Il sistema a quattro classi: una politica discriminatoria in epoca Yuan

Federico Brentaro, Bologna –

Le origini della dinastia Yuan (1279-1368) risalgono alle prime invasioni mongole che investirono il territorio cinese agli albori del XIII secolo. Le prime incursioni, datate al 1211, culminarono l’anno seguente con la conquista di Liaoyang, la capitale orientale della dinastia Jin (1115-1234). Mentre la presa di Pechino, all’epoca chiamata Zhongdu, avvenne solo tre anni più tardi, nel 1215, a opera di Chinggis Qa’an.

I tentativi di assimilazione dei territori dei Jin proseguirono durante il regno di Ögödei (1229-1241), successore di Chinggis Qa’an. In seguito alla caduta di Pechino, il dominio dei Jin era circoscritto a una striscia di terra lungo il corso del Fiume Giallo, che aveva come centro la città di Kaifeng, l’antica capitale dei Song in cui l’imperatore Jin Xuanzong si rifugiò nel 1214. Nel 1230, Ögödei, dopo aver sconfitto l’impero tanguto dei Xi Xia (1038-1227), rivolse la sua attenzione ai Jin, definitivamente sconfitti, dopo gli assedi di Kaifeng e Caizhou, nel 1234.

Conclusasi la conquista della Cina Settentrionale, i Mongoli rivolsero la propria attenzione al meridione, sotto il dominio dei Song Meridionali (1127-1279). Eletto qa’an nel 1260, Qubilai fu il fautore della sconfitta della dinastia cinese. Se la prima importante battaglia tra le forze mongole e le truppe cinesi venne combattuta nel 1265 nel Sichuan e la capitale Hangzhou venne occupata nel 1276 – anno in cui l’imperatrice reggente Xie consegnò il sigillo Song ai Mongoli –, la resistenza Song venne sconfitta definitivamente nel 1279.

 

 

Il sistema a quattro classi

Divenuto imperatore della neonata dinastia Yuan, Qubilai sentì ben presto la necessità di istituire una nuova capitale che fosse espressione della nuova entità politica. Tale capitale doveva essere diversa sia dalla Karakorum mongola, geograficamente troppo distante dalla Cina, che da Kaiping, città in cui Qubilai risiedette durante il qa’anato del suo predecessore Möngke. Il sito prescelto per l’erezione della nuova capitale mongola fu quello di Zhongdu, ribattezzata Dadu, ovvero Grande capitale.

In seguito alla sua nomina come qa’an, avvenuta nel 1260, Qubilai adoperò un sistema amministrativo ibrido per governare i territori sotto il suo dominino, composto da elementi mongoli e cinesi. La popolazione venne dapprima divisa in tre classi sociali, alle quali se ne aggiunse una quarta dopo l’assimilazione della dinastia Song. Anche se furono mantenute le strutture amministrative precedenti, sia a livello centrale che locale, Qubilai adottò una politica discriminatoria nei confronti dei Cinesi, il cui numero era notevolmente superiore rispetto a quello dei Mongoli.

A questo scopo, vennero ristabiliti il Segretariato, un organo a capo dell’amministrazione civile, e i sei ministeri – Finanze, Lavori pubblici, Giustizia, Guerra, Personale e Riti –, che fin dall’epoca Sui (581-618) avevano contraddistinto la burocrazia cinese. Tra i nuovi organi istituiti da Qubilai vi erano la Commissione per la promozione delle religioni, che supervisionava le diverse comunità religiose disseminate sul territorio, e il Censorato. Temendo che i funzionari, molti dei quali cinesi, potessero essere facilmente corruttibili o infedeli, venne dato ampio potere di azione al Censorato, organo creato per vigilare sull’operato dell’apparato burocratico, denunciandone ogni irregolarità.

Il territorio imperiale era suddiviso in sei diversi livelli di unità. Di questi, le dodici province, denominate sheng, erano le più ampie; seguivano le circoscrizioni, chiamate dao, tre diverse tipologie di prefetture, rispettivamente lu, fu e zhou e, infine, i distretti xian.

A ogni livello amministrativo, le figure che supervisionavano e coordinavano l’operato dei funzionari appartenevano alle prime due classi sociali. Erano quindi Mongoli, che in quanto etnia dominante godevano di una serie di privilegi sia fiscali che civili, o semuren – termine traducibile con “uomini di varie categorie”. Questo secondo gruppo castale comprendeva diverse etnie provenienti dall’Asia Centrale e Occidentale, come gli Uiguri, i Turchi, i Persiani, i Tanguti, i Siriani e i Tibetani; per quanto riguarda quest’ultimo gruppo etnico, venne istituita la Commissione per gli affari buddisti e tibetani, un organo che di fatto governava la regione del Tibet. La presenza di Mongoli e semuren garantì un maggiore controllo sulla popolazione cinese, la quale era divisa in hanren, la terza classe sociale che comprendeva Cinesi, Qidan, Jurchen, ovvero i sudditi della defunta dinastia Jin, e nanren, gli abitanti del sud, ultima classe assimilata al potere Yuan dopo la caduta della dinastia Song.

Nonostante gli hanren e i nanren costituissero la maggioranza della popolazione – rispettivamente il quindici per cento e l’ottantadue per cento –, a livello amministrativo ricoprivano la maggioranza delle cariche di medio e basso livello, mentre quelle più alte erano appannaggio dei Mongoli e dei semuren. Questo fattore va ricondotto all’inferiorità numerica dei nuovi dominatori, i quali, per mantenere la loro supremazia, dovevano limitare l’influenza e il potere della burocrazia locale. Nella prima parte dell’epoca Yuan, inoltre, la gran parte dei letterati confuciani rifiutò di servire la dinastia. Questo fenomeno, definito da Frederick W. Motte nel saggio Confucian Eremetism in the Yüan Period come “eremetismo”, era dovuto all’impossibilità dei funzionari di essere leali a una dinastia straniera e alla convinzione che non era possibile servire una seconda dinastia nel momento in cui i propri servigi fossero stati resi a quella precedente, in questo caso alla dinastia Song. Tale situazione perdurò almeno fino al 1314, durante il regno di Ayurbarwada (1311-1320), anno in cui gli esami imperiali per l’ammissione alle cariche pubbliche vennero ripristinati. Anche se il governo mongolo cercò di coinvolgere l’élite cinese nell’amministrazione dell’impero, il numero dei posti disponibili era comunque distribuito tra le quattro classi.

 

 

Tuttavia, vi furono alcune eccezioni. Si pensi, ad esempio, a Liu Bingzhong, letterato e consigliere di Qubilai, che affiancò – fino alla sua morte sopraggiunta nel 1274 – l’imperatore, istruendolo sulle istituzioni cinesi e sul loro funzionamento e, soprattutto, sulle azioni da compiere per essere riconosciuto come legittimo sovrano dal popolo. Inoltre, proprio sulla base di un memoriale di Liu Bingzhong, nel 1271, fu deciso di rinominare la città di Zhongdu con il nome di Dadu.

Lo stretto legame tra Mongoli e semuren era già saldo durante le fasi di conquista e sottomissione dei Song Meridionali. Qubilai affidò nel 1273 il comando del suo esercito al generale di origine turca Bayan. Questi, dopo aver sconfitto le forze Song presso la città di Yangzhou, guidò le truppe mongole fino alle porte della capitale Hangzhou.

Il sistema a quattro classi non solo comportava differenze di trattamento a livello giuridico, ma anche in campo penale. In passato, le dinastie cinesi che si erano succedute al potere avevano permesso alle minoranze etniche di punire i trasgressori secondo le proprie leggi. Tale usanza venne mantenuta anche dalla dinastia Yuan, benché fosse di origine straniera, per cui Mongoli e semuren venivano processati secondo le norme mongole e centro-asiatiche, mentre i Cinesi secondo le proprie. Per questo motivo, spesso, a parità di reato, i Mongoli subivano pene inferiori rispetto alle altre etnie. Un semplice esempio: un reo cinese oltre a scontare la pena prevista per il reato commesso veniva anche tatuato su un braccio o sul collo con i due caratteri che compongono la parola qiangtao (furto). Ciò portò i funzionari cinesi ad affermare tale pratica come discriminatoria, sebbene fosse già prescritta dalla legge Song.

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