In principio erano le donne: la presenza femminile nella mitologia medievale. Un libro di Patrick J. Geary

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Giuseppe Catterin, Venezia –

La Marca trevigiana, comprensorio territoriale corrispondente (grosso modo) all’omonima provincia veneta, era conosciuta per il suo caratteristico epiteto di “gioiosa et amorosa. Entro i suoi confini, la civiltà comunale si fondeva armonicamente con quella feudale, in celebrazioni per l’amor cortese che tanto evocano “Medioevo”.

Rolandino da Padova, notaio celebre per la sua Chronica, ci ha trasmesso, ad esempio, il ricordo di una usanza tanto tipica, quanto peculiare di questo angolo di Penisola: il “Castello d’Amore”. Si trattava, come suggerisce il nome, di una struttura lignea, vagamente ricordante un maniero, difesa da giovani fanciulle munite di fiori, spezie e ogni sorta di ben di dio.

 

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Figura 1 Assalto al Castello d’Amore, valva di specchio. Scuola francese, prima metà del XIV secolo. Sebbene cronologicamente distante dai fatti narrati a Treviso, questo avorio, attualmente custodito presso il Museo del Bargello di Firenze, può rendere l’idea di cosa fu il Castello d’Amore.

 

“Medievale”, nell’accezione più romantica del termine, può anche essere definito il comportamento di un tal Teupo, giovane cavaliere feltrino che, stando a quanto tramandato dallo stesso Rolandino, scendeva in battaglia con una lancia ornata da un drappo, a simboleggiare l’amore che nutriva per una dama.

Ho volutamente deciso di aprire questa recensione proprio con questi due esempi poiché, a mio avviso, incarnano alla perfezione il più celebre tra i dieci modi di sognare il Medioevo di Umberto Eco: quello romantico, popolato da cavalieri dall’animo buono che si battono in maniera pia e sempre in nome della propria amata, come nel caso di Teupo, o da dame la cui unica preoccupazione sussiste nella preoccupazione di vivere il più “medievalmente” possibile.

Il lungo millennio medievale, in realtà, ha potuto apprezzare il fondamentale ed energico operato di donne che, barcamenandosi in una società fondamentalmente maschile, sono comunque riuscite a scrivere importanti pagine della storia europea: Matilde di Canossa, Eleonora d’Aquitania e la sua omonima d’Arborea, la basilissa Irene, giusto per citare alcuni esempi femminili.

Se quindi è innegabile sostenere che anche l’Età di mezzo ebbe modo di vivere singolari esperienze di potere declinate anche al femminile, è nella nebulosa, quanto affascinante, narrazione delle origini che il Medioevo si tinse decisamente in rosa. Ed è proprio a questa peculiarità che Patrick J. Geary incentra la sua indagine, mirabilmente riassunta nel libro In principio erano le donne. Miti delle origini dalle Amazzoni alla Vergine Maria, edito dalla Carocci nel 2018.

I pregi della ricerca, d’altro canto, si possono facilmente comprendere dagli estremi geografici, culturali e cronologici contenuti all’interno del titolo stesso. L’autore del libro indaga, approfondisce ed esplica il ruolo ricoperto dalla figura femminile in questi processi di mitopoiesi, lungo un percorso plurimillenario capace di dipanarsi anche attraverso realtà culturalmente molto distanti l’una dall’altra: Gambara, ad esempio, viene indicata da Paolo Diacono come la mitica progenitrice dei Longobardi. Analogamente, anche Cosma di Praga, cronista boemo che visse tra il 1048 e il 1125, designa una donna, l’amazzone Libuše, a capostipite di tutti i Cechi.

 

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Figura 2 In questa miniatura, contenuta all’interno del Codex Manesse, il Duca Enrico di Breslavia viene raffigurato ricevente il pegno d’amore da una dama

 

Donne che potevano risultare fondamentali per le origini, se non di popoli, almeno di casate. L’imperatrice Giuditta assieme all’omonima Giuditta delle Fiandre funsero, ad esempio, per nobilitare ulteriormente importanti stirpi nobiliari, grazie soprattutto al “patrimonio” matrilineare che immettevano nella famiglia del marito.

Nel caso del Cristianesimo, infine, il mondo femminile assurse a cardine per l’edificazione di un nuovo sistema religioso: la figura di Maria, ad esempio, costituisce un punto focale imprescindibile per la dottrina, grazie anche ad un percorso di edificazione dogmatica che interessò incessantemente i Padri della Chiesa.

Le donne protagoniste di questo libro, tuttavia, come evidenziato dallo stesso autore, presentano un punto comune che le congiunge e, al contempo, le caratterizza profondamente: sono tutte presenti agli inizi, siano essi di un popolo, di una famiglia o di una religione, per poi scomparire progressivamente in favore della presenza maschile.

Presenza maschile che, salvo nel caso di Maria (oggetto di culto per la sua fondamentale funzione di madre della natura umana della Divinità), le ingloba a poco a poco. Il più delle volte, mediante il vincolo matrimoniale, necessario, come nel caso dell’amazzone Libuše, a “ristabilire” l’ordine delle cose. Vale a dire, come ricordato perentoriamente da Cosma di Praga, sancire che “le donne sono soggette all’autorità degli uomini”.

Come giustamente ricordato dal Geary, questo deciso ridimensionamento femminile non deve venir assunto a paradigma della società medievale. Non costituisce, insomma, il riflesso naturale di una situazione realmente esistente. Anzi, come precedentemente annotato, la temperie medievale riuscì comunque ad annoverare esempi di donne che poterono esercitare, sebbene in nome di fratelli, figli o mariti, il potere.

Qual è dunque la corretta chiave di lettura interpretativa? Quali sono le motivazioni che possono fornire una spiegazione soddisfacente a questo curioso paradosso culturale? Come esplicato dallo stesso autore, le radici di questa decisione vanno riscontrate nell’ideologia maschile, costretta a prendere atto del crescente processo d’integrazione della figura femminile nell’ordinaria gestione del potere, riscontrabile nell’esperienza vissuta.

Incapaci di escludere le donne dall’esercizio del potere pubblico, gli autori di questi testi decisero di eliminare le donne nell’unico mondo e modo su cui mantenevano ancora un controllo assoluto: rimuovendole dalle fonti scritte.

In ultima istanza, il principale pregio di questo libro, di cui consiglio la lettura, sta nel proporre un nuovo capitolo nella storiografia di genere. Le pagine che lo costituiscono contribuiscono quindi a gettare una nuova luce sul Medioevo, visto non più come epoca maschile e, bensì punto d’inizio del lungo processo di emancipazione femminile.

 

Patrick J. Geary
In principio erano le donne. Miti delle origini dalle Amazzoni alla Vergine Maria
Roma, Carocci, 2018
pp. 118