Fiume o morte. La memoria dell’Impresa di Fiume nel suo centenario

Paolo Felluga – Trieste

Cent’anni dopo la presa di Fiume il rapporto tra quell’evento epocale e la figura di D’Annunzio è ancora strettissimo. Inoltre, esso è fonte di controversie e di accesi dibattiti, nati al termine della Seconda guerra mondiale e ancora apertissimi. Per il centenario dell’impresa sono state moltissime le attività promosse da enti pubblici e privati: raduni, sfilate e commemorazioni di piazza hanno raccolto un imponente seguito soprattutto nel Nordest italiano. A questa alta partecipazione sono seguite però anche feroci polemiche. Lungi dall’essere un personaggio di facile interpretazione, D’Annunzio è oggi al centro di una guerra di memorie.

Molti collegano il poeta pescarese con il fascismo, che attinse a piene mani dalla retorica dannunziana. In Croazia, a Rijeka (nome croato di Fiume), è stata inaugurata una mostra dal titolo “L’Olocausto di D’Annunzio”, testimoniando l’opinione che ancora si ha da quelle parti del poeta soldato. In Italia e in particolare nel Friuli-Venezia Giulia, dove ancora sono vive le tensioni tra i due lati della frontiera, le autorità pubbliche regionali – tutte provenienti da formazioni politiche di destra – hanno preso in mano le commemorazioni del centenario, permettendo rievocazioni storiche dal tono nostalgico e finendo per inasprire deliberatamente la polemica con i propri avversari politici.

 

 

A Ronchi dei Legionari, la piccola cittadina da dove partirono i quasi duemila legionari dannunziani, il 12 settembre una grande manifestazione ha destato scalpore sia per l’alto numero di partecipanti, quasi trecento, sia per alcune tristi dichiarazioni dei politici presenti alla manifestazione. Erano presenti il sindaco di Monfalcone Cisint (Lega) e altri sei sindaci di comuni limitrofi, oltre all’assessore regionale Scoccimarro (FDI). Quest’ultimo, mentre festeggiava il centenario di un’impresa nazionalista, nel suo discorso ha chiesto a Slovenia e Croazia di “scusarsi per la vicenda delle foibe” (qui il link al servizio del telegiornale rai in cui si riporta la frase dell’assessore).

 

 

Inoltre, sono riapparsi vecchi slogan dal tono battagliero. Presente alla cerimonia era infatti un pugno di “arditi”, rievocati da alcuni militanti della Federazione Nazionale Arditi d’Italia in fez e maglietta nera che recava la scritta “Fiume o morte”. Nel giugno di quest’anno, a Trieste è stata inaugurata la mostra “Disobbedisco: la rivoluzione di D’Annunzio a Fiume”, curata da Giordano Bruno Guerri, con sede sulle centralissime rive, nel Salone degli Incanti. La facciata del municipio, dalla quale nel 2016 era stato tolto lo striscione che chiedeva verità per Giulio Regeni, il ricercatore italiano torturato e ucciso al Cairo, oggi ospita due grandi cartelloni pubblicitari della mostra su D’Annunzio. Il curatore ha presentato alla stampa la mostra in questi termini:

 

un’atmosfera storiograficamente equilibrata, dove si ricostruirà l’impresa nei suoi termini effettivi, cioè non fascisti ma di rivoluzione innovatrice, in senso democratico, liberale, addirittura libertario […] fatta in un modo dannunziano cioè splendido, fantasioso, innovatore, modernizzatore, uno studio che chiarisca per sempre quest’episodio fondamentale della storia del Novecento”.

 

La rimozione dello striscione per Giulio Regeni, al centro delle polemiche lo scorso ottobre

 

La memoria del D’Annunzio letterario, uno dei personaggi più carismatici dell’Italia del primo Novecento, è stata, al termine della Seconda Guerra mondiale, oggetto di una duplice rilettura. Da una parte, dagli ambienti politici e popolari della sinistra veniva considerato un precursore del fascismo, condannandolo dunque all’oblio; dall’altra, i gruppi di estrema destra cercarono di trattenere saldamente la memoria del D’Annunzio fascista che si era creata durante il Ventennio. Infatti, il regime aveva tentato in ogni modo di appropriarsi della figura del poeta e molti dei suoi motti e delle sue azioni erano entrati a far parte della retorica in camicia nera. Alcune invenzioni di D’Annunzio – tra le quali il grido di battaglia Eia Eia Alalà e il saluto romano; molti motti noti, come o con me, o contro di me e me ne frego, fino addirittura all’uso della parola Duce – furono riprese dal fascismo fino a diventare parte integrante della sua estetica.

A queste due iniziative si è aggiunta la decisione di inaugurare una statua a D’Annunzio nella città di Trieste. La data d’inaugurazione è stata scelta nel giorno del centenario, il 12 settembre, scatenando la prevedibile protesta dell’ambasciatore croato. Nonostante ciò, all’evento il sindaco Dipiazza e Giordano Bruno Guerri hanno più volte sottolineato come fosse il D’Annunzio letterario – non il soldato, ma il poeta – ad essere ricordato. Infatti, la statua inaugurata a Trieste si affianca ad altre tre statue di importanti volti della letteratura. Presenti nella città sono James Joyce, che visse larga parte della sua vita e scrisse molte opere a Trieste; Italo Svevo, triestino di nascita e amico dell’autore irlandese, e Umberto Saba, forse il più grande scrittore nato a Trieste che fece della sua città l’oggetto di molte sue opere. Questi tre autori erano strettamente legati alla città di Trieste; al contrario di D’Annunzio, che fu, certamente, un grande sostenitore della causa irredentista, ma che nulla aveva a che vedere con Trieste soprattutto da un punto di vista meramente letterario.

 

 

La città giuliana è peraltro candidata a diventare una città creativa della letteratura UNESCO: questo perché ha avuto, nella sua storia, numerosissimi letterati ed autori innamorati dell’atmosfera triestina che risiedettero e fecero della città l’oggetto delle loro opere. L’inaugurazione di una statua dedicata a un autore letterario sarebbe stata un’ottima opportunità per sostenere la candidatura di Trieste, se si fosse deciso di dedicarla a uno dei grandi letterati, di ogni nazionalità e religione, che ne fecero la storia: dal filosofo austriaco Johann Joachim Winckelmann a Stendhal, console francese a Trieste tra il 1830 e il 1831; gli scrittori sloveni Vladimir Bartol e Boris Pahor; o ancora i triestini Fulvio Tomizza, Scipio Slataper e Claudio Magris.

L’impresa di Fiume non è stata certo un’avventura fascista, come hanno ormai chiarito molti studiosi. Anzi, c’è senz’altro più di un aspetto – si pensi, ad esempio, alla Costituzione del Carnaro – di profonda innovazione in senso libertario e d’ispirazione socialista, come ha più volte sottolineato, tra gli altri, Giordano Bruno Guerri. D’altro canto, già si è detto dei moltissimi caratteri della figura di D’Annunzio che divennero parte integrante dell’estetica fascista. Le commemorazioni del centenario dell’impresa avrebbero potuto finalmente chiarire la figura del poeta, con serietà storica e rendendo conto di tutte le implicazioni che la sua figura ha avuto sulla storia d’Italia.

Invece, nel pullulare di raduni, sfilate e mostre, la figura di D’annunzio viene invece – ancora una volta – esaltata senza alcun tipo di approccio critico. Ancor peggio, la politica ne ha fatto, nuovamente, oggetto di polemica. “Fiume o morte”, gli arditi in T-shirt nera, il richiamo alle foibe e le provocazioni verso la Croazia e la Slovenia rendono la commemorazione dell’evento a-storica e incompleta. Invece di chiarire i rapporti tra D’Annunzio e l’impresa fiumana, allontanandoli dall’accusa di fascismo, sembra che il tentativo sia quello di riabilitare alcuni caratteri del fascismo attraverso la figura di D’Annunzio.

 

 

L’ultima occasione di scontro può chiarire in che modo le commemorazioni della presa di Fiume possano essere mezzo di propaganda politica. Il 12 settembre 2019, a cent’anni dalla conquista di Fiume, tre giovani italiani appartenenti a un gruppo neofascista hanno issato una bandiera dell’Italia monarchica nel pieno centro di Rijeka. Dal comunicato si vede la connessione tra i tentativi di revisionismo e la politica contemporanea:

 

 «Oggi, nel centenario dell’impresa di Fiume abbiamo voluto dimostrare che ora come allora alcuni Italiani non si arrendono. Abbiamo voluto dimostrare che esistono ancora italiani che non sono disposti ad accettare di essere rappresentati da un governo fantoccio che non difende gli interessi nazionali. Da un governo che anziché difendere i propri confini e i propri cittadini spalanca le porte agli invasori. […] Ieri il governo Nitti oggi il governo Conte, rappresentano gli interessi della élite finanziaria, antinazionale ed antipopolare. […] Oggi come ieri “Ci siamo levati soli contro un mostro minaccioso e insaziabile. Ci siamo levati soli contro un mondo folle e vile. Ci siamo levati soli contro l’immenso potere costituito e munito dei ladri, degli usurai e dei falsari. Respiriamo il nostro orgoglio”».

 

Le letture consigliate:

R. Pupo, Fiume città di passione, Bari, Roma, 2018

C. Salaris, Alla festa della Rivoluzione. Artisti e libertari con D’Annunzio a Fiume, Bologna, Il Mulino, 2019

G. B. Guerri, Disobbedisco: cinquecento giorni di rivoluzione. Fiume 1919 – 1920, Milano, Mondadori, 2019