L’armata perduta di Re Cambise

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Samuele Sottoriva, Padova –

Secco, terribilmente caldo, estremamente polveroso, il cui soffio bruciante modella da millenni le dune dell’Egitto; tocca spesso i 150 chilometri orari, strappando le foglie degli arbusti, colorando il cielo di un arancio scuro e rendendo l’aria carica di sabbia che annebbia la vista e opprime la gola; fratello malvagio dello scirocco, al suo passaggio l’umidità crolla sotto il 5%, la temperatura si innalza vertiginosamente sopra i 45 ºC e si formano slavine mortali di sabbia fine. Questo è il khamsin.

 

Nel silenzio, che rincanta, una voce canta stanca
Segue il senso della sabbia, giunse lento e scaldò l’aria
No, non lo videro; no, non lo udirono
Lui li raggiunse…
in un soffio ogni corpo svanì

 

Spesso associato al dio Seth, divinità egizia del deserto, delle tempeste e della sabbia, il khamsin ha svolto un ruolo rilevante anche in epoca moderna e contemporanea. Durante la spedizione napoleonica in Egitto (1798-1801) i soldati francesi dovettero affrontare il temibile vento: mentre i locali si riparavano prontamente alla vista del cielo rosso sangue, i francesi reagirono quando ormai era troppo tardi e furono soffocati dal muro di polvere. Anche le truppe dei diversi schieramenti impegnanti durante la Seconda guerra mondiale nello scenario africano furono più volte obbligate a fermare le loro azioni a causa delle tempeste di sabbia che non permettevano una visuale pulita e creavano gravi danni alle componenti elettroniche e alle bussole.

 

Giunse dal vuoto al tramonto di fuoco
E travolse col suono
Ogni corpo sul suolo

 

L’episodio più famoso è legato però alla cosiddetta “Armata perduta” di Re Cambise II. Figlio di Ciro il Grande conquistatore di Babilonia, il sovrano achemenide legò il suo nome alla conquista dell’Egitto. Cambise sconfisse il faraone Psammetico III nei pressi di Pelusio nel 525 a.C., grazie all’aiuto di due rilevanti alleati come Policrate di Samo, signore delle Cicladi, e Fane di Alicarnasso. Rifugiatosi a Memfi, il faraone fu costretto, dopo un lungo assedio, a capitolare: Psammetico venne catturato, Cambise entrò vittorioso nella capitale e si fece proclamare faraone.

La poco favorevole e faziosa tradizione greca fa del sovrano persiano un re folle, dispotico, crudele e che non comprende minimamente il modo di pensare e agire degli egizi. Secondo la ricostruzione di Erodoto, Cambise è così accusato di aver distrutto numerosi templi, di aver fatto assassinare il fratello e la sorella, di aver massacrato la precedente élite egizia e di aver ucciso il sacro toro Api lasciandolo agonizzante nel sangue.

L’espansione dell’impero persiano da Ciro a Dario, passando per Cambise II.

Nella primavera del 524 a.C. Cambise inviò un grande esercito, circa 50.000 uomini, all’oracolo di Amon dell’oasi di Siwa, per conquistarla e distruggerla. L’oracolo, al quale si sarebbe rivolto successivamente anche Alessandro Magno, aveva forse predetto la morte imminente del sovrano achemenide scatenandone l’ira. Probabilmente Cambise fu mosso anche dalla volontà di impadronirsi del commercio del silphium, dalle cui radici si estraeva un prezioso allucinogeno e che cresceva proprio nei pressi dell’oasi.

 

Avanzava ignara la carovana umana frustata dalla lama dell’afa
In un deserto aperto una nenia berbera suonava lontana
Cinquantamila, tra mercenari elamiti, greci, fenici
Marciavano verso i confini uniti alla stessa armata persiana

 

Da Tebe, luogo di partenza della spedizione, l’oasi distava circa 800 chilometri, da percorre attraverso il deserto. Dopo sette giorni di viaggio in difficili condizioni l’armata giunse nei pressi dell’oasi di El-Kharga ma da lì si perse ogni traccia dell’esercito persiano. Secondo Erodoto, l’armata si trovò ad affrontare una violentissima tempesta di sabbia che ne decretò la fine. Queste le parole del greco:

 

Le milizie inviate contro gli Ammoni erano partiti da Tebe utilizzando delle guide; risulta che siano arrivate fino all’Oasi [di El-Kharga] […] che dista da Tebe sette giorni di cammino attraverso il deserto sabbioso. Cosa sia successo dopo soltanto gli Ammoni sono in grado di dirlo, o quanti l’abbiano saputo da loro, e nessun altro; perché non raggiunsero gli Ammoni e neppure fecero ritorno. Secondo gli Ammoni mossero per marciare contro di loro attraverso il deserto, ed erano già quasi a metà strada quando un gran vento da sud si abbatté su di loro mentre erano intenti a mangiare, un vento tanto impetuoso che li seppellì tutti quanti sotto immensi cumuli di sabbia. Così scomparve un’intera armata.

 

Numerosi studiosi ne hanno cercato le tracce nel corso degli ultimi due secoli, con risultati spesso deludenti: Giovanni Battista Balzoni tra Settecento e Ottocento, Orde Charles Wingate che cercò senza successo l’armata perduta negli anni Trenta del Novecento, il conte László Almásy affascinato dalla mitica città di Zerzura e dai soldati perduti di Cambise, Gary Chafetz che promosse un’imponente e costosissima spedizione di sei mesi nei primi anni Ottanta alla frontiera tra Egitto e Libia.

I ritrovamenti archeologici che si sospetta siano riconducibili all’armata perduta

Nel novembre del 2009 due archeologi italiani, Angelo e Alfredo Castiglioni, hanno affermato di aver trovato alcuni rilevanti reperti (armi in bronzo, ossa a centinaia, anfore, braccialetti, orecchini, un morso per cavallo), «i primi di epoca achemenide, e quindi dei tempi di Cambise, emersi dalle sabbie del deserto in un luogo piuttosto vicino a Siwa». I Castiglioni, con alle spalle anni di ricerche, sostengono che l’esercito abbia percorso una rotta diversa rispetto a quella classica, lontana dalle oasi controllate dagli Egizi e che avrebbe consentito all’armata persiana di sorprendere i nemici alle spalle. A sostegno della teoria sulla tempesta di sabbia, i due archeologi portano come prova anche le antiche mappe dell’epoca. In esse l’oasi di Siwa era infatti indicata molto più a sud rispetto alla realtà e ciò avrebbe confuso ancora di più i soldati, convinti di essere ormai giunti a destinazione. I reperti trovati dai Castiglioni potrebbero quindi essere riconducibili, con tutti i se del caso, all’armata scomparsa.

 

Quando avvertirono il primo soffio da sotto i soldati non ne ebbero cura
Erano veterani del deserto, esperti, abituati ad afa ed arsura
Ma dopo sette giorni di marcia fra le secche di sabbia
Videro l’oceano bianco mutare faccia sull’altura di ogni duna.
Conoscevano i rischi delle spire del mare di sabbia fine
Le colline che si aprivano creando slavine improvvise fra le file
Le lande di rena sottile che inghiottivano vite a decine
L’ordine di proseguire fece fuggire le stesse guide beduine

 

Nel 2014 l’egittologo Olaf Kaper ha avanzato una nuova teoria, sostenendo che l’esercito non sia stato sconfitto dal vento caldo ma in battaglia. Obiettivo della spedizione non sarebbe stata infatti l’oasi di Siwa ma quella di Al-Dakhla, dove erano radunate le truppe del principe locale e futuro faraone Petubastis III. Quest’ultimo avrebbe sconfitto l’armata inviata da Cambise, come testimonierebbe un’iscrizione nei pressi dell’oasi, per partire poi alla riconquista dell’Egitto.

 

Cambise II cattura Psamtik III e conquista l’Egitto

Quale che sia stato il destino dell’armata persiana, la sua storia non smette di affascinare e di stimolare la mente, le mani e la penna.

 

Ardeva il mare bianco solcato da sciami di grani fini
Scambiato nell’abbaglio del sole alto come soffio calmo del ghibli
Ma il cielo si fece viola in un’ora per la sabbia in sospensione
Procedendo da ogni roccia erosa all’invasione di nasi e gole
I primi morti avvolti dalla furia dei forti vortici
fra i manti, i salti e i calci delle bestie rese folli, liberatesi dai carichi
I soldati caddero esanimi, in molti sepolti dai grani bianchi
Il silenzio dei corpi sotto le nuove forme ridisegnate dal khamsin
!

 

 

LE LETTURE CONSIGLIATE:

Il documentario dei fratelli Castiglioni è visibile integralmente su https://www.archeologiaviva.tv/ (inserendo «L’armata perduta di Cambise» nella barra di ricerca) e un breve estratto è presente su YouTube: https://www.youtube.com/watch?v=EWFTed1o5fU&feature=playerembedded

Alcune delle immagini qui riportate sono tratte dal sito: museocastiglioni.it

2 thoughts on “L’armata perduta di Re Cambise

  • Storia affascinante, come ogni racconto piena di mistero che si rispetti. L’articolo mi è piaciuto, e non solo perché la storia mi appassiona.
    Grazie per il post

  • La storia non finisce di stupirci ed i ritrovamenti sono lì a raccontarci quanto il passato sia cosi vicino per mostrarci le varie tragedie. Eppure gli uomini non traggono dalla storia la possibilità di non ripetere gli stessi errori .

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