Il primo registro battesimale di Sannazaro De’ Burgondi (XVI sec.)

Pietro Marchesi – Pavia

 

Il tempo

Gli ultimi decenni del XVI secolo sono definiti come l’estate di san Martino dell’economia italiana (C. M. Cipolla) presto seguiti da: declino economico, crisi alimentari, episodi epidemici. Tuttavia all’epoca l’Italia settentrionale presentava una struttura economica ancora attiva e una crescita demografica che ne faceva, insieme alle Fiandre, una delle zone più densamente popolate d’Europa. Città come Milano e Venezia erano capitali importanti, centri di decisioni politiche e di commerci, ma che cosa sappiamo dei piccoli borghi lontani dalle vie di comunicazione? Quale era la loro composizione sociale? Su che cosa si basava la loro economia? Un aiuto ci viene dagli archivi parrocchiali – e in particolare dal registro dei battesimi – che, interrogati, possono fornire, se non qualche risposta, almeno un’immagine di quel mondo lontano.

Il registro

L’archivio di Sannazzaro de’ Burgondi (PV) conserva nella serie dei registri di battesimo che coprono gli anni 1572-1666 un quaderno con annotati quelli impartiti dal 1562, un anno prima dell’obbligo tridentino, al 1571. Le sue pagine contengono note sui battesimi (nomi dei battezzati, del padre, dei padrini) redatte nell’attesa di poter trasferire tutto, in debita forma, sull’apposito registro.

Purtroppo per gli ultimi anni del XVI secolo e i primi del successivo la serie non è completa: mancano, infatti, le annate dal 1573 al 1607, con l’eccezione degli anni 1603 e 1604.

Nel quaderno le note più estese riguardano i battesimi più importanti, considerata l’appartenenza sociale dei battezzati. Le note sono sintetiche dato che riportano solo il nome del battezzato, del padre ed, eventualmente, il suo luogo di provenienza.  Quasi mai compare, in queste ultime, il nome della madre e dei padrini. Per i nobili abbiamo, invece, oltre ai nomi dei genitori con i rispettivi titoli (nobile, donna, madonna, illustrissimo signore), anche quello dei padrini, quasi sempre membri della famiglia Malaspina, feudataria del borgo. Dalle note emerge anche un ceto borghese identificato con i termini messere o maestro senza altri titoli. Sono questi dei dati preziosi che ci consentono un minimo di ricostruzione sociale.

Abbastanza frequenti nel registro sono poi i battesimi dei figli di militari spagnoli che prestavano servizio nelle fortificazioni che circondavano il borgo controllando, dalla loro posizione, la sottostante vallata del fiume Po.

Concentriamoci ora sull’analisi materiale del documento. La facciata interna della copertina del quaderno del registro ci rende noti i nomi dei redattori: i parroci Bonifacio Pateri (1562-1570) e il suo successore Giovanni Vaghi (1570-1571). Dalle loro annotazioni conosciamo un aggregato umano composto da: contadini, nobili, borghesi, militari e immigrati. Il quaderno, in sé di piccole dimensioni (20×14 centimetri), è composto di sessantadue pagine, in parte rovinate dall’azione del tempo e dell’umidità. In alcune la scrittura, redatta con inchiostro nero, ormai quasi cancellata, è di difficile lettura. Si tratta di un volgare latinizzato con inflessioni spagnole. Nella serie delle annotazioni alcuni anni sono privi di uno o più mesi; sono completi solo il 1562, il 1569, il 1570 e il 1571. Ignoto è l’ammontare della popolazione all’avvio delle annotazioni ma dai dati riportati nel quaderno veniamo a sapere che tra il 1562 e il 1571 si registrarono 601 nascite con un minimo di 21 nel 1568 (mancano però i mesi da marzo a dicembre) e un massimo di 89 nel 1564, dove mancano i soli dati di agosto.

Le annotazioni

Addentriamoci dunque brevemente tra le pagine del registro utilizzando le note per ricostruire quella che poteva essere la struttura sociale del borgo. Come detto, le note più numerose riguardano, purtroppo, una minoranza della popolazione. Il maggior numero di note (dieci) è dedicato a quelli identificati come maestrimesseri. Si trattava di tutta quella categoria di persone – amministratori, legali, medici – in qualche modo legata al ceto nobiliare. Prova è che i padrini dei figli risultano quasi sempre dei nobili, il più delle volte membri della famiglia Malaspina.

Nelle note i nobili compaiono di certo ma più come padrini. Infatti le annotazioni che vedono un nobile come genitore sono solamente tre nell’arco di dieci anni. Questo ci porta a pensare che la maggior parte dei nobili non risiedesse nel borgo ma in città, lasciando ad esponenti del ceto borghese l’amministrazione delle loro proprietà in loco. Si spiegherebbe così la costante presenza di nobili come padrini ai battesimi dei figli di chi nelle note è indicato come “messere o maestro”.

Si è accennato alla guarnigione spagnola presente nel borgo. Dalle note dei parroci nel registro emergono infatti tracce di questi militari. Il 10 aprile 1564 veniva battezzata Angelella, pronipote di L.S. Pietro indicato dalla nota come spagnolo homo d’arme. Non doveva trattarsi di un semplice soldato se padrini della bambina erano un marchese Malaspina ed altri due nobili. Due nobili erano anche presenti come padrini il 25 febbraio 1567 al battesimo di Ieronimo, figlio di Guglielmo detto lo spagnolo.

Da notare, tuttavia, come la parte più numerosa della popolazione, contadini e artigiani, non emerga dalle annotazioni del registro tranne che per due annotazioni del 25 ottobre 1562 e del 15 maggio 1569, che riguardano il battesimo di figli i cui padri lavoravano nelle terre che l’ospedale San Matteo di Pavia possedeva nelle vicinanze del borgo. A testimonianza del basso livello sociale dei padri i padrini sono semplicemente indicati come habitanti.

Per motivi ignoti il borgo doveva avere un certo afflusso di immigrati se in due note (3 marzo 1567 e 24 settembre 1569) il padre è indicato come piacentino.

Le scritture dei parroci ci consentono quindi di immaginare un tipico borgo del XVI secolo con al vertice pochi nobili, seguiti da un ceto legato loro per motivi di servizio, con alla base una massa contadina non ritenuta degna di qualcosa di più di un semplice appunto.

Conclusioni

Le note dei parroci nel registro terminano il 31 dicembre 1571. La mancanza dei successivi registri di battesimo e di quello dei morti (presente dal 1629) preclude ogni valutazione dell’impatto demografico causato dalla pestilenza del 1576/77 e dalla crisi alimentari del 1592/93 e 1596/97 dirette conseguenze, queste ultime, dell’irrigidimento climatico prodotto dalla piccola era glaciale che a metà del secolo pareva avere allentato un poco la sua morsa. Fattore questo, non ultimo, della ripresa economica italiana dopo le devastanti guerre di inizio secolo.

 

Consigli di lettura:

F. Bloom, Il primo inverno. La piccola era glaciale e l’inizio della modernità europea (1570 – 1700), Marsilio, Padova, 2018

C.M. Cipolla, Storia economica dell’Europa pre-industriale, Il Mulino, Bologna, 2004, pp. 349 – 356

G. Garbi, Una ricerca sul campo: per una storia demografica di Sannazzaro de’ Burgondi, in “Annali di Storia Pavese”, nn. 8 -9, 1982 – 83, pp. 365 e sgg

C. O’Grada, Storia delle carestie, Il Mulino, Bologna, 2011