Sentire il Grande Freddo: l’impatto del cambiamento climatico sull’Europa tra medioevo ed età moderna

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Peter Bruegel il Vecchio, Cacciatori nella neve, 1565

Lorenzo Domenis, Verona –

All’inizio del Trecento, il nostro pianeta cominciò a raffreddarsi in maniera significativa, segnando un abbassamento delle temperature medie non solo in Europa, ma anche in Asia e nell’America Settentrionale.
Questa fase venne chiamata dagli storici e dai climatologi del Novecento “Piccola Era Glaciale”, tale periodo di freddo durò dal XIV secolo fino al XIX, cambiando sensibilmente lo stile di vita di milioni di essere umani.
Nel saggio Storia Culturale del Clima (Bollati&Boringhieri, 2016) Wolfgang Behringer traccia uno stimolante bilancio dell’impatto che la Piccola Era Glaciale ebbe sulla società europea, dall’arte all’agricoltura fino alla religione.
Seguendo le sue brillanti indicazioni, tracciamo un breve bilancio delle conseguenze del Grande Freddo tardomedievale e moderno.

 

 

Impatto ambientale

Prima ancora della società umana, la Piccola Era Glaciale colpì, ovviamente, l’ambiente e la Natura.
Terre come la Groenlandia e l’Islanda, colonizzate dai Vichingi secoli prima durante un periodo di clima favorevole, divennero incredibilmente fredde: la Groenlandia venne abbandonata dagli europei, vi rimasero solo i nativi, mentre in Islanda ci furono migrazioni verso la parte sud dell’isola, dove si trova l’attuale capitale Reykjavik. In generale, tutto il Nord Europa visse un periodo di freddo quasi senza precedenti.
Le conseguenze del Grande Freddo non si avvertirono solo a latitudini “estreme”: in Europa vari corsi d’acqua e laghi, durante inverni particolarmente rigidi, si congelarono completamente. A partire dagli anni sessanta del XVI secolo, sia il Reno che il Tamigi si ghiacciarono in diverse occasioni, talvolta il ghiaccio si estendeva fino al fondo del fiume stesso. Anche i Paesi Bassi, l’Italia e la Spagna furono colpite dal freddo intenso: a Venezia la Laguna ghiacciò completamente – circa trenta volte durante il Grande Freddo -, così come l’Arno a Firenze e il fiume Guadalquivir in Spagna.
In Svizzera, interi villaggi alpini o subalpini vennero cancellati dall’avanzata dei ghiacciai che, come gigantesche escavatrici, travolsero le case inverno dopo inverno.
Questo netto cambiamento climatico, impattò anche e soprattutto sulla fauna e la flora del Vecchio Continente. I fiumi e i boschi si spopolarono, gli animali più deboli vennero colpiti duramente dal Grande Freddo; le cronache ci parlano di cataste di uccelli morti congelati, anche mentre volavano.
Il grano e la vite, precedentemente coltivati anche in Germania e in Inghilterra, vennero spostati più a sud, lasciando spazio a colture più resistenti come la segale e l’avena.
In generale, l’intero sistema agricolo del XIV secolo subì un durissimo colpo, segnando l’inizio di un lungo e letale periodo di carestia e di stenti.

Hendrick Avercamp, A Scene on the Ice near a Town, 1615 ca.

Il trionfo della morte

La Grande Carestia ebbe inizio nel 1315 e durò almeno sette anni. La popolazione cominciò a pensare che si trattasse di una punizione divina, che essa fosse l’origine del clima troppo piovoso in estate ed estremamente rigido nei mesi invernali. La presenza e la paura della morte divennero un fattore costante.
L’arte assorbì in pieno questo clima di terrore metafisico: in tutto il continente europeo il Trionfo della Morte divenne soggetto di diverse rappresentazioni. La Morte appariva intenta a mietere vite umane, mentre scheletri e altre figure grottesche si muovevano intorno ad essa; il tutto trasmette una sensazione di ansia e di rassegnazione d’innanzi all’inevitabile.
Il peggio, tuttavia, doveva ancora arrivare: la Grande Carestia indebolì la popolazione europea, fiaccata dalla malnutrizione, favorendo la diffusione di malattie, tra cui l’influenza e il colera, e preparando il terreno per la più famosa epidemia della storia ossia la Peste Nera.
La Morte invase anche il sistema giudiziario, aumentarono infatti le condanne capitali. Il sistema giudiziario era già piuttosto rigido, ma dal XV secolo in poi divenne ancora più duro e spietato. Un visitatore, giunto in Europa nel 1600, si sarebbe imbattuto, nei pressi delle porte delle grandi città, in pali da cui penzolavano i corpi dei condannati a morte tramite impiccagione. Spesso i crimini erano piuttosto banali, come furto o appropriazione illecita.
In una società dove i beni erano contati, rubare divenne un atto davvero terribile, non c’era spazio per la pietà verso i ladri nell’Europa del Grande Freddo.

L’Italia innevata in un’immagine satellitare del 2012

La depressione

Il freddo, il brutto tempo, il buio e le malattie cambiarono anche il modo di affrontare la vita per gli europei.
Dal Cinquecento, si diffuse un po’ in tutto il continente un senso di depressione e di malinconia; il vescovo anglicano Robert Burton (1577- 1640) cita come causa della tristezza nelle Isole Britanniche l’elevato numero di giornate buie, dove il Sole resta ben nascosto dalla coltre di nuvole.
L’atmosfera di oppressione religiosa, senso del peccato e la diffusa violenza peggiorarono il quadro, favorendo la diffusione di disarmonie psicologiche.
Per molti, il suicidio divenne l’unica valida via di uscita, i casi di morte auto inflitta aumentarono notevolmente, segnando un vero e proprio record rispetto ai secoli precedenti alla Piccola Era Glaciale.
Un simbolo calzante di quest’epoca triste fu l’imperatore Rodolfo II (1552-1612) che, secondi varie fonti, era spesso malinconico, strano, addirittura folle.
Rodolfo fu segnato dalla paura della Peste, da cui fuggì in un paio di occasioni, e dal timore di essere ucciso in una congiura di palazzo. Anche la religione ebbe un ruolo nel rendere cupo il sovrano, che temeva di incappare nella dannazione eterna.

Peter Bruegel il Vecchio, Paesaggio invernale con pattinatori e trappola per uccelli, 1566

Impatto culturale: la collera di Dio e le streghe

Come abbiamo già detto in precedenza, alcuni interpretarono il cambiamento climatico come una vera e propria punizione divina per i peccati commessi dal genere umano.
Alcuni fenomeni naturali piuttosto suggestivi, come l’aurora boreale che venne avvistata nel 1560 sino in Svizzera, favorirono il diffondersi di teorie apocalittiche: il mondo stava per finire, i segnali erano ovunque secondo i predicatori più ferventi, sia cattolici che protestanti.
La lotta contro il peccato divenne una priorità assoluta, il popolo aveva l’impressione che i crimini contro Dio (sodomia, usura, incesto etc) fossero più diffusi rispetto al passato.
Questo clima di paranoia ed esasperazione sfociò in episodi di inaudita violenza etnica: i pogrom.

I primi casi di pogrom, attacchi brutali contro le comunità ebraiche europee, risalgono al 1100 – ben prima della Piccola Era Glaciale -, tuttavia nel corso del XIV-XV-XVI secolo un’odata di antisemitismo senza precedenti investì l’Europa. Gli Ebrei, da sempre guardati con sospetto, vennero ripetutamente accusati di diffondere le malattie, in particolare la lebbra che, a causa della malnutrizione e della povertà, era piuttosto colpiva duramente.
L’odio esplose anche verso le donne emarginate, segnando l’inizio della caccia alle streghe. Il popolo imputava fenomeni climatici anomali o insoliti (grandinate improvvise, piogge torrenziali, gelata estive) all’operato di una o più streghe che, grazie ai poteri concessi dal demonio, eseguivano magie nere.
Anche le malattie, sia del bestiame che degli esseri umani, vennero imputate alle streghe. Sia nell’Europa cattolica che in quella protestante, vennero arse sul rogo centinaia di donne con l’accusa di stregoneria e di alleanza con Satana. Alcuni autori dell’epoca evidenziarono come i fenomeni anomali e le malattie non calassero dopo la morte delle streghe, ipotizzando, quindi, che due fattori fossero assolutamente indipendenti; ciò purtroppo non fermò la caccia alle streghe.

La Piccola Era Glaciale, in sintesi, ci fornisce una vivida testimonianza delle molteplici reazioni della società d’innanzi al cambiamento climatico. Ancora una volta, il genere umano deve ricordarsi di essere soggetto alle leggi della Natura.

 

Wolfgang Bohringer,

Storia Culturale del Clima: dall’era glaciale al riscaldamento globale,

Verbania, Bollati&Boringhieri, 2016

349 pp.