Idistaviso: la Rivincita di Roma

roman legion Idistaviso

Alessio Pimpinelli – Londra

Sono in molti, oggi, ad essere familiari con la disfatta romana di Teutoburgo. Nel 9 d.C., in una selva fra i fiumi Elba e Reno, il legato Publio Quintilio Varo perse tre intere legioni per opera di una coalizione di tribù germaniche capeggiate da Arminio, capo dei Cherusci ed ex-alleato di Roma. Emblema di tale sconfitta è la famosa reazione di Augusto alla notizia della perdita delle sue armate: mentre batteva la propria testa contro il muro, il vecchio imperatore era solito dire “Varo, Varo, rendimi le mie legioni!” – così Svetonio ci narra nella sua Vita di Augusto. Quello che oggi è forse meno conosciuto è il seguito di tale evento e la successiva rivincita dei Romani su Arminio ad Idistaviso.

In conseguenza della disfatta di Teutoburgo, Augusto pose il limite dell’impero sul fiume Reno, abbandonando tutte le conquiste precedenti in territorio germanico. Ai suoi successori, l’imperatore avvisò di non espandere ulteriormente il territorio romano (Res Gestae Divi Augusti). Nel 14 d.C., alla sua morte, il figlio adottivo Tiberio divenne il nuovo princeps.

Subito dopo la morte di Augusto, quattro delle otto legioni di stanza sul Reno si ribellarono, chiedendo all’imperatore nuovi e maggiori benefici. Le legioni erano al tempo nominalmente sotto il comando del giovane nipote e figlio adottivo di Tiberio, Germanico, il quale si diresse immediatamente alla frontiera su ordine dell’imperatore per risolvere la situazione. Una volta sedata la rivolta, lo storico Tacito (Annales, libro I, capitolo 49) ci informa di come i soldati avessero allora “bramosia di scagliarsi contro i nemici” per espiare “quella pazzia” e placare gli spiriti dei commilitoni defunti.

Per assecondarli, Germanico organizzò una spedizione al di là del Reno per l’anno seguente, 15 d.C., nel territorio dei Brutteri. Durante questa incursione, i soldati distrussero un luogo sacro ai Germani, il santuario della dea Tanfana, in cui casualmente rinvenirono una delle tre aquile perdute (quella della XIX legione) durante la disfatta di Teutoburgo, come riportano Tacito e Cassio Dione. Inoltre, le armate di Germanico si ritrovarono nei luoghi stessi in cui la battaglia di Teutoburgo si era svolta.

Qui il giovane generale decise di sotterrare le ossa dei legionari morti nel 9 d.C. (che ancora erano sparse tutt’intorno), di erigere un tumulo a loro memoria e un’ara in onore del proprio padre Druso, fratello di Tiberio e conquistatore dei territori germanici durante il principato di Augusto.

dupondio di germanico

Dopo alcune scaramucce con le truppe di Arminio, le legioni di Germanico varcarono nuovamente il Reno, lasciando la situazione in sospeso. Poco dopo, il giovane generale fu richiamato a Roma dallo zio, il quale gli concesse il trionfo militare.

L’anno successivo, 16 d.C., Germanico tornò ancora una volta sul Reno con un nuovo mandato. Tiberio aveva infatti deciso di continuare le operazioni militari in territorio germanico per dare un colpo di grazia alle forze di Arminio, il quale ancora rappresentava una minaccia.

L’esercito venne diviso in due sezioni: Germanico prese il comando di una flotta che avrebbe dovuto discendere il Reno, navigare lungo la costa frisia (l’attuale Olanda) per poi risalire lungo il corso del fiume Weser, nel cuore stesso del territorio germanico. L’armata terrestre fu invece affidata al legato Silio, al quale fu ordinata una prima incursione nel territorio dei Catti per racimolare bottino e per scoraggiare gli animi dei Germani. Le due armate si ricongiunsero nei pressi della riva sinistra del Weser, dove ad aspettarle erano i Germani di Arminio.

Tacito riporta allora un famoso (e probabilmente fittizio) incontro fra Arminio e suo fratello Flavo, il quale era rimasto fedele ai Romani. Nel racconto tacitiano (Annales, libro II, capitolo 10), i due uomini, fronteggiandosi sulle sponde opposte del fiume, simboleggiano due concezioni contrapposte: Flavo, originariamente germano, si fa portavoce della grandezza di Roma e della superiorità della civiltà romana, dei benefici e delle garanzie che essa offre. In contrasto, Arminio esalta “la religione della patria, l’antica libertà, gli dei della nazione germanica”, ingiungendo al fratello di non tradire le proprie origini. Dopo il furioso rifiuto di Flavo, le armate erano ormai pronte allo scontro. Le legioni attraversarono il fiume Weser, ma Arminio decise di ritirarsi in cerca di un luogo più favorevole per la battaglia.

idistaviso mappa

Tacito individua questo luogo in Idistaviso, un sito non ancora chiaramente localizzato e la cui memoria proviene pressocché interamente dal suo racconto (Annales, libro II, capitoli 15-22). Lo storico afferma che la pianura di Idistaviso giace fra il Visurgo (Weser) e dei colli ai suoi lati. Arminio aveva posizionato il grosso delle proprie forze nella pianura, facendo in modo che una fitta foresta alle loro spalle potesse coprire un’eventuale ritirata.

Gli uomini della sua tribù, i Cherusci, furono invece collocati sui colli “per precipitarsi dall’alto contro i Romani mentre combattevano”. Germanico pose come avanguardia i suoi ausiliari galli e germani, seguiti da arcieri; vi erano poi quattro legioni e lui stesso con due coorti pretoriane e alcuni cavalieri scelti; a seguire si trovavano le altre quattro legioni, frombolieri, arcieri a cavallo ed altre coorti di ausiliari alleati. Allo scoccare della battaglia, la cavalleria ausiliaria dei Batavi attaccò le forze di Arminio su tre fronti, infliggendo ai Germani perdite ingenti, specialmente nella sezione centrale.

A questo punto, Arminio diede ordine ai propri Cherusci sui colli di contrattaccare. I cavalieri Cherusci invasero la piana e accerchiarono i Batavi del fronte centrale, i quali si trovarono così intrappolati. Le altre unità di cavalleria ausiliaria, però, con grande energia riuscirono a respingere i Cherusci e a salvare i propri compagni superstiti per poi rifugiarsi nuovamente verso il grosso delle legioni romane. Germanico decise allora di far avanzare le prime quattro legioni e gli altri ausiliari in avanguardia per contrastare gli attaccanti germani.

piana Idistaviso

Non appena i legionari iniziarono a lanciare i propri giavellotti, i Germani in avanguardia si ritrovarono spaesati dalla marea di lance e cominciarono a fuggire indietro, verso la boscaglia. Così facendo, andarono a scontrarsi con la seconda ondata di soldati che nel frattempo aveva lasciato la foresta per la battaglia nella pianura. Presi in mezzo a queste due ondate, Arminio e i suoi Cherusci tentarono di tenere alte le sorti della battaglia, contrattaccando furiosamente; ma quando le coorti di ausiliari galli opposero loro resistenza, Arminio decise di abbandonare il campo. I Germani furono massacrati in gran numero, non ci furono prigionieri; così come Teutoburgo fu per i Romani, Idistaviso lo divenne per i Germani.

Non molto tempo dopo le tribù germaniche misero in atto un’ultima resistenza, quando Germanico fece erigere un trofeo di vittoria su cui erano scritti tutti i nomi delle genti da lui vinte ad Idistaviso. A detta di Tacito, ciò irritò così tanto i Germani che essi decisero di attaccare nuovamente le legioni romane. Le due fazioni si scontrarono in una località denominata Vallo degli Angrivari; l’esito fu il medesimo.

Germanico stesso prese le armi, ispirando i suoi soldati alla vittoria. Con il successo del Vallo degli Angrivari, il trauma psicologico di Teutoburgo poté così essere completamente sanato. Tiberio decise allora di abbandonare ogni conquista al di là del Reno, ritenendolo un territorio inospitale, difficile da controllare e di valore nullo dal punto di vista economico.

Il suo obiettivo era stato comunque raggiunto: Teutoburgo era stata vendicata. Grazie alla sua accorta politica e al valore di Germanico, la frontiera renana rimase tranquilla per i seguenti duecento anni.

 

Le letture consigliate:

G. Bonamente e M.P. Segoloni (a cura di), Germanico. La persona, la personalità, il personaggio (Atti del Convegno di Macerata-Perugia 1986), Roma, 1987

B. Gallotta, Germanico, L’Erma di Bretschneider, Roma, 1987

B. Levick, Tiberius the Politician, Routledge, London, 1976

Z. Yavetz, Tiberio. Dalla finzione alla pazzia, EDIPUGLIA, Bari, 1999


CASSIO DIONE, Storia Romana, libri 56-57

Res Gestae Divi Augusti

SVETONIO, Vita di Augusto, Vita di Tiberio

TACITO, Annales, libri I, II

VELLEIO PETERCOLO, Storia Romana, Volume II