Michail Bulgakov: intellettuale “bianco” alla periferia della Rivoluzione

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Caterina Mongardini, Venezia –

Durante la guerra civile che imperversò in Ucraina tra il 1917 e il 1921 – ribattezzata dagli studiosi Ukrainian-Soviet War – le sorti dei soldati, fossero essi “rossi”, “bianchi” o nazionalisti ucraini, erano nelle mani degli ufficiali medici che seguivano le eterne avanzate e ritirate di tutti gli schieramenti: alcuni di questi medici erano volontari, altri erano obbligati a servire per l’una o l’altra parte pena la morte. È quanto accadde allo scrittore Michail Afanas’evič Bulgakov dopo il 1917: com’è stato possibile che i Volontari arruolassero uno scrittore? Come è possibile far coincidere la figura dell’autore del romanzo Il Maestro e Margherita con quella del medico reazionario dei Volontari di Denikin?

La più completa biografia su Michail Bulgakov uscì nel 1988 ad opera di Marietta Čudakova che vi lavorò incessantemente sin dal 1966, anno della prima pubblicazione sovietica de Il Maestro e Margherita. L’interesse e l’entusiasmo che seguirono la pubblicazione del romanzo resero palese la totale mancanza di informazioni riguardo il suo autore: non solo non era conosciuto come letterato, ma non si sapeva nemmeno chi fosse, dove fosse nato o cosa avesse fatto nella vita. L’anonimato in cui visse e morì – nel 1940 – Michail Bulgakov affonda le sue radici negli anni ’30 del Novecento, anni turbolenti e pericolosi in un’Unione Sovietica alle porte delle purghe staliniane. Riscoprendo la biografia di Michail Bulgakov – nonostante i tentativi sovietici di presentarlo come uno scrittore in linea con il partito – in aggiunta al ritrovamento del primo articolo dichiaratamente “bianco” e alla ripubblicazione del suo primo romanzo La Guardia Bianca – dai tratti autobiografici – è stato possibile comprendere il caos che imperversò a Kiev negli anni tra il 1917 e il 1920 e le intemperie di provincia che seguirono la Rivoluzione.

 

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Kiev a inizio Novecento

 

Michail Afanas’evič Bulgakov (1891-1940), fresco di laurea, aveva appena cominciato il servizio medico in un piccolo paesino del Governatorato di Smolensk quando cominciarono ad arrivare le prime eco della Rivoluzione e della Guerra Civile. Nel 1918 tornò a Kiev, mentre la città veniva travolta dai rocamboleschi ed effimeri cambi di governo che la tormentarono dal 1917 al 1920.

Le forze che si contendevano legittimità e potere in Ucraina erano quattro: l’Armata Rossa bolscevica, che in Ucraina operò per evitare che anche quella regione fosse sottratta al controllo russo; l’Armata Bianca reazionaria, formata da ex-ufficiali zaristi il cui obiettivo era riconquistare il controllo sull’Impero Russo; la Rada Centrale (composta perlopiù da esponenti della social-democrazia ucraina), organo di governo della neonata Repubblica Nazionale Ucraina (UNR), spazzata via – nell’Aprile del 1918 – da un colpo di stato di stampo conservatore che agì da quarta forza in campo, dando vita al Governo dell’Etmano Skoropadsky (sostenuto prima dai tedeschi e poi dalle forze dell’Intesa).

Sia la Rada Centrale che il Governo dell’Etmano erano portatori dell’istanza autonomistica ucraina. In realtà, se da una parte la Rada Centrale aveva proclamato l’autonomia e poi l’indipendenza dell’Ucraina dalla Russia, il Governo dell’Etmano puntava all’autonomia ucraina in un contesto federalistico anti-bolscevico, rifiutando l’indipendenza. Mentre le forze della UNR, dopo il colpo di stato, si riunirono nel Direttorio dell’UNR, le forze dell’Etmano – lasciate a se stesse dopo l’abbandono del fronte orientale da parte delle potenze occidentali – non riuscirono a ricompattarsi e la maggior parte si disperse e disertò. La peculiarità che accomunava tutte le forze in campo era la volontà di prevalere su tutte le altre, escludendo qualsiasi compromesso.

È in questa Kiev sotto assedio, uscita illesa dalla Grande Guerra e ignara vittima della guerra civile, che Bulgakov sperimenta in prima persona quello che riverserà nel romanzo La Guardia Bianca (1924-25/1966), in cui una famiglia di tre fratelli cerca di sopravvivere allo sbando dei valori morali ormai messi in crisi dalla brutalità della Grande Guerra.

A Kiev all’indomani della Rivoluzione di Febbraio, infatti, cominciarono a riversarsi in massa profughi provenienti da Mosca e San Pietroburgo, alcuni in attesa che la rivoluzione facesse il suo corso, altri con l’intenzione di espatriare verso la Germania: una massa che comprendeva tanto il banchiere quanto il soldato ormai allo sbando e descritta in tutta la sua caotica essenza nelle pagine de La Guardia Bianca. Tra i profughi c’erano anche soldati e ufficiali, i rappresentanti di un esercito la cui integrità sarebbe dovuta essere lo specchio di quella della società.

 

Ormai “[…] è chiaro,  – dice uno dei personaggi – se si strappano le spalline significa che è avvenuta la catastrofe”.

 

La disinformazione era tale che nessuno sapeva cosa stesse accadendo al di fuori della città: ne La Guardia Bianca il simbolo principe di questo stato di ignoranza è la nebbia che tutto avvolge e confonde. A dispetto però della totale mancanza di notizie, Bulgakov – in una lettera alla sorella Nadja scritta nel viaggio da Mosca a Saratov – riuscì a cogliere la drammaticità degli eventi che stavano ineluttabilmente per travolgere la vita come fino ad allora era stata vissuta:

 

« […] Di recente, viaggiando verso Mosca e Saratov […] Ho visto torme grigie che fra grida e improperi immondi spaccavano i vetri dei treni; ho visto gente che veniva malmenata. Ho visto case distrutte date alle fiamme, a Mosca. E ho visto facce ottuse, feroci…”»

 

In questo clima, decise di rispondere al reclutamento dell’Armata Bianca dei Volontari, partendo per Vladikavkaz nel Caucaso e, da lì, per Groznyj in Cecenia.

 

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L’Armata Rossa a Kiev nel 1919

 

Il soggiorno a Groznyj portò con sé l’occasione per Michail Bulgakov di pubblicare su un giornale locale il suo primo articolo che cadde nell’oblio ancor prima del suo autore – e per mano di esso – dal momento che, trionfando la Rivoluzione, uno scritto estremamente anti-rivoluzionario avrebbe condannato definitivamente Bulgakov al confino o alla morte. Cercò in ogni modo di nascondere l’articolo reazionario alla vista dei commissari del popolo e agli occhi della polizia segreta, ma le ricerche della sua biografa l’hanno riportato alla luce negli anni ’70, poiché era rimasto sepolto e conservato nella Biblioteca Scientifica dell’Archivio di Stato che aveva tra il materiale raccolto tutti i numeri del giornale su cui era uscito.

L’articolo, pubblicato il 26 Novembre 1919 e firmato M.B., sintetizza crudamente gli ultimi due anni di guerra civile e il titolo – Prospettive Venture – non può che suonare come un ossimoro poiché, non solo l’articolo guarda al passato e alle disgrazie accadute, ma non esprime alcuna speranza per un futuro incerto nel quale le colpe dei padri ricadranno sui figli che dovranno pagare “[…] tutto con onestà [e serbare] eterna memoria della rivoluzione sociale!”.

Il testo è un’analisi lucida e consapevole della disgrazia occorsa all’Impero Russo, una catastrofe talmente grande “[…] che viene voglia di chiuderli, gli occhi” e dalla quale non ha scampo nemmeno il futuro poiché – secondo Bulgakov – il popolo russo dovrà combattere ancora per riconquistare tutte le città andate perse nello scontro con i bolscevichi: “Palmo a palmo gli eroici Volontari strappano la terra russa dalle mani di Trockij”, scrive Bulgakov per il quale nessuna delle parti in lotta è legittima se non quella dei “bianchi”. Egli, infatti, aborre la “rivoluzione sociale” e, allo stesso modo, non può appoggiare i nazionalisti ucraini colpevoli – forse ancor più dei bolscevichi – di voler staccare Kiev, la madre delle città russe, dall’Impero.

 

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La Casa di Bulgakov oggi a Mosca

 

La spinta al progresso in Occidente è il contraltare della Guerra Civile in Russia dove invece di udire “il fragore delle macchine che creano, da un estremo all’altro del nostro paese si leverà solo il fragore delle mitraglie”. La fiducia bulgakoviana nel progresso occidentale perderà ogni suo fondamento con la Grande Depressione del 1929, ma nel 1920 lo slancio vitale dell’Occidente non poté che sottolineare la decadenza e la stagnazione in cui era caduta la Russia: la “creazione” – concetto caro a Bulgakov – è il seme della vita, ma la disperazione e il collasso delle strutture socio-economiche sono l’antitesi della “creazione”:

 

Perché questo è il nostro castigo. /Al momento per noi è impensabile creare”.

 

Nonostante – o proprio in virtù del fatto che – le proiezioni di Bulgakov riguardo le sorti della Guerra Civile si siano rivelate inconsistenti, l’immagine complessiva che si delinea dalla lettura dell’articolo “Prospettive Venture” è una sintesi generale della Rivoluzione e Guerra Civile, prodotto di un’intellettuale bianco che  combatte strenuamente per annientare i rossi, ma allo stesso tempo critica il vano ottimismo della propaganda antisovietica.

Le vicissitudini bulgakoviane hanno il pregio di restituirci l’immagine della frammentazione politica e della deriva sociale della Russia periferica e provinciale. Kiev, pur essendo un’importante città non fu interessata immediatamente dalla Rivoluzione: essa, figlia di Pietrogrado e Mosca, sarebbe arrivata sulle rive del Don solo dopo il trattato di pace di Brest-Litovsk che – di fatto – segnò il definitivo sbando dell’esercito zarista.

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