Pompei antica tra eventi e catastrofi

Pompei ricostruita

Martina Nasly Pegoraro – Padova

La città di Pompei sorse vicino al mare e al fiume Sarno, il quale sgorga dal Monte Torrenone e ha ancora oggi una portata copiosa e costante.

In età sannitica questo fiume fu oggetto di culto delle acque: qui veniva venerata Mefitis, una divinità femminile che continuerà ad essere oggetto di culto anche in età romana a Pompei, ma con un nome diverso: Venus Fisica.

Del periodo più antico di Pompei, ovvero l’età arcaica, non si hanno testimonianze storiche, ma grazie all’archeologia ed all’epigrafia si è giunti a conoscere che in questo periodo vi fu la costruzione quasi contemporanea di due santuari, il Tempio di Apollo ed il Tempio Dorico dedicato ad Atena ed Ercole.

Il primo aveva la funzione di centro di aggregazione religiosa e politica di Pompei, mentre il secondo, per la sua posizione periferica a ridosso delle mura cittadine e rivolto verso il mare, doveva avere la funzione di polo di attrazione per chi giungeva navigando presso la costa.

La prima fonte letteraria riguardo Pompei narra di un evento accaduto nel 310 a.C., durante la Seconda Guerra Sannitica, in cui i socii navales di Roma, al cui comando vi era P. Cornelio, sbarcarono a Pompei per poi rivolgere le proprie attenzioni ad un’altra città, Nocera.

Tra III e II sec. a.C. Pompei si caratterizzò per un forte aumento demografico senza precedenti, aumento che poi interessò tutto il II sec. a.C. Tale crescita demografica non si deve alla migrazione di cittadini di Nocera in seguito al saccheggio della città da parte dei cartaginesi, guidati da Annibale, ma piuttosto al trasferimento in città da parte delle persone che risiedevano nell’agro circostante, ovvero la campagna.

Le fonti geografiche antiche ritraggono una Pompei che con la sua funzione portuale, come scalo commerciale marittimo delle rotte tra Egeo e Tirreno, divenne un vero e proprio polo di attrazione.

 Pompei, posta a poca distanza dal fiume Sarno, il cui corso è utilizzato per importare ed esportare merci, funge da porto per Nola, Nocera e Acerra.                                                                        STRABONE, V, 4, 8.

 

Dallo studio e dalle ricerche sull’onomastica pompeiana è stata scoperto che nella seconda metà del II sec. a.C. numerose famiglie pompeiane si trasferirono nell’isola di Delo. Ma ancora più numerosi furono i trasferimenti di cittadini italici a Pompei, i quali vi giunsero attratti dalle opportunità commerciali che dava loro Pompei.

Grazie alla scoperta di un’epigrafe, rinvenuta presso il Tempio di Apollo a Pompei, si è potuta confermare la presenza di Pompei fra le città alleate di Roma, come civitas foederata, nella sua espansione verso Oriente. In tale circostanza Pompei fornì soldi e truppe, quest’ultime probabilmente andarono ad ingrossare le fila della cavalleria romana.

Quando scoppiò la Guerra Sociale, agli albori del I sec. a.C., Pompei fu una delle città che insorsero contro Roma e fonti antiche, come Appiano ed Orosio, ricordano una forte presenza dell’esercito romano attorno alla città e lo scoppio di numerosi tumulti. Velleio Patercolo, inoltre, riporta che nell’89 a.C. Pompei subì un assedio da parte dei romani agli ordini del condottiero L. Cornelio Silla.

Fu un evento traumatico per la città che lasciò evidenti tracce, basti pensare alle iscrizioni sui muri degli edifici indirizzate alle milizie urbane che la difendevano, definite eituns, ed i segni del bombardamento subito a causa delle macchine da guerra in alcuni punti della cinta muraria.

Nella primavera dell’89 a.C. l’esercito romano era quindi giunto a ridosso delle mura settentrionali di Pompei: tale sezione settentrionale, compresa tra la porta Ercolano e la porta Vesuvio, risultava essere una direttrice ottimale per l’attacco e la conquista della città.

I conquistatori non erano gli unici a conoscere la debolezza delle mura settentrionali, ne erano infatti a conoscenza anche i difensori pompeiani i quali potenziarono le difese di quel tratto: le mura risultarono essere quindi più alte e massicce, il fossato difensivo più ampio e profondo; furono inoltre posizionate numerose catapulte e baliste all’interno di torri, sulle loro coperture, ma anche sugli spalti. Queste macchine da guerra erano collocate secondo uno schieramento ridondante, il quale però non era ripetuto lungo il tratto delle restanti mura. La loro presenza bastò a persuadere i romani che potesse bastare un attacco fulmineo a far capitolare in poco tempo Pompei, perciò fu necessario prepararsi ad un esasperante e sanguinoso assedio.

I romani utilizzarono a loro volta delle macchine da lancio per costringere i difensori ad abbandonare la loro posizione sugli spalti e ad avvicinarsi alle loro macchine da guerra. Numerose palle di pietra si abbatterono in breve tempo sulle mura di Pompei, riempiendo l’aria con i loro sinistri sibili, il rumore degli schianti sulle mura e le urla degli uomini colpiti.

Nonostante il martellamento quasi ininterrotto delle baliste e delle macchine ossidionali per settimane e la conquista delle mura da parte degli assedianti, Pompei non capitolò. Solo nell’inverno successivo l’arrivo dell’esercito romano di fronte alle mura della città, questa aprì aprire le porte al nemico. In seguito Pompei ottenne il rango di municipium, il quale le garantiva una buona autonomia amministrativa.

Nell’80 a.C. Pompei pagò a caro prezzo l’alleanza al partito di Mario durante la Prima Guerra Civile romana, infatti, in seguito alla sconfitta del partito filomariano ad opera degli optimates, furono confiscate le ville di residenza e di produzione presenti nell’agro pompeiano e furono divise tra i soldati veterani dei vincitori, come premio per il loro servizio. Fu insediata una nuova classe dirigente che soppiantò del tutto le antiche famiglie locali.

Durante prima età imperiale la città di Pompei fu abbellita da numerose costruzioni edilizie atte a celebrare il nuovo potere che aveva preso il posto della precedente Repubblica: sorsero così edifici dedicati al culto della dinastia imperiale, come il Tempio del Genio di Augusto, il macellum ed il Tempio della Fortuna Augusta. In questo momento gli appartenenti alla casa imperiale, in particolare sotto Tiberio e Nerone, soggiornarono a lungo nell’area del Golfo, tra Capri e Baia.

Il 5 febbraio del 62 d.C., secondo Tacito, del 63 d.C. secondo Seneca, vi fu nella regione Campania un fortissimo e terribile terremoto che riportò effetti disastrosi sia su Pompei sia su Ercolano, ma anche in altre città del territorio con effetti meno gravi. Nonostante la forza del terremoto, non fu questo fenomeno naturale a portare alla distruzione Pompei, bensì l’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C..

Nella mattina del 24 agosto, alle ore nove-dieci, ebbe inizio la prima fase dell’eruzione, la quale fu segnalata da piccole esplosioni con un’emissione di flusso vulcanico localizzata nelle pendici meridionali del Vesuvio. Alle ore tredici circa dello stesso giorno vi fu l’inizio della fase esplosiva, in cui si formò una nube gigantesca che raggiunse i quattordici km di altezza. La nube rilasciò lapilli e pomici bianche che cominciarono a depositarsi sui tetti delle case e degli edifici di Pompei. La città risentì di continue scosse sismiche per tutto il giorno.

I cittadini si rifugiarono nelle proprie case, tutti eccetto uno: Plinio il Vecchio, all’epoca comandante della flotta romana, che si imbarcò da Capo Miseno per avvicinarsi al Vesuvio e osservare questo fenomeno di eruzione. Alle ore diciassette i tetti delle case cominciarono a crollare sotto il peso delle pomici, le quali avevano formato uno strato alto circa cinquanta centimetri. Ore venti: la colonna di fumo subì il primo crollo e la sua discesa a terra creò due flussi piroclastici che distrussero le Ville di Terzigno. Ore due del 25 agosto: due colate piroclastiche della temperatura di quattrocento gradi ed una velocità di trenta metri al secondo distrussero Ercolano, Oplontis, e Boscoreale.

Durante la notte del 25 agosto la colonna eruttiva raddoppiò la sua altezza ed aumentò il livello delle pomici di centoventi centimetri sui tetti delle abitazioni pompeiane. Alle sei e mezzo del mattino si formò una nuova colata piroclastica che raggiunse il lato settentrionale delle mura di Pompei: chi si trovava all’esterno di questo tratto di mura morì.

Le successive colate piroclastiche raggiunsero il centro della città uccidendo tutti i pompeiani che ancora non se ne erano andati; queste raggiunsero anche il porto di Pompei senza lasciare scampo a nessuno. Ore otto: un’altra colata piroclastica si abbatté su Pompei spazzando via tutto quello che si trovava al di sopra dello strato di lapilli di circa ormai quattro metri.

Questa colata raggiunse anche la città vicina, Stabiae, città in cui si era fermato Plinio il Vecchio, il quale non era riuscito a navigare oltre. Gli scavi archeologici riportarono alla luce i corpi di 1.150 vittime a Pompei, 258 situate nel suburbio.

Le letture consigliate:

F. Pesando, M.P. Guidobaldi, Pompei Oplontis Ercolano Stabiae, Laterza, Roma-Bari, 2006

F. Russo, F. Russo, 89 a.C. assedio a Pompei, Eventus, Napoli, 2005

F. Pesando, Pompei le età di Pompei, Milano, 24 ORE Cultura srl, Milano, 2012


STRABONE, Geografia. L’Italia, libri 5°-6°, BUR, 1988


Le immagini esterne di Pompei sono a cura dell’autrice