I moderni e la politica degli antichi. Tra Machiavelli e Nietzsche: un nuovo libro di Giuseppe Cambiano

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Federica Bottino, Torino –

I classici greci e latini sono sempre stati fonti di ispirazione per gli intellettuali di ogni epoca e parte del mondo. A partire dall’Umanesimo, fino all’Età contemporanea, questi testi, tradotti e rimaneggiati più volte e più volte, vennero a costituire un patrimonio comune per l’elaborazione di questioni politico-sociali, anche in epoche storiche postume alla loro originale stesura.

Giuseppe Cambiano, con il suo nuovo libro I moderni e la politica degli antichi. Tra Machiavelli e Nietzsche (Il Mulino, 2018) snocciola con accuratezza le teorie più salienti che si sono presentate nel corso dell’epoca moderna, e che hanno visto come protagonisti gli antichi autori greci e latini.

Partendo con il tema della schiavitù, l’autore enuncia le posizioni prese rispettivamente da Rousseau e Nietzsche. Se per il primo la schiavitù ha un forte valore dimostrativo anche per il presente, per il secondo rappresenta invece quel connotato fondamentale che contribuì a trasformare l’antica Ellade in un modello politico intramontabile. Declassando le mansioni legate all’agricoltura e alle attività produttive, quali l’artigianato, agli schiavi, gli intellettuali poterono esclusivamente dedicarsi all’attività politica, la più nobile: solo così i pensatori classici del passato hanno potuto elaborare la grande cultura classica.

 

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Altro grande tema affrontato nel saggio riguarda la revisione del pensiero tucidideo operata da Giovanni della Casa. Sfruttando la traduzione dei Dialoghi, quest’ultimo utilizzò le parole dello storico ateniese per scagliarsi contro le mire espansionistiche di Carlo V verso l’Italia. Della Casa non intendeva attaccare la persona dell’imperatore, bensì “l’ufficio e il magistrato che egli ha”. Con questa operazione, in altre parole, intendeva smuovere il Senato veneziano contro il morso “ingordo e tenace e le mani ha rapaci e sanguinose”, perché l’uffizio di Carlo era quello di uccidere, comandare e occupare richiamando in aiuto i “barbari” e corsari.

La rilettura di Tucidide, nei secoli, assunse anche altri valori. Con Jean Bodin, ad esempio, funse da stimolo per un’analisi della nozione stessa di potere. Il filosofo francese definisce infatti la sovranità come la suprema autorità in grado di formulare leggi e, al tempo stesso, di annullarle, di designare e destituire magistrati, di giudicare nei processi criminali. Per Bodin, dunque, è l’unità-indivisibilità della sovranità che fa dei cittadini un corpo unitario anziché un insieme disgregato, a condizioni però che questa sovranità sia assoluta, perpetua ed integra.

Nell’Inghilterra del Settecento, invece, grande fortuna ebbe il pensiero di Cicerone. Gli scritti dell’Arpinate, in particolar modo i De divinatio e De deorum, costituirono infatti pietre miliari per la formulazione del libero pensiero, contrapposto al rigorismo religioso. I testi verranno riutilizzati, in particolare modo da John Toland, filosofo inglese che intraprese un lungo dibattito inerente proprio alla religione.

 

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Tucidide

 

La religione è, tuttavia, solo uno dei temi che vedono protagonista Cicerone. L’autore classico venne ampiamente utilizzato come rappresentate di una posizione politica moderata, che mira alla salvaguardia della libertà e alla costruzione della concordia civile.

Come si può comprendere dagli esempi fin qui citati, il Settecento è un secolo ricco di parallelismi, comparazioni in cui i diversi sistemi politici antichi vengono messi in relazione e in antitesi tra loro. Ma, soprattutto, lo studio dei modelli classici contribuì a sottolineare l’inferiorità dei moderni nei confronti degli antichi.

Le istituzioni della Grecia classica e quelle della Roma repubblicana sono per Rousseau i modelli ai cui i moderni devono ispirarsi. I classici, dunque, non offrirono solo degli spunti di riflessione nel mero ambito politico, ma furono impiegati anche per risolvere questioni di tipo pubblico e quotidiano come, ad esempio, lo svolgimento della vita economica e il commercio.

Ma non sempre queste comparazioni sono orientate da motivazioni pratiche e politiche; a volte pongono fini cognitivi. Sono, cioè, mosse dall’esigenza di chiarire aspetti oscuri o particolarmente significativi sia dell’Antichità sia della Modernità, mettendo in evidenza le differenze delle rispettive situazioni. In questi casi si procede alla costruzione di modelli teorici generali, capaci di spiegare le peculiarità delle società antiche.

Nell’Esprit des lois di Montesquieu, ad esempio, vengono trattate questioni demografiche. Il pensatore francese si domanda, infatti, se siano state più popolate le nazioni antiche o quelle moderne. Domanda che gli consente di analizzare la vita economica dell’antichità, condizionata dall’esistenza della schiavitù e dalle scarse condizioni di commercio, materia sempre più oggetto di rigorosi studi scientifici, come il celeberrimo Ricchezza delle Nazioni di Adam Smith.

 

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Cambiano, inoltre, negli ultimi capitoli analizza anche la visione di Eduard Zeller, probabilmente il maggior storico della filosofia greca dell’Ottocento. Nonostante avesse abbracciato il pensiero kantiano, la sua originaria formazione hegeliana contribuì fortemente alla sua immagine della statualità dell’antica Grecia – tema molto diffuso nella coeva cultura tedesca.

Stando a Hegel, la statualità dell’Ellade consisteva essenzialmente nella ‘bella eticità’ o moralità concreta, nella quale il cittadino costituisce un tutt’uno con la comunità e si concepisce libero in quanto membro proprio di questa. Essa, d’altro canto, si reggeva sulla coincidenza di pubblico e privato: «un cittadino ateniese – diceva Hegel – faceva quasi per istinto ciò che gli spettava».

In questa prospettiva, l’opera dei sofisti, e soprattutto di Socrate, appariva, anche se in modalità diverse in Hegel e in Zeller, come un elemento dissolutore, che annunciava però una nuova epoca dello spirito: era l’emergere del principio della libertà soggettiva, da far valere in tutte le sfere della vita umana, per cui l’accettazione di costumi, leggi e credenze religiose non era più immediata e ovvia, ma richiedeva ora la convinzione personale a fondamento del comportamento buono e giusto, raggiungibile solo attraverso il libero esercizio del pensiero.

Gli antichi forniscono così delle vere e proprie “lezioni di vita” politica e, al tempo stesso, sociale. Sono quindi maestri inossidabili dal tempo, il cui contributo delle loro opere è vivo e pulsante nel pensiero politico contemporaneo.

Il testo di Cambiano si presenta come un saggio complesso, ricco di parallelismi tra mondo antico e realtà moderna. Con questo libro l’autore ha voluto continuare il percorso già iniziato con il testo Polis, un modello per la cultura europea (Laterza, 2007), in cui ricostruisce il ruolo fondante che le interpretazioni dell’esperienza politica e istituzionale di città come Atene e Sparta hanno svolto nel pensiero e nelle vicende politiche della storia italiana, in particolare nel periodo che va dal Quattrocento al Settecento.

 

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Concetti chiave come quelli di uguaglianza, di democrazia, di libertà, di partecipazione politica, sui quali molto si è discusso nell’età moderna, affondano infatti le loro radici nella nozione stessa di polis e hanno avuto origine nell’esperienza politica e istituzionale di una civiltà solo apparentemente lontana.

A differenza del saggio appena citato, nel libro I moderni e la politica degli antichi. Tra Macchiavelli e Nietzsche vengono ampliati alcuni punti e l’arco temporale si protrae fino all’Ottocento. Oltre ai tempi si ampliano anche gli spazi cioè vengono coinvolte non solo l’Italia e la Francia, ma anche Stati Uniti e Germania.

Questo libro rappresenta quindi un punto di riferimento fondamentale per tutti coloro che sono interessati alla scoperta delle teorie che hanno alimentano la concezione politica dello Stato moderno. Il libro si presenta come un lavoro sicuramente impegnativo e complesso. Personalmente mi sentirei di consigliarlo a coloro che nutrono un profondo interesse per la politica. Un libro da leggere con molta attenzione e con la matita sempre in mano, in modo da poter sottolineare le parti più  importanti.

Gli appassionati di storia e politica non verranno sicuramente delusi poichè l’ampio discorso sui modelli politici viene affrontato da Cambiano in modo attento e minuzioso, riuscendo così a fornire un’indagine approfondita anche per quanto riguarda il tessuto sociale in relazione con la realtà antica e quella moderna.

 

G. Cambiano,
I moderni e la politica degli antichi. Tra Machiavelli e Nietzsche
Il Mulino, Bologna, 2018
pp. 288