Persepoli: un’indagine storica

Persepoli_1

Martina Nasly Pegoraro – Padova

Persepoli, Pārsa in Farsi. Una tra le più imponenti e note città persiane, in cui sorgevano alcuni dei palazzi più splendidi e maestosi dell’antica Persia.

Persepoli fu fondata poco dopo il 520 a.C. su una terrazza naturale di circa 125.000 metri quadrati, collocata in un’ampia pianura resa fertile dal passaggio del fiume Araxe, per volere del Re dei Re Dario I (522-486 a.C.), noto anche come Dario il Grande. Questo sovrano achemenide fece mobilitare un’enorme forza lavoro e una grande moltitudine di materiali chiamando a raccolta lavoratori ed artigiani da tutto il vasto impero persiano.

È lui stesso a narrarci la costruzione dei palazzi della città nel testo della carta di fondazione: questo testo non è stato scritto su un foglio di pergamena, è stato bensì inciso su una stele d’oro, utilizzando caratteri cuneiformi. Oggi la stele è conservata al Museo Nazionale di Teheran.

Io sono Dario, Grande Re, Re dei Re, Re potente, Re di Babilonia, Re di Sumer e di Akhad. Di dinastia Hakhamaneschi. Questi sono i paesi che ho [4 angoli del mondo] da qui fino all’Etiopia e dall’India fino a Lodieh, tutto ciò mi è stato donato da Ahumazda [Dio]. Dio Ahumazda proteggi me e la mia dinastia.

Persepoli non era una città in cui i sovrani risiedevano stabilmente, un luogo residenza, ma più una città cerimoniale, frequentata per lo più per le cerimonie della festa del Capodanno iranico, chiamato Nawrūz. Il Capodanno era festa dedicata alla divinità principale del pantheon iranico, Ahura-Mazda. In questa occasione giungevano a Persepoli gli ambasciatori e le delegazioni dei popoli aggiogati al dominio achemenide, allo scopo di portare al Re dei Re i tributi.

Nonostante la forte ostilità che correva tra persiani e greci, sfociata poi nelle cosiddette Guerre Persiane, in cui i due popoli si scontrarono sul suolo greco, prima a Maratona e poi a Salamina e Platea, i sovrani persiani, sia Dario il Grande sia suo figlio Serse, impiegarono maestranze greche per la realizzazione dei propri palazzi. Queste maestranze erano sì greche, ma provenienti dall’Asia minore, anche conosciuta come Ionia, in particolare da Samo.

Persepoli_4

La testimonianza che furono i greci ad innalzare i palazzi persiani di Persepoli, ma anche di un’altra grande capitale persiana, Pasargade, la ritroviamo in altre iscrizioni, come ad esempio quella che segue, in cui voi si legge la volontà del sovrano stesso di rendere noto le nazioni che lavorarono alla costruzione dei palazzi e quali erano le loro mansioni:

Gli stessi “Greci” erano anche specializzati nella costruzione di palazzi: coloro che lavoravano la pietra erano “Greci” e “Lidi”.

Infine, nelle vicinanze di Persepoli furono rinvenuti, all’interno di una cava, dei graffiti in caratteri greci che riportavano i nomi di due capocontiere: Nikias e Pytharkhos, nomi di origine greca.
Gli architetti, gli ingeneri e gli scultori ellenici possedevano, già nel VI secolo a.C., la tecnologia e l’esperienza per mettere in opera colonne di pietra alte più di venti metri, caratteristica che si ritrova nelle sale ipostile, dette anche apadana, dei palazzi achemenidi.

I Re achemenidi erano dei sovrani che proiettavano il proprio domino politico ed economico sulla Ionia, ma allo stesso tempo erano affascinati dalle capacità architettoniche e delle tecnologie che i greci dell’Asia minore avevano sperimentato e che in quel momento ormai padroneggiavano a tal punto da poter realizzare palazzi con sale il cui soffitto era alto venti metri.Persepoli divenne il simbolo dell’ideologia imperiale achemenide. Qui vi si trovavano non solo i grandi palazzi di Dario I e di suo figlio Serse, ma anche le tombe monumentali dei re.

La dinastia achemenide finì con la sconfitta di Dario IV per mano di Alessandro il Grande, il quale sconfisse il sovrano persiano nella battaglia di Isso e di Gaugamela. In entrambe le situazioni Dario IV fuggì abbandonando il campo di battaglia. Il macedone quindi aggiogò al proprio domino i territori prima appartenuti agli achemenidi ed entrò nella città di Persepoli nel febbraio del 330. Le fonti greche di Diodoro e Plutarco ci raccontano cosa successe all’arrivo dell’esercito macedone a Persepoli: vi furono saccheggi da parte dei soldati, gli uomini presenti nella città furono massacrati e le donne ridotte in schiavitù.

Tutto ciò accadde perché Alessandro riteneva che Persepoli fosse la nemica principale tra tutte le città dell’Asia. Tra le fonti antiche però non vi è un preciso accordo riguardo questa versione dei fatti. Arriano non descrive questi atti violenti nei confronti della popolazione nel suo testo Anabasi di Alessandro, non dando notizia degli eccidi.

Persepoli_3

Tutti gli storici antichi, sia greci sia iranici, e quelli moderni, sono però concordi nel ritenere veritiero l’incendio della reggia di Persepoli voluto dallo stesso condottiero macedone. Questo incendio è stato poi confermato dalle indagini archeologiche. A livello archeologico i segni dell’incendio sono stati rinvenuti soprattutto nell’area dell’apadana negli anni ’30, da archeologi dell’Oriental Insitute of Chicago.

Le fonti greche sottolineano che l’incendio divampò per volontà precisa di Alessandro: secondo Ariano per vendicare i saccheggi compiuti dai Persiani ad Atene, sotto il comando di Serse, in particolare la distruzione dei santuari; Diodoro invece non ha dubbi sulla natura premeditata dell’incendio, e che l’intenzione di Alessandro era quella di radere al suolo tutti gli edifici reali.

Sempre lo storiografo Diodoro ci informa che, nonostante la premeditazione del piano da parte del macedone, l’ordine di incendiare fu dato durante un delirio dionisiaco in cui Alessandro, durante lo stato di ebrezza dovuto ai festeggiamenti per la vittoria, cedette all’istigazione di Taide, una ateniese amica di uno dei suoi generali, che chiedeva a gran voce vendetta per i santuari greci che erano andati in fiamme durante l’avanzata persiana sul suolo greco.

Lo storico romano Curzio Rufo e lo scrittore greco Plutarco non riportano l’istigazione presentata ad Alessandro da parte di Taide. Plutarco cerca inoltre di lenire la responsabilità del gesto compiuto affermando che subito dopo aver dato l’ordine di appiccare l’incendio, Alessandro fosse pentito e ordinò di spegnerlo, senza però riuscirvi.

Le fonti iraniche, ovvero i c.d. testi pahlavici, oltre ad attribuire al condottiero macedone la responsabilità delle fiamme, lo incolpano della perdita dei testi sacri dello zoroastrismo, conservati a Persepoli e bruciati duranti l’incendio. Questi testi sacri, si dice che fossero conservati nella sala del tesoro a Persepoli e che fossero testi iscritti su pelli di bue con l’utilizzo di inchiostro d’oro.

Nei testi pahlavici Alessandro il Grande non solo è considerato colui che fece bruciare la grande capitale persiana e sconfisse la dinastia achemenide, ma anche colui che aveva portato ad un periodo di caos e di confusione, interrompendo così la tradizione zoroastriana.

Dopo l’incendio non vi furono restauri dei palazzi o di altri edifici, ma tramite il riutilizzo di materiali di spoglio, cioè delle macerie, furono innalzati alcuni edifici, tra i quali il più importante è il Tempio dei Frataraka. I Frataraka fu una dinastia di carattere locale che mantenne una sorta di autonomia fino l’epoca degli Arsadici (250 a.C. – 224 d.C.). Successivamente Persepoli fu definitivamente abbandonata.

Oggi Persepoli è uno dei siti archeologici in Iran più visitati da turisti provenienti da tutto il mondo. È stato dichiarato Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco nel 1979. Si possono vedere le decorazioni a bassorilievo dei palazzi regali, le sculture e anche i tesori, molti conservati al Museo di Persepoli; tra i monumenti vi sono il palazzo dell’apadana, il palazzo di Dario, la Porta delle Nazioni e la Sala del Trono e del Tesoro, in cui vi è la famosa sala delle Cento Colonne.

Consigli di lettura:

A. Shapour-Shahbazi, The Authotitative Guide to Persepolis, Safiran-Mirdashti, 2004
W.F.M. Henkelman, The other gods who are: studies in elamite-iranian acculturation based on the Persepolis fortification nation text, Peeters, Londra, 2008
H. Stierlin, Persepolis, Prestiti d’arte tra Grecia e Persia, Jaca Book, Milano, 2016
J. Wiesehöfer, La Persia Antica, Il Mulino, Bologna, 2003
A. Valvo, La diffusione dell’eredità classica nell’età tardoantica e medievale, estratto Atti del Seminario Nazionale, 1996