Letteratura e politica nell’antica Grecia: i Babilonesi di Aristofane, Cleone e l’assedio di Mitilene

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Dario Carnicella, Bitonto –

È fuori discussione l’incidenza degli eventi storici sulla produzione letteraria, sia nell’antichità che nell’età contemporanea. Il caso dei Babilonesi di Aristofane, commedia portata in scena alle grandi Dionisie del 426 a.C. e premiata con il primato, è emblematico.

Della produzione aristofanea ci sono giunte undici commedie, di cui cinque integre e sei incomplete; in aggiunta a queste, ci sono stati tramandati, dai manoscritti, innumerevoli frammenti di opere aristofanee, la cui trama, spesse volte, è difficilmente ricostruibile. Tra queste ultime figurano i Babilonesi, una delle commedie più significative della produzione aristofanea sia dal punto di vista storico che da quello prettamente politico.

I filologi, dopo diversi tentativi, hanno ricostruito, per quanto possibile, trattandosi di una commedia frammentaria, la trama. Dalla ricostruzione filologica dei frammenti si deduce che Aristofane portò in scena il popolo ateniese visto come ‘schiavo babilonese’ soggiogato alle scelte del demagogo Cleone, in quegli anni a capo dell’impero di Atene.

 

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Aristofane

 

Quale evento ha spinto Aristofane a scrivere e mettere in scena questa commedia? A questo quesito è possibile rispondere con una breve parentesi storica.

I Babilonesi, come è stato detto, sono stati portati in scena nel 426 a.C.; in quegli anni Atene era impegnata a fronteggiare, in una feroce guerra, conosciuta come guerra del Peloponneso (431-404 a.C.), l’impero spartano. L’impegno ateniese e l’imperativo di Cleone, succeduto a Pericle nel 429 a.C., non vertevano solamente sulle questioni relative alla politica estera, il dominio del mondo da parte di Atene, ma anche su questioni di politica interna, in primis la salvaguardia degli alleati dell’impero (importante in questo caso la costituzione della Lega Delio-Attica nel 478-477 a.C.).

Tra gli alleati di Atene, figurava la ‘fidata’ Mitilene che, nel 428 a.C., decise di insorgere contro l’impero in seguito a contrasti interni. I mitilinesi decisero di staccarsi dalla Lega perché stanchi delle oppressioni della pólis ateniese e delle decisioni di Cleone, democratico radicale e inviso, soprattutto, ad Aristofane.

La decisione di Mitilene e la sua successiva alleanza con Lesbo non fu ben vista dai democratici radicali di Atene. In quel periodo storico la pólis era impegnata letteralmente a ‘far valere sé stessa’ e, per questo motivo, nessuno, eccetto i moderati, avrebbe accettato un simile affronto.

 

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La guerra del Peloponneso (fonte, Treccani)

 

Cleone, che Tucidide, nelle sue Storie (III, 36, 6), definiva il ‘il più ascoltato’ dal popolo, decise di indire, nel 427 a.C., un’assemblea per risolvere la ‘questione mitilinese’. A Mitilene vigeva un governo oligarchico non in linea con quello democratico ateniese e questo fu, per Cleone, un motivo in più per distruggere e riannettere una scomoda alleata.

Le argomentazioni cleoniane, riportate nel III delle Storie tucididee, si basano sul rispetto dei rapporti di forza tra città egemone e alleati-sudditi. Cleone, da buon demagogo, sprona il popolo e, di conseguenza, lo stesso stato ad evitare successive defezioni con una esemplare, ma drastica, punizione da riservare ai mitilenesi; la punizione sarà, come suggerisce Cleone nel suo discorso, da monito per le altre città alleate di Atene: chi defezionerà, sarà punito con la morte.

La violenta posizione di Cleone venne bilanciata, però, dalle parole di Diodoto, democratico moderato, molto vicino, idealmente, alle stesse posizioni di Tucidide e Aristofane. L’assemblea indetta da Cleone ebbe un carattere eccezionale perché si protrasse, anche, il giorno successivo.

Generalmente, nell’antica Atene, le questioni assembleari erano risolte nell’arco dell’intera giornata. Per la ‘questione mitilinese’ fu necessario un giorno supplementare. Proprio in quest’ultimo giorno a prendere parola fu Diodoto che, differentemente da Cleone, incentrò il suo discorso sul valore di Mitilene e sulla necessità, da parte di Atene, di decidere con raziocinio.

 

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Per Diodoto non era necessario lo sterminio dei mitilinesi, giudicati alleati non indifferenti ai fini di una possibile vittoria contro Sparta. A dispetto di Cleone, deciso a non accettare ultimatum e convinto della pena di morte, noncurante delle nefaste conseguenze per Atene, Diodoto decise di giudicare la situazione, anche, dal punto di vista ‘morale’.

Per l’oratore, Mitilene era un’ottima alleata che andava reinserita, all’interno della Lega, con trattati di pace e con condizioni meno ‘soffocanti’; la distruzione della stessa alleata sarebbe stata, per Diodoto, uno smacco alla reputazione della stessa Atene impegnata a salvaguardare, nel periodo bellico, la propria immagine e un vero e proprio crimine contro la giustizia.

Il discorso di Diodoto risultò efficace, l’assemblea, infatti, votò a suo favore: Mitilene non andava distrutta, ma reinserita pacificamente. È noto, da Tucidide, che le sorti di Mitilene, però, furono tutt’altre: la città venne assediata e distrutta e i mitilinesi mandati a morte.

Perché, pur essendo stato sconfitto in assemblea, il discorso di Cleone ebbe la meglio? Il primo giorno di assemblea, dopo aver tenuto il suo discorso ed aver avuto l’approvazione della maggior parte degli ateniesi presenti, Cleone inviò Pachete a Mitilene con l’imperativo di riannetterla con la forza.

 

 

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Tucidide

 

Il giorno successivo Diodoto, pur  avendo vinto su Cleone, inviò delle navi col fine di frenare la corsa di Pachete, ma questo tentativo fu vano: Mitilene venne riannessa col sangue. Per l’oratore fu una vittoria ‘morale’, per Cleone, invece, fu una ‘pseudo-vittoria’ sia perché fece leva sulla sua posizione di forza sia soprattutto perché non osservò le regole assembleari.

Nell’antica Atene una determinata decisione era la diretta conseguenza del voto in assemblea; ad Atene si votò a favore del reinserimento pacifico di Mitilene, ma così non fu. La decisione di Cleone di non osservare le norme assembleari, lo rese inviso, da quel momento, ad una buona fetta della popolazione.

Questa breve parentesi storica spiega il perché Aristofane abbia osato portare in scena una commedia, come i Babilonesi, dove tratta, principalmente, della questione mitilinese e dove attacca, ferocemente, l’operato del demagogo. La vittoria della commedia, nel 426 a.C., procacciò al commediografo non poche problematiche: Cleone denunciò Aristofane come ‘sobillatore’ del popolo e tentò di portarlo dinanzi al tribunale.

 

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Mitilene oggi

 

È noto, dagli scholia agli Acarnesi (commedia aristofanea del 425 a.C.), che la denuncia si risolse con un nulla di fatto: Aristofane fu assolto e poté continuare a scrivere commedie senza che la sua carriera ne uscisse inficiata. E si capisce anche il perché, nelle commedie del primo periodo (427 a.C. – 411 a.C.), Cleone fosse il bersaglio prediletto del commediografo.

LE LETTURE CONSIGLIATE:

  • Guntherus Jachmann, De Aristotelis Didascaliis, Gottingae 1909
  • Poetae Comici Graeci, ed. R. Kassel et C. Austin, vol. 3,2, Berlin 1984
  • C. F. Russo, Aristofane autore di teatro, Firenze, 1984
  • S. Cagnazzi, Decreti dell’assemblea popolare ateniese in Erodoto e in Tucidide, in Nona Miscellanea Greca e Romana, Roma 1984, pp. 7-37
  • L. Canfora (a cura di), Tucidide. La guerra del Peloponneso, Einaudi, Torino, 1997
  • V. Saldutti, Cleone, un politico ateniesi, Laterza, Bari, 2014

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