Noi fin de siècle, generazione con una storia

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Noi nati negli anni ’90 siamo “una generazione senza storia”. Ce lo hanno sempre detto, i primogeniti del Novecento. Eppure così non è.

Caterina Mongardini, Venezia –

 

Quando chiesi alla zia di mia madre – Zia Anna – cosa ricordasse del 5 Maggio del 1936, lei mi rispose: “stavo andando a trovare delle mie amiche che abitavano a Via Nemorense: avevo, guarda un po’ che flash nella memoria, un vestitino tutto bianco con i fiorellini. Mentre stavo andando, sentì tanto rumore, fracasso per la strada ed era successo qualcosa: era il 5 Maggio e si sentiva alla radio Mussolini che diceva – Il Maresciallo Badoglio mi telegrafa: «Oggi 5 maggio, alle ore 16, alla testa delle truppe vittoriose, sono entrato in Addis Abebà».

Zia Anna, classe 1929, aveva sei anni e apprese la notizia con la spensierata consapevolezza dei bambini; allo stesso modo io bambina di sei anni, il 20 luglio del 2001, registrai nella mia memoria “gli scontri del G8 e il massacro alla Diaz” per poi tornare placidamente a giocare sulla sabbia del lido di Sperlonga.

Quasi 4 anni fa, 7 Aprile 2015 alle 11:55, la Home del sito di “Internazionale” titola così: “La Corte di Strasburgo condanna l’Italia per tortura per i fatti della Diaz al G8 di Genova”.  Dopo quattordici anni, anche io ho avuto un “flash nella memoria”: telegiornali interminabili – dove erano finiti i cartoni?; mio padre che leggeva il “Il Messaggero” che titolava in prima pagina “Assalto al G8: un morto, centinaia di feriti”; immagini di scontri, poliziotti, fumo; io che mi impegno, mi sforzo di capire l’indignazione, lo sconcerto la rabbia che accompagnano queste notizie senza riuscirci appieno, ripetendomi che “da grande” capirò.

La pubblicazione de La Stagione che verrà di Paola Soriga sembrò, in quel 2015, capitare a proposito:  “Almeno voi avete avuto Genova”, così, nel libro, una matricola universitaria si rivolge ad uno dei protagonisti. Quel “voi” gelò nel tempo il mio ricordo, alzò un muro fra me e coloro che c’erano: mi sconcertava pensare che il G8 sarebbe potuto non rientrare negli eventi storici della mia generazione. Il mio ricordo è così vivido, chiaro ancora oggi che ho sempre pensato che quel giorno del 2001 avrei potuto raccontarlo, probabilmente con parole simili a quelle che nel libro della Soriga riportano l’esperienza di due trentenni con la stessa limpida sequenza del mio ricordo di bambina; oppure ricordando “A.F.A.B.”, la serie di strisce disegnate nel 2011 da Zerocalcare, nelle quali – come sempre – due risate graffiano la coscienza del lettore riportandolo alla realtà. Rispetto alla mia, quella di Zerocalcare, è ancora un’altra generazione e allora qual è “la Generazione del G8 di Genova”?

 

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Sembra, o forse è, un virtuosismo questo mio riportare alla mente riflessioni vecchie di ormai quattro anni: ritrovarmi a pensare che, ancora oggi, ciò che ho vissuto quindici o venti anni fa non è considerato Storia (Contemporanea), ma solamente cronaca. Probabilmente è anche questo il motivo per cui si è sentito spesso ripetere che noi, nati negli anni ’90, siamo una “generazione senza storia”. Dovremmo quindi essere noi gli storici della nostra contemporaneità; e farlo bene; e farlo meglio rendendoci conto che l’accelerazione i cui viviamo – in cui ogni notizia è già vecchia un minuto dopo – ci avvolge in un non-tempo, in cui ognuno di noi è cronaca, ognuno di noi non si ferma a pensare perché alla rincorsa della prossima breaking news.

Chi ha creduto che la nostra generazione non avesse storia, ma solo cronaca è stato il primo a negarci la responsabilità di imparare a ricordare – perché il telegiornale o il giornale lo faceva per noi – e ci ha delegittimato come narratori, come testimoni e, in ultima analisi, come storici (considerandoci al più come commentatori). Non solo: si è arrogato il diritto di definire chi fosse dentro e chi fosse fuori dalla Storia, definendoci in negativo (generazione senza) e lasciandoci vagare nel libo dell’attualità.

C’è da dire che ai nati dopo il 2000 è andata meglio: a loro, i Millennial, hanno assegnato un secolo e solo a quello dovranno badare, al loro eterno presente ventunesimo secolo. Allora qui ritorna la mia domanda: …e allora qual è “la Generazione del G8 di Genova”? Quale è la prima generazione del cambio del secolo, quella vissuta a cavallo del millennio?

È quella capace di raccontarlo: come mia Zia Anna è parte della generazione del Fascismo e di tutta la grandissima parte del secolo che ne seguì, anche noi venticinquenni siamo parte della Generazione del G8 tanto quanto lo sono i trentenni, perché siamo in grado di ricordare; pregherei tutti quelli che pensano che la nostra è una “generazione senza storia”  di non includermi nel loro circolo perché non c’è peggior generazione di quella che non vuole ricordare. E noi fin de siécle, in questo, non siamo certo più originali degli uomini del secolo breve.