ludd e a cui apparteneva, fra gli altri, il cartografo e umanista Martin Waldseemüller (1470-1521), protagonista di questa storia.

Seguendo i suoi studi, infatti, riportò su carta il profilo dalla portata ormai continentale delle terre scoperte dal fiorentino Amerigo Vespucci durante i suoi lunghi viaggi, l’ultimo dei quali lo aveva visto salpare da Lisbona appena sei anni prima (13 Maggio 1501) alla volta del Nuovo Mondo, battente bandiera portoghese.

L’intellettuale tedesco decise quindi, d’accordo col grecista e poeta Matthias Ringmann, di indicare quello spazio come “America” e celebrare così in maniera indelebile il nome e le imprese del grande esploratore toscano, colui che, fino a quel momento, aveva scoperto la maggiore estensione di territori costieri. Si trattò di fatto della prima volta in cui il Nuovo Continente veniva rappresentato come una realtà a sé stante e, secondo gli storici della cartografia, anche della prima attestazione dell’utilizzo del termine “America” per indicarlo. Ma andiamo con ordine.

L’opera in questione è un monumentale planisfero cordiforme composto da dodici stacchi cartografici, a cui venne dato il nome di Universalis cosmographia secundum Ptholomaei traditionem et Americi Vespucii aliorumque lustrationes, e che a sua volta è contenuto all’interno di uno dei testi alla cui redazione lavorava alacremente il cenacolo erudito del Gymnasium: la Cosmographiae introductio, un piccolo trattato – curato da Waldseemüller, Ringmann e Jean Basin – che introduceva alla Geographia di Tolomeo e che, in sostanza, fondeva tutte le più significative scoperte geografiche fino ad allora compiute dagli esploratori europei. In questa vicenda il Ringmann ebbe un peso decisivo: fu durante un suo soggiorno in Italia che gli capitò tra le mani un manoscritto greco del testo tolemaico che ottenne di portare con sé in Germania affinché potesse essere studiato dalla sua cerchia erudita. Prima del contributo di questi intellettuali, la maggior parte dei cartografi era convinta che le terre scoperte da Colombo, Vespucci e dai vari esploratori europei facessero parte delle Indie, indicativamente corrispondenti alle attuali regioni del sud asiatico. Tuttavia, secondo lo storico Peter Whitfield, la decisione del Waldseemüller di incorporare nella sua carta il Pacifico – scoperto solo nel 1513 – sarebbe derivata dal fatto che l’umanista si accorse che i resoconti delle Americhe fatti da Vespucci non si conciliavano minimamente con le conoscenze che i contemporanei avevano delle Indie. La sua intuizione che le terre appena scoperte non potessero far parte dell’Asia ma che fossero invece pertinenti ad un nuovo continente si rivelò dunque incredibilmente esatta. La mole di fonti alla quale attinse la compagnia di San Deodato era ovviamente imponente e viene illustrata dallo stesso Waldseemüller nella legenda della Cosmographia, in cui emerge la grande difficoltà di riunire assieme un così eterogeneo e vasto numero di contributi per dare vita a un vero e proprio trait d’union onnicomprensivo.

waldseemullermartin-america

Martin Waldseemüller

La fonte principale fu indubbiamente il geografo greco Tolomeo (II sec. d.C.) e la stessa proiezione adottata per costruire la struttura cartografica osserva la ratio tolemaica: a lui si deve infatti la Geographike Hyphegesis, meglio nota come Geografia, da cui mosse la ricerca del cenacolo canonico e che rappresenta l’opera che più di tutte ha influenzato le epoche successive per la sua eterogeneità semantica e strutturale. Questa base tecnico-teorica venne poi integrata attingendo ad altre carte di autori europei sia coevi agli intellettuali lorenesi – è il caso della cosiddetta carta del Cantino, disegnata ad inizio Cinquecento dall’intellettuale genovese Nikolaus de Canerio – che loro precedenti, come Marco Polo (1254 – 1324), fonte d’ispirazione per le sezioni riguardanti l’Asia settentrionale ed orientale. La carta marina del Waldseemüller del 1516, ad esempio, è una sorta di ristampa “ragionata” del modello del Canerio, che il canonico lorenese integrò poi con le più recenti acquisizioni di cui disponeva.

Il patronus dell’impresa e della stessa associazione dei tedeschi fu il duca di Lorena Renato II, sovrano illuminato e colto, grande appassionato di studia humanitatis e di geografia, secondo il canone di molti ambienti intellettuali del suo tempo. Del trattato – corpo principale della pubblicazione – si susseguirono diverse edizioni in pochi mesi, prova del grande successo iniziale e, secondo la biografia del Waldseemüller riportata nella Catholic Encyclopedia, vennero emesse un migliaio di copie della carta che fino alla scoperta del 1901 si conosceva solo attraverso fonti letterarie oltre a poche e molto ridotte riproduzioni. Solo il rinvenimento di uno di questi esemplari – ritenuti fino a quel momento perduti – permise di appurare che il formato ed il valore intrinseco reale superassero qualsiasi valutazione prima di allora avanzata dagli studiosi. Le più famose di queste riproduzioni vennero realizzate da un contemporaneo di Waldseemüller, l’umanista svizzero Henricus Glareanus che in una di esse, del 1510, dichiara espressamente di avere copiato il cosmografo tedesco, fornendo una prova inequivocabile della paternità della carta e della rapida notorietà da essa raggiunta nel contesto europeo. Se non vi sono dubbi sull’autore della carta, lo stesso non si può dire per l’aura di esclusività di cui essa ha goduto per il fatto di recare – secondo la teoria predominante – la prima menzione del termine “America”. Recenti studi, infatti, hanno dimostrato che una più antica testimonianza cartografica dell’utilizzo del nome sarebbe una piccola incisione su rame raffigurante un globo su cui compare la locuzione “AMERICA NOVITER REPERTA”, conservata alla New York Public Library e precedente di almeno 8 anni la carta del Waldseemüller. Per ulteriori confronti, si rimanda allo studio di Missinne (2015).

vespucci-america

Nel fecondo contesto dei secoli XV e XVI attecchì dunque il progetto dei canonici tedeschi, stimolati da un grande fermento tecnico-scientifico e ovviamente geografico, che alimentò l’importante produzione di strumenti per la misurazione dello spazio, di cui la loro Cosmographia può ritenersi per l’epoca un vero punto di arrivo.  Tra il tardo Quattrocento e il principio del secolo successivo, infatti, si consumò l’apice delle esplorazioni, indiscusse fautrici di una rilettura del mondo allora conosciuto e della conquista dello spazio, che avrà quale catalizzatore il Rinascimento toscano. Proprio a Firenze, sua rappresentante più feconda, figure del calibro di Verrocchio, Botticelli, Leonardo furono i precursori di una nuova visione delle arti e delle scienze che avrebbe rivoluzionato il pensiero occidentale con un lascito inestimabile.

Proprio sotto l’egida illuminata della signoria medicea trascorse quasi quarant’anni della sua vita Amerigo Vespucci, attorno alla cui figura si alimenta – complici alcuni filoni di ricerca – una suggestione abbastanza provocatoria: quanto l’humus familiare nel quale crebbe il Vespucci incise nella scelta di Martin Waldseemüller di concentrare l’attenzione proprio sull’esploratore fiorentino? Quanto l’influenza di suo zio Giorgio Antonio Vespucci – umanista amico di Marsilio Ficino e precettore dei giovani Medici – fu determinante affinché nel lavoro dei canonici di San Deodato comparisse un evidente riconoscimento dei meriti del grande navigatore? Forse non lo sapremo mai, ma indipendentemente dalle ragioni che li spinsero fu proprio l’eco di quella stagione così prospera a stimolare gli eruditi di Sant-Dié-des-Vosges che firmarono la monumentale opera della Universalis cosmographia, pietra miliare della cartografia e felice esito della compenetrazione di culture dell’Europa medievale e moderna fra loro molto distanti ma non per questo incapaci di dialogare, come quella lusitana, quella tedesca, quella toscana del Rinascimento e quella inedita ed autoctona della “neonata” America, la “Terra di Amerigo”.

Le letture consigliate:

D. Baldi, M. Maggini, M. Marrani, Le origini toscane della Cosmografia di Matthias Ringmann e Martin Waldseemüller, Consiglio regionale della Toscana, Firenze, 2015;

C. Piani, D. Baratono, L’origine del sacro manto geografico in L’UNIVERSO, n°2, Istituto Geografico Militare, Firenze, 2010;

R. Almagià, Storia della geografia in Storia delle scienze, UTET, Torino, 1962;

D. Baldi, Gli auctores nella Cosmographiae introductio (1507) di Martin Waldseemüller e Matthias Ringmann, in Certissima signa. A Venice Conference on Greek and Latin Astronomical Texts, vol. 13, F. Pontani (a cura di), Edizioni Ca’ Foscari, Venezia, 2017;

D. Alexander, Map that named America is a puzzle for researchers, “Reuters”, 5 dicembre 2007;

S. J. Missinne, America’s Birth Certificate: The Oldest Globular World Map: c. 1507, in “Advances in Historical Studies”, 4 (2015)