La battaglia di Ulm, un capolavoro tra due fuochi

Andrea Sarli, Taranto –

 

“È sufficiente essere padroni del mare soltanto per sei ore e l’Inghilterra avrà cessato di esistere”.

 

Con questa perentoria affermazione, tra il 1804 e il 1805 Napoleone Bonaparte, a capo dell’intero esercito, accumulò un numero imponente di uomini lungo le coste francesi di fronte alla Manica, col tentativo di imbarcarle per invadere l’Inghilterra. Ma l’inettitudine di Villeneuve, abile generale ma sofferente di un complesso di inferiorità nei confronti del suo rivale numero uno – Horatio Nelson – e scettico nella possibilità di invadere l’Inghilterra, assieme al blocco portato dalla Marina anglica davanti ai principali porti francesi, costrinsero il generale còrso a dirottare la Grande Armata contro l’Austria. Ma il genio di Napoleone, che in questa occasione avrebbe raggiunto il suo apice, venne offuscato da Villeneuve, Gravina e soprattutto dalla più nota impresa di Austerlitz.

L’ammiraglio Pierre-Charles Sylvestre de Villeneuve

L’indecisione di Federico Guglielmo III

Il sovrano di Prussia non prese immediatamente parte alla grande terza coalizione, formata da Austria, Russia e Inghilterra, poiché non riuscì nell’immediato a capire quale schieramento gli avrebbe fruttato maggiori vantaggi. Il generale austriaco Karl Mack von Leiberich, forte dell’accordo col collega russo Michail Illarionovič Kutuzov atteso in Baviera per il 20 di ottobre con Buxhowden, mentre Benningsen costituiva la retroguardia incaricata di sorvegliare Federico Guglielmo III, decise di puntare su Ulm per compattare l’esercito e permettere il congiungimento con il corpo d’armata russo. Ma Napoleone, pur non sapendo se fosse riuscito a portare dalla sua la Prussia, decise di convergere a sud in Ingolstadt per passare il Danubio, con una marcia talmente ridotta, dalle cinque del mattino a mezzogiorno, ovvero trenta chilometri al giorno per una velocità di cinque chilometri orari, da suscitare ilarità tra i propri soldati. Ma questi movimenti strategici dei vari contingenti misero in crisi Mack, poiché non essendo omogenei ed essendo ignota la loro composizione, gli austriaci non potevano sapere, avvistando un battaglione nemico, quanti uomini si sarebbero trovati di fronte. Durante queste manovre Federico Guglielmo III si vide tagliare il proprio territorio dai corpi di Marmont e Bernadotte – futuro re di Svezia – senza troppi convenevoli, ciò lo portò a scegliere la strada della terza coalizione. Ma ormai era troppo tardi.

Il generale russo Michail Illarionovič Kutuzov

Il feldmaresciallo austriaco Karl Mack von Leiberich

Albeck e l’impresa di Ney

I quattromila dragoni del maresciallo Ney entrarono in contrasto con il nemico ad Albeck il giorno 11 ottobre, a causa di un errore di Gioacchino Murat che, a seguito della scaramuccia di Wertigen che fruttò ai francesi duemila prigionieri, indusse Ney a lasciare isolato un battaglione. Quest’ultimo venne investito da forze numericamente superiori e riuscì a uscirne con grande determinazione mentre Napoleone, sfumata la presa alle spalle del nemico presso il fiume Iller, gli inviava alcuni rinforzi. L’eroico sfondamento di Ney permise la liberazione della sua divisione e causò il blocco di Mack verso nord, mentre Soult sorvegliava la strada verso il Tirolo. Si compì così un totale accerchiamento degli austriaci dentro Ulm, un assedio che, tuttavia, si concluse senza vittime grazie al genio del generale còrso e imperatore dei francesi.

Il maresciallo francese Michel Ney

L’assedio di Ulm

Dopo soli quattro giorni di bombardamenti Napoleone, che aveva avuto il merito di non distaccare troppo i suoi soldati per permettere veloci cambi d’ordine e soprattutto un rapido compattamento dell’intera armata, ricevette da Mack la richiesta di armistizio con la promessa di resa entro il 25 ottobre. Tale richiesta, avanzata e concessa il 17 dello stesso mese, aveva le sue ragioni nell’arrivo di Kutuzov e dei restanti battaglioni russi. Ora Napoleone, che con depistaggi nelle sue retrovie aveva per altro rilassato gli austriaci facendo loro credere che quelle manovre erano una frettolosa ritirata per lo sbarco degli inglesi a Brest, glielo concesse e cessò i bombardamenti. Se Kutuzov fosse arrivato entro la data pattuita, la grande armata francese sarebbe stata in serissime difficoltà. Napoleone Bonaparte, però, sapeva benissimo che i russi erano ancora lontani, molto lontani.

Kutuzov e il calendario, storia di una colossale incomprensione

Quando gli austriaci presero accordi col generale zarista, non tennero conto di un piccolo dato che si rivelò un errore macroscopico quanto evitabile con un pizzico di ragionamento: la differenza di calendario. I russi infatti usavano ancora il calendario giuliano, dieci giorni indietro rispetto a quello gregoriano, motivo per cui il 20 ottobre Kutuzov e i suoi erano in partenza, poiché in Russia era ancora il 10. Quando Mack lo seppe fu preso dallo sconforto e dovette cedere un numero esorbitante di uomini, venticinquemila fanti e duemila cavalieri, allo scaltrissimo nemico che vinse, senza perdite, la più grande partita a scacchi della storia e si aprì la strada verso Austerlitz e la successiva conquista di Vienna ai primi di dicembre. Purtroppo però l’impresa di Ulm cadde nell’oblio, in parte perché costituì le basi per il più eclatante successo di pochi giorni dopo, ma soprattutto perché Villeneuve, Gravina e don Alava a bordo delle loro, rispettivamente, Redoutable, Principe de Asturias e Santa Ana e la mastodontica mal impiegata Santissima Trinidad, capitolarono presso capo Trafalgar alle 3 di pomeriggio del 21 ottobre, giorno della resa di Ulm. Ma Napoleone e la Francia tutta seppero solo parecchio tempo dopo del disastro navale. L’imperatore però ricevette anche la lieta notizia della morte del suo nemico più acerrimo che gli aveva guastato più volte i piani: Horatio Nelson. Per questo motivo Ulm non è ricordata dai più ma è, sicuramente, una pietra miliare della strategia militare passata e futura.

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