La strana parabola del “delfino” del Duce: Galeazzo Ciano e il “Processo di Verona” in un film di Carlo Lizzani

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Francesco Fontana, Verona –

25 luglio 1943: diciannove gerarchi fascisti firmano l’ordine del giorno Grandi, sollevando così Benito Mussolini da tutti i suoi incarichi. Il fascismo è definitivamente caduto e il Duce arrestato il giorno stesso, sostituito da re Vittorio Emanuele III con Pietro Badoglio, nuovo capo del governo, primo ministro e Segretario di Stato. Due mesi più tardi, però, il 12 settembre, Mussolini viene liberato dalle truppe naziste dalla prigionia sul Gran Sasso e portato in Germania. Tornato in Italia alla fine dello stesso mese, fonda la Repubblica Sociale Italiana.

Si apre la caccia ai “traditori” firmatari dell’ordine del giorno Grandi e, tra fine ottobre e inizio novembre, vengono arrestati e imprigionati a Verona, presso le carceri degli Scalzi: Galeazzo Ciano (genero di Benito Mussolini), Giovanni Marinelli, Carlo Pareschi, Luciano Gottardi, Tullio Cianetti ed Emilio De Bono, al quale viene risparmiata la prigionia per problemi di salute legati all’età.

Il processo si tiene tra l’8 e il 10 gennaio del 1944 nella città scaligera, presso Castelvecchio. L’esito è la condanna a morte per tutti gli accusati ad esclusione di Cianetti, punito con trent’anni di reclusione, poiché il giorno successivo alla firma aveva ritrattato la sua decisione scrivendo una lettera allo stesso Benito Mussolini. I cinque vengono fucilati il mattino dell’11 gennaio 1944.

Carlo Lizzani, con Il processo di Verona (1962), firma una pellicola di grande spessore storico e cinematografico dedicata agli eventi accaduti tra l’8 e l’11 gennaio 1944, che ricostruisce in modo puntuale gli avvenimenti di quei giorni decisivi, senza cadere in una rappresentazione didascalica, ma interpretando invece la componente intima ed emotiva dei protagonisti.

 

 

Il regista, affiancato al soggetto e alla sceneggiatura da Ugo Pirro – che alle porte degli “anni di piombo” lavorerà al fianco di Elio Petri in “coraggiose” pellicole di denuncia socio-politica quali Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto e La classe operaia va in paradiso – pone il focus sui meccanismi meschini del Regime e, soprattutto, sul dramma familiare che divora Edda Mussolini, moglie del condannato-traditore Galeazzo Ciano (interpretato da Frank Wolff) e figlia del Duce.

A vestire i panni della contessa Ciano una strepitosa Silvana Mangano, che con l’interpretazione di questo ruolo si aggiudica il David di Donatello, la Grolla d’oro e il Nastro d’argento come migliore attrice protagonista.

 

Edda Mussolini e Galeazzo Ciano

 

Galeazzo ed Edda, in una delle prime ed emblematiche sequenze del film, stanno ascoltando insieme Radio Londra dove viene comunicato delle dimissioni e dell’arresto di Benito Mussolini, sostituito con Pietro Badoglio. Il conte Ciano osserva dalla finestra la folla in strada che inneggia alla libertà, al Re e alla caduta del Fascismo e si rende conto che è il momento di andarsene dall’Italia, temendo in realtà maggiormente per la possibile reazione dei tedeschi di fronte al suo tradimento che per quella del popolo.

Contando sulle garanzie offerte dalla moglie, tenta di raggiungere la Spagna ma, dopo la tappa a Monaco, viene dirottato dai tedeschi a Verona dove, alla stazione di Porta Nuova, viene arrestato su ordine di Vittorio Emanuele III. Sono le prime sequenze del film, durante le quali l’azione occupa ancora uno spazio determinante, sostituita in quelle successive delle riflessioni e dai tentativi estremi di salvezza negli spazi claustrofobici delle carceri, mentre si consuma un processo dall’esito già ampiamente deciso.

 

Silvana Mangano e Frank Wolff interpretano Edda Mussolini e Galeazzo Ciano nel film “Il processo di Verona” di Carlo Lizzani

 

L’assenza di Mussolini nella pellicola, presente soltanto in un’immagine documentaria, è una scelta registica dal grande valore simbolico.  Il Duce è quasi irreperibile per la figlia e nell’unico dialogo telefonico con Edda non se ne sente neppure la voce, quasi a mostrare il suo ruolo passivo di fronte a una scelta non presa ma subita e, con certezza, pilotata dai nazisti.

Il regista si occuperà ancora, negli anni a venire, della figura di Mussolini, attorno alla quale egli elabora Mussolini ultimo atto (1974), film che racconta della cattura definitiva e della morte del Duce negli ultimi giorni della Repubblica di Salò. Anche in questo caso lo sguardo di Lizzani si insinua nell’animo del personaggio centrale (interpretato da Rod Steiger), indagando la sua intimità e i suoi pensieri, con la consueta attenzione alla ricostruzione storica dei fatti di quei controversi giorni.

Nel finale di Il processo di Verona, in linea con il resto della pellicola, la scena della fucilazione, senza il ricorso al supporto di immagini e filmati di repertorio alternate alla ricostruzione filmica, è ricostruita in modo fedele: i condannati procedono con passo cadenzato, seguiti da una cinepresa che, con il suo rumore meccanico, sembra scandire il ritmo del loro incedere; i cinque ricevono la benedizione del prete e vengono fatti sedere di spalle al plotone che li giustizia.

 

Gli ultimi momenti prima della fucilazione alla fortezza di San Procolo. Galeazzo Ciano è il secondo da destra ed ha il volto girato verso la folla.

 

Il susseguirsi cronologico degli eventi, le ambientazioni, la somiglianza con i veri protagonisti, i costumi: Lizzani riesce ad accostarsi a una vicenda ancora storicamente molto “calda” proponendo un film molto lucido nella ricostruzione e conforme al contesto reale degli avvenimenti, ma allo stesso tempo dalla grande carica emotiva, che mostra il potere e le sue contraddizioni e i contrasti che si esprimono anche nei sentimenti di amore-odio, che affiorano dalle parole e dagli sguardi, incarnati principalmente dal personaggio di Edda Mussolini e provati, al contempo, verso il marito e il padre.