Gazzetta. Storia di una parola: un documentato itinerario sulle tracce della pubblica informazione

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Sara Cavatton, Verona –

 

“Sono molti in questa città che fanno pubblica professione di scriver nuove per il che sono salariati da diversi, et essi tengono banchetti, case e scrittori a tal effetto […]”.

 

Con questa parte del 1572 contro gli autori di avvisi, il Consiglio dei Dieci di Venezia registrava – e da subito vietava – la presenza nei suoi territori di uno scomodo mestiere e la diffusione di particolari notizie.

Tale scenario, tutto veneziano ma di respiro anche internazionale, è oggetto dello studio di Mario Infelise intitolato Gazzetta. Storia di una parola e uscito a fine 2017 per i tipi di Marsilio all’interno della collana Albrizziana. Documenti per la storia dell’editoria a Venezia.

Il breve saggio si articola in due sezioni: nella prima lo storico sviluppa una precisa inchiesta culturale sull’origine etimologica del termine “gazzetta” ricorrendo a varie fonti bibliografiche e iconografiche, alcune delle quali direttamente riprodotte tra un paragrafo e l’altro.

 

 

Dopo aver preso atto che – secondo i principali dizionari delle maggiori lingue europee del XX secolo – la parola aveva origini veneziane, indicava di fatto un foglio di notizie e sarebbe derivata dal nome di una moneta di scarso valore corrispondente al costo di un singolo foglio di carta, Infelise si sofferma sulla verifica di tale definizione analizzando le fonti più antiche e originali che avrebbero riportato tale concetto e giungendo a una convincente e logica conclusione.

Si scopre così che una moneta definita gazzetta esisteva realmente almeno dal 1515 a Cipro e anche a Venezia. In seguito, a partire dal 1570 con lo stesso termine si intese in pressoché tutte le lingue europee un particolare e innovativo strumento di informazione: consisteva sostanzialmente di un foglio manoscritto dal carattere seriale, periodico e generalmente pubblico che da Venezia si diffuse progressivamente e con successo in tutta Europa.

 

“Gazette” di Francia, Théphraste Renaudot (primo numero, maggio 1631)

 

Soltanto alcuni anni più tardi e inizialmente in Germania, le gazzette divennero a stampa: tuttavia, a quell’epoca l’intero continente era già terreno di diffusione e smercio di fogli di notizie di affari pubblici. I loro contenuti viaggiavano velocemente di città in città arricchendosi di particolari e aggiornamenti: per esempio, fu proprio su una gazzetta fiorentina del 30 maggio 1772 che venne riportata la notizia di provenienza veneziana della fuga dello stampatore Giambattista Remondini in seguito all’ordine di cattura emesso a causa della stampa della celebre stampa del Giudizio Universale.

All’interno della fitta e capillare rete di informazioni e annunci di tipo politico, militare e sociale operava tutta una serie di individui specializzati a diffondere dati e resoconti, spesso sfidando anche la legge e le restrizioni statali: tra loro assoluti protagonisti furono gazzettieri, scrittori, diplomatici e informatori.

Il gazzettiere era esperto di politica, guerra, storia, relazioni internazionali: variamente identificato con il nome di novellista, menante (così definito per lo più a Roma), reportista e, più in generale scrittore, era l’autore delle stesse notizie ma anche il copista che si dedicava alla riproduzione di fogli redatti da terzi.

 

“Veduta prospettica di Venezia”, Jacopo de’ Barbari (Venezia, 1500) – particolare di Piazza San Marco

 

A Venezia l’attuale Salizada San Moisè era allora conosciuta come “calle degli scrittori”, situata vicino alle poste e nei pressi di piazza San Marco – centro politico dello Stato e uno dei luoghi ove si potevano maggiormente trovare venditori di ogni tipo, saltimbanchi e artisti, e in cui abbondavano quelle “nove di banco che son proprio per le orecchie di gente ociosa e negligente”.

La fame di notizie e indiscrezioni contagiò, infatti, chiunque: non a caso Gregorio Leti scrisse in quegli anni che “una parola in piazza fa più male che dieci libri in un gabinetto”. La possibilità di riprodurre gli avvisi infinite volte e la loro trasmissione orale ne rendevano i contenuti meno controllabili, prevedibili, censurabili. Un problema politico nuovo si presentò perciò agli occhi delle autorità: consentire la circolazione delle gazzette o proibirle? Servirsene per i propri scopi?

 

“Intratenimento che dano ogni giorno li ciarlatani in Piazza S. Marco al populo d’ogni nazione che mattina e sera ordinariamente vi concore”. Incisione di Giacomo Franco da “Habiti d’huomeni et donne venetiane” (Venezia, 1610 ca.)

 

Sono proprio questi e altri dibattiti a essere al centro della seconda parte del libro, nella quale viene presentata al lettore una vera e propria biblioteca di citazioni riguardanti il lemma oggetto dello studio: dizionari antichi e moderni, storie della lingua italiana, testimonianze di viaggiatori stranieri, scritti polemici, dialoghi, lettere.

La panoramica sulla storia della parola, oltre a rappresentare un interessante approfondimento di tipo lessicale ed etimologico, fa luce su aspetti poco conosciuti o del tutto dimenticati sulle origini di un oggetto che ebbe una grande e duratura fortuna in ogni paese del mondo e che di fatto pose le basi per la nascita della pubblica informazione.

 

“Veduta del Campo di San Moise’ in Venetia” da “Il Gran teatro delle più insigni prospettive di Venezia” (Domenico Lovisa, Venezia, 1709). La calle vicino alla chiesa era chiamata “calle degli scrittori”, dato che proprio in quella zona si concentrava un alto numero di copisti e scrittori di avvisi e gazzette.

 

In questo senso il merito dell’autore sta, ancora una volta, nel presentare in modo chiaro e accessibile fonti e dati storici. Un ennesimo prezioso contributo alla storia dell’editoria e delle idee che dall’Italia si propagarono ovunque. Un utile saggio per chiunque voglia immergersi nel vivace periodo moderno tra gazzettieri, stampatori, informatori, popolani.

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