Sei immagini per spiegare il nazismo: Alessandro Cinquegrani e Il sacrificio di Bess

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Francesco Bastianon, Venezia –

Quando Primo Levi terminò Se questo e un uomo e La tregua, i due libri memoriali della sua esperienza nel Lager di Auschwitz e del suo ritorno in Italia, si trovò di fronte ad un bivio: per continuare a parlare dell’Olocausto e dei crimini del Nazismo, poteva abbandonare il racconto delle esperienze vissute ed elaborare storie di fiction ambientate nei campi di sterminio; ma scelse di indagare con la narrativa, scendendo sotto la superfice di quanto storicamente accaduto, l’aberrazione che condusse l’uomo alle camere a gas e ai forni crematori.

Alessandro Cinquegrani ne ripercorre le tracce, e per raggiungere lo scopo intraprende un’ampia ricerca attraverso la vastissima produzione culturale – letteraria, cinematografica, artistica – che, negli ultimi anni, ha affrontato l’immane tragedia del Nazismo e che si estende su un’area sempre e comunque enorme e macchiata di terrae incognitae difficili da identificare e non prive di qualche asperità.

Una prima e preventiva distinzione dicotomica circoscrive decisamente il campo d’indagine de Il sacrificio di Bess. Oggetto della ricerca di Cinquegrani non è, difatti, l’aspetto ontico del Nazismo, bensì quello ontologico. È una divisione che può essere efficacemente spiegata dalle parole di Slavoj Žižek a proposito della discussa adesione all’ideologia del Terzo Reich da parte di Martin Heidegger, che avrebbe – secondo il filosofo sloveno – rivolto la sua attenzione non tanto alla verità storica di questa ideologia criminosa, quanto, piuttosto, alla sua verità archetipica.

È, appunto, a quest’ultima che Primo Levi cominciò a indirizzare i propri studi nella seconda parte della sua carriera letteraria – con racconti come La bestia nel tempio – ma è anche la dimensione in cui tanti uomini di lettere, registi e artisti continuano ancora ad immergere la loro ricerca.

Il sacrificio di Bess predilige costoro al pur essenziale dibattito filosofico, perché, come dice anche l’autore:

 

“Sono convinto che il libro perfetto debba essere composto da una serie di immagini, visive o verbali, che, disposte secondo un filo logico, palesino l’evidenza di ciò che si vuole affermare, senza il bisogno di ricorrere a lunghe spiegazioni e chiarimenti”.

 

La preferenza di Cinquegrani per immagini icastiche che immortalano efficacemente concetti anche complessi, adottando “la trasfigurazione letteraria o artistica” come “strumento di conoscenza utile, alternativo e parallelo, a quello del pur ampio e spesso produttivo ragionamento filosofico”, lo conduce, allora, alla discussione su autori tra i più visionari degli ultimi anni, come Roberto Bolaño o George Perec, o sul monumentale romanzo di Jonathan Littell, le Benevole o, ancora, al pensiero critico sull’America contemporanea di Philip Roth. Ma lo guida anche nel terreno del cinema, dove l’autore analizza le pellicole di Lars Von Trier, di Quentin Tarantino, di Terrence Malick, e dell’arte figurativa, dove anche la famosa scultura Him di Maurizio Cattelan si costituisce come oggetto di riflessione.

 

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Alessandro Cinquegrani

 

Il sacrificio di Bess diventa, allora, un itinerario delle terrae incognitae delle nostre mappe mentali, quelle della reductio ad Hitlerum o della reductio ad nazium, di quella che potremmo definire la corrente della Showah – quella “enorme, efficacissima, industria della memoria” delle esperienze del lager responsabile della “spaccatura che esiste, e che si va allargando di anno in anno, fra le cose com’erano ‘laggiù’ e le cose quali vengono rappresentate dalla immaginazione corrente, alimentata da libri, film e miti approssimativi” -, per addentrarsi nelle labirintiche e talvolta insospettabili articolazioni dell’archetipo del Nazismo ontologico, su cui ancora campeggia un hic sunt leones e che giacente, ma non sopito, sotto il permafrost dell’ipertrofia semiotica della nostra epoca, come un conflitto irrisolto della contemporaneità, continua il suo brulicante lavoro di agitazione e sconvolgimento.

Un lavoro intellettuale che trivelli con acume i primi strati delle apparenze, come quello di Alessandro Cinquegrani, può aiutare a ricostruire l’imprevedibile apparato radicale delle apparizioni e degli affioramenti del Nazismo e ad elaborare una catarsi di questa tragedia – cosa che l’autore non manca di proporre -: d’altro canto, molto probabilmente a ragione Primo Levi parlava del Lager come specchio deformante, metafora della nostra realtà, della situazione esterna, del nostro mondo.

Alessandro Cinquegrani
Il sacrificio di Bess. Sei immagini su nazismo e contemporaneità
Milano, Mimesis, 2018
pp. 126