La fondazione di Roma tra storia e leggenda

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Davide Semeraro – Bologna

Sono ormai secoli che gli storici e i “semplici” appassionati di storia dibattono sulla fondazione di Roma e della sua millenaria eredità. È possibile distinguere la realtà dalla millenaria leggenda?

La storia che noi tutti abbiamo imparato a scuola ricorda come il 21 aprile del 753 a.C., la città eterna, Roma, fu fondata dal suo primo leggendario re, Romolo, che tracciò il ​pomerium sul colle Palatino, il confine sacro della nuova città. In realtà la leggenda è molto più elaborata e narra che Romolo fosse un discendente di Enea, l’eroe che fuggì dopo la distruzione di Troia. A seguito di un lungo viaggio, Enea si stabilì nel Lazio e diede vita a una generazione di re per la città di Alba Longa fino alla nascita dei due gemelli, Romolo e Remo, figli di Marte e Rea Silvia.

Quest’ultima era la figlia dell’ultimo re di Alba Longa. I gemelli furono abbandonati e cresciuti da una lupa, fino a quando, divenuti adulti, Romolo uccise il fratello e fondò la città. A lui succedettero altri sei re, in una scansione temporale che potremmo dire matematica, fino alla deposizione dell’ultimo, divenuto un tiranno, e alla nascita della Repubblica. Questa è la leggenda e la storia di Roma arcaica in estrema sintesi.

Per quanto questo racconto sia affascinante, dobbiamo ricordare che esso ci è pervenuto in questa forma solo in età augustea, tramite gli storici dell’epoca come Tito Livio e Dionigi di Alicarnasso, e di poeti come Virgilio, cioè a più di sei secoli di distanza. Non solo dunque, la fondazione di Roma ci sottopone problemi di datazione, ma anche storiografici per la grande distanza tra l’evento e la sua trasposizione letteraria.

Quando fu fondata Roma?

Per quanto riguarda la data di fondazione, quella che noi accettiamo comunemente è il 753 a.C., detta anche “varroniana” da colui che la ricavò, Marco Terenzio Varrone. Egli fu un erudito di epoca cesariana, il quale si basò su un altro punto fisso della storia romana, la nascita della Repubblica nel 509 a.C.. Da questa data, e considerando una durata di 35 anni per ogni regno dei sette re di Roma, ottenne il 753. Non fu però il solo a proporre una data, altri storici e studiosi proposero delle alternative, e la maggior parte differiva di pochi anni da quella di Varrone.

Illustri eccezioni sono rappresentate dallo storico Timeo, che propose l’813 a.C., una data che ci riporta alla fondazione di Cartagine e quindi a un sincronismo tra le eterne rivali; un altro esempio è quello del primo storico che scrisse di Roma, e di cui abbiamo traccia, Fabio Pittore, che invece propose il 748/7 a.C..

Le diverse opinioni e proposte, già degli storici antichi, non fanno altro che sottolineare come una vera data di fondazione non ci sia stata tramandata, e ciò che noi abbiamo è frutto di ricostruzioni artificiali; ciò si può sostenere anche per la relativa leggenda. La versione canonica ci fu tramandata da Fabio Pittore e Diocle di Pepareto, che unirono la componente leggendaria della fondazione romulea (quella latina) alla discendenza dall’eroe Enea (quella greca).

Dunque, cosa sappiamo di certo sulla fondazione della città? Sicuramente Roma non è nata dall’oggi al domani, per la volontà di un singolo uomo, bensì fu il risultato di un lento e graduale sviluppo che attraversò più secoli. A gli occhi degli antichi però, la fondazione di una città, poteva avvenire solo secondo il rituale classico della fondazione da zero di una colonia.

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Il ruolo dell’archeologia nella ricerca

A sostegno di questa teoria, che vede il sito della città di Roma già frequentato nei secoli precedenti, ci viene in aiuto il dato archeologico. Tracce di occupazione umana sono state infatti rinvenute sul Palatino e nell’area che diverrà poi quella del Foro Romano, in particolare frammenti di ceramica databili circa all’età del Bronzo Medio e Recente (1600-1150 a.C. ca.). Questi ritrovamenti rendono possibile l’idea che l’area fosse abitata sin dal II millennio a.C., ma è dopo il 1000 a.C. che molto probabilmente i colli in prossimità del fiume Tevere ospitassero molti villaggi.

Agli inizi del I millennio a.C. infatti si ha una espansione di questi piccoli villaggi che gradualmente iniziano a fondersi e a dare vita a comunità più grandi, le quali si dedicavano principalmente a un’agricoltura di sussistenza e alla lavorazione dei metalli. Verso la fine del IX secolo a.C. si verificano gli stessi fenomeni nella zona dell’Etruria e del Lazio, fino all’attuale Campania.
Ma è solo nell’VIII secolo a.C. che nella regione detta ​Latium vetus​ (Lazio antico), quella cioè più vicina alla sponda sinistra del Tevere, si ha un repentino aumento demografico, forse dovuto a tecniche agricole superiori e alla presenza di insediamenti sempre più grandi ed estesi; in questo momento la cultura latina è nettamente separata da quella, seppur vicina, degli etruschi e il Tevere ne rappresenta il confine. Entrambe le culture risentiranno di una influenza “orientalizzante”, dovuta alla recente fondazione di colonie greche nel sud Italia e quindi allo sviluppo del commercio; questo darà una spinta importante alla nascita di città-Stato anche in Italia centro-settentrionale.

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Quando la leggenda si scontra con l’archeologia

Nonostante ciò, negli ultimi decenni si è cercato di raccordare la tradizione letteraria ai dati archeologici, con lo scopo di voler trovare nei ritrovamenti più di quello che effettivamente essi ci testimoniano. È il caso, per esempio, degli scavi condotti sul Palatino a partire dal 1985, che hanno portato alla luce una sezione di un muro, il quale secondo gli archeologi ha vissuto quattro fasi diverse per finire con una demolizione datata al 530 a.C.

Il muro venne eretto tra il 750 e il 730 a.C., ma non sembra avere le caratteristiche delle fortificazioni di una città-Stato. In queste zone, infatti, furono ritrovati i reperti più disparati: da tracce di capanne, a tombe di adulti e bambini, segno che la città non era ancora ben strutturata e definita ma ancora in una fase molto precoce dove la città dei vivi conviveva con quella dei morti. Analoga situazione si è ritrovata nella zona del Comizio, dove sebbene le tracce di una sua frequentazione risalgono agli anni 750-700 a.C., non si può non tener conto di altri reperti in giacitura secondaria databili dall’età del Bronzo Recente all’età del Ferro.

La scarsa consistenza dei reperti archeologici non ha impedito ad alcuni studiosi di ritenerli delle prove, a favore della tradizione letteraria sulla nascita Roma. In realtà, se davvero in quegli anni venne fondata una città che presto assunse le caratteristiche di una vera città-Stato, avrebbe già dovuto avere un’organizzazione amministrativa e politica complessa. Eppure, la tradizione ci riporta soltanto il nome dei sette re e di pochi altri personaggi, dove sono tutti gli altri protagonisti che avrebbero dovuto amministrare la città? Solo con l’avvento della Repubblica viene ricordata la presenza di vari magistrati, e addirittura la creazione di queste cariche.

Possiamo dunque affermare che Roma non nacque in un giorno, tuttavia la tradizione letteraria che ancora oggi ci affascina contiene sì alcuni elementi storici, ma fu anche frutto di una rielaborazione che, come tutte le storie di fondazione, ebbe un ruolo nel favorire lo sviluppo di un senso di comunità.

Le letture consigliate:

A. Carandini, Roma il primo giorno, Laterza, Roma-Bari, 2007

L. Ferro – M. Monteleone, Miti romani, Einaudi, Torino, 2014

G. Geraci – A. Marcone, Storia romana. Editio maior, Mondadori, Milano, 2017


PLUTARCO, Vita di Romolo,  3, 1-6

DIONIGI DI ALICARNASSO, Storia di Roma Arcaica, I, 74, 1-2