Moriscos e cristianos viejos nella Spagna riconquistata: coesistenza e conflitto

Boabdil si arrende - moriscos

Gabriele Oliviero – Ciudad Real

La cessione di Granada il 2 gennaio 1492 comportò l’incorporamento nella corona di Castiglia di un enorme numero di sudditi musulmani, la cui gestione ed organizzazione all’interno del nuovo stato presentava non pochi rischi e problemi. Se una considerevole perte di essi, compreso l’ultimo emiro Muhammad XII (Boabdil), decise di emigrare nei territori del Nord Africa poco tempo dopo, altri, per scelta o necessità, scelsero di rimanere convinti di poter godere delle libertà personali e religiose promesse nel trattato di capitolazione.

Nei primi anni successivi alla conquista il clima si mantenne relativamente tranquillo, favorito dalla mite azione evangelizzatrice di Hernando de Talavera, confessore e consigliere della regina Isabella nonché primo arcivescovo di Granada. Successivamente all’insediamento del cardinale Francisco Jiménez de Cisneros, dal temperamento più deciso e meno accondiscendente del suo predecessore, il quadro andò progressivamente deteriorandosi e le frizioni con i nuovi coloni cristiani furono sempre più frequenti.

La situazione degenerò a tal punto da trasformarsi in aperta ribellione già nel 1502. Fu necessario impiegare la forza militare per avere ragione degli insorti e una volta domati i focolai di sommossa ai musulmani fu imposta la scelta tra la conversione al cristianesimo o l’immediata espulsione dal paese.

I neoconvertiti, chiamati dai cristiani vecchi moriscos per sottolinearne la loro ascendenza musulmana, oscillarono tra la ricerca di una piena assimilazione nelle strutture della nuova società in costruzione (i ceti più abbienti) o il ripiegamento su un’endogamia sempre più esacerbata ed autoescludente. I tratti distintivi della cultura islamica – soprattutto le usanze alimentari, l’utilizzo del vestiario tradizionale e dell’alfabeto arabo anche per scrivere in volgare castigliano – divennero i segni evidenti della volontà di non riconoscersi in quelli dominanti, trasformandosi progressivamente in simboli del pervicace attaccamento ad un sistema di regole e valori minacciato dal nuovo potere.

La conversione forzata dei musulmani a Granada - Dipinto del 1873 di Edwin Long - moriscos

È infatti plausibile supporre che fin dal loro insediamento i Re Cattolici non avessero intenzione di costituire o tollerare a lungo uno stato multireligioso e la benevolenza dimostrata nei patti di capitolazione deve ricondursi alla necessità di porre fine ad una guerra ormai decennale. Bisogna comunque sottolineare che nell’immediato l’allontanamento dei musulmani granadini non era un’opzione praticabile su vasta scala come era avvenuto con gli ebrei (agosto 1492).

Il loro numero era enormemente superiore e per giunta concentrati in un territorio di recentissima acquisizione non ancora completamente organizzato e controllato. I regnanti preferirono quindi un atteggiamento attendista al fine di scongiurare possibili tentativi di ribellione, in attesa ottenere poi una completa assimilazione con condizioni più favorevoli.

L’imperatore Carlo V (Gand, 24 febbraio 1500 – Cuacos de Yuste, 21 settembre 1558), impegnato a gestire le emergenze derivanti dai suoi difficili rapporti con la Francia e dalla Riforma protestante, preferì una linea accomodante che gli garantiva di evitare di aprire un nuovo dissidio religioso interno alla Spagna e al contempo cospicue elargizioni in cambio di una relativa  tolleranza. Non è un caso, infatti, che le offerte pecuniarie alla corona da parte dei moriscos arrivassero quasi sempre in concomitanza con eventi bellici che richiedevano al sovrano una ragguardevole ed immediata disponibilità di denaro.

Le cose cambiarono drasticamente con l’ascesa al trono di Filippo II (Valladolid, 21 maggio 1527 – San Lorenzo de El Escorial, 13 settembre 1598), un re “spagnolo”, cresciuto ed educato nella penisola iberica che “sgravato” dal fardello del titolo imperiale si concentrò sugli affari interni del suo regno. Questi non parve più disposto a tollerare disomogeneità culturali e religiose ed agì dunque con ferrea decisione tanto da scatenare una vera a propria guerra religiosa.

moriscos cacciata

Il conflitto detto “Guerra de las Alpujarras” impegnò il sovrano in una dura campagna protrattasi dal 1560 al 1571 e comportò per gli sconfitti la deportazione forzata fuori dai confini granadini e la loro dispersione all’interno dei regni di Castiglia, Valencia e Aragona. L’espulsione indiscriminata decretata successivamente da Filippo III  (Madrid, 14 aprile 1578 – Madrid, 31 marzo 1621) appare come la normale prosecuzione e conclusione della politica paterna.

I moriscos generalmente furono considerati da molti contemporanei inassimilabili, un corpo estraneo indesiderato, perennemente sospettato di essere in combutta coi nemici esterni. Neppure i tentativi di distensione e accomodamento della moderata e poco invasiva politica regia ai tempi di Carlo V, furono in grado di porre le basi per una convivenza pacifica duratura. Se i cristiani vecchi non mancarono mai di far pesare la loro condizione di vincitori, i moriscos cercarono conforto nelle profezie che alimentavano la credenza di una futura riscossa e di una rivincita islamica.

Le innegabili mescolanze culturali dimostrano una certa permeabilità tra le comunità, ma ciò si inserisce in un quadro di generale  sfiducia e diffidenza reciproca. I moriscos si considerarono una comunità a se stante, inserita in un ambiente ostile e si adoperarono per preservare per quanto possibile la loro identità anche aggrappandosi ai precetti coranici permettevano ai fedeli di dissimulare l’accettazione esteriore di una fede che gli era stata imposta.

moriscos fuga

Il tragico epilogo della questione morisca con l’espulsione – e la relativa migrazione – avvenuta a più riprese tra il 1609-14 è un esempio del tentativo fallito di far coesistere in un medesimo spazio comunità così eterogenee. Neppure le conversioni forzate ed una politica omologante spesso aggressiva riuscirono a sortire gli effetti sperati. Non si ottenne l’abbattimento della barriera della diffidenza e dell’accettazione positiva dell’altro, ma all’opposto le differenze finirono per diventare insormontabili ed inesorabilmente divisive.

La presenza di due etnie fra loro difformi che si disputavano il medesimo spazio fu il problema principale da affrontare e la volontà di importare in quei luoghi il modello culturale castigliano generò feroci resistenze.

Coesistere? Convivere? Integrarsi o sopportarsi? Se sì, a quali condizioni? Queste sono di fatto le questioni chiave sulle quali è necessario fare luce.

Un compito arduo che la storiografia spagnola in passato ha affrontato con alterni livelli di adeguatezza anzichè obiettività; abbandonandosi troppo frequentemente alla partigianeria e appiattendosi su fascinazioni romantiche e preconcetti – non estranei al clima e alla sensibilità politica dei tempi – il cui riverbero non si è ancora del tutto attenuato.  Alcuni hanno contrapposto un al-Andalus paradiso di tolleranza alla cupa e decadente Spagna riconquistata (della quale i moriscos sarebbero le vittime designate ed innocenti) e altri convinti dell’impossibilità della loro integrazione in quanto pericoloso corpo estraneo ripiegato su sé stesso, se non addirittura quinta colonna del nemico Ottomano e barbaresco.

Questo rischio pare essersi notevolmente ridotto negli ultimi decenni, grazie soprattutto alla transizione dalla dittatura franchista alla democrazia, che ha finalmente sciolto i nodi che imbrigliavano il libero pensiero e dissolto la cappa oscurantista e conservatrice che il regime aveva creato anche attorno alla storia del paese.

 

Letture consigliate:

G. Buttafarro, I moriscos. Studio storico-letterario di una identità, Messina, 2014

A. Domínguez Ortiz, B. Vincent, Historia de los moriscos. Vida y tragedia de una minoría, Madrid, 1985

S. Fanjul García, La Quimera de al Andalus, Madrid, 2005

A. Gallego y Burín, A. Gamir Sandoval, Los moriscos del reino de Granada según el sínodo de Guadix de 1554, Granada, 1968

M. García Arenal, Los Moriscos, Madrid, 1975

A. García Sanjuan, Coexistencia y conflictos, Granada, 2015

M. Guadalajara y Javier, Memorable expulsión y justísimo destierro de los moriscos de España, Pamplona, 1613

M. A. Ladero Quesada, La formación medieval de España, Madrid, 2014

C. Lo Jacono, Storia del mondo islamico, Torino, Einaudi, 2004